Aug. 5, 2021
By Paul Krugman
America desperately needs to start investing in itself. And it can easily afford to do so.
But the path to a better future has been blocked by partisanship and misguided concepts of fiscal rectitude. Which is why I’m pleased to see members of Congress embracing budget chicanery.
The background: The Senate appears on the verge of passing a bipartisan infrastructure bill — that is, a bill receiving support from a large enough minority of Republican senators to overcome the filibuster. This bill falls far short of what America really needs; it will be up to Democrats to fill the gaps with additional legislation enacted via reconciliation. Still, it’s a major political achievement, especially after the way “infrastructure week” became a running joke during the Trump era.
But how did the Senate get there? The politics were fairly obvious: Infrastructure spending is very popular, and a significant number of Republicans didn’t want to be seen as complete obstructionists. What wasn’t clear, however, was how the spending would be financed.
On the surface, Republican demands should have made agreement impossible. G.O.P. senators were adamantly opposed to tax increases. They also blocked proposals to give the I.R.S. resources to crack down on widespread tax evasion — a stance that even cynics like yours truly found a bit shocking. What kind of party more or less openly aligns itself with wealthy tax cheats?
At the same time, however, Republicans insisted that the new spending be paid for — unlike, say, the tax cut they rammed through in 2017, which they blithely (and falsely) claimed would pay for itself.
So how did they work this thing? Basically, they faked their way through; much of the supposed funding would come from accounting gimmicks. In particular, a lot of the funding would involve “repurposing” money from Covid-19 relief programs that ended up costing less than expected, while ignoring programs that cost more than expected.
You might say, in other words, that infrastructure investment would be paid for with smoke and mirrors. (The Congressional Budget Office agrees.) And that’s OK! In fact, it’s probably a good thing.
To see why, we need to look at the arithmetic of debt in a time of low interest rates.
Imagine, to use a round number, that the federal government were to go out right now and borrow $1 trillion — and that it were to do so without making any provisions for servicing the additional debt. That is, it wouldn’t raise any taxes or cut any spending to pay off the principal; it wouldn’t even do anything to cover interest payments, simply borrowing more money as interest came due.
Under these circumstances the debt would grow over time. But it wouldn’t grow very fast: The current interest rate on long-term U.S. debt is less than 1.2 percent, so after a decade the debt would have risen only about 13 percent.
And debt growth would be vastly outpaced by growth in the economy: The Congressional Budget Office projects a 50 percent rise in dollar G.D.P. over the next 10 years. Debt wouldn’t snowball; relative to the economy, it would melt.
So the fact that the infrastructure bill would, in practice, pay for public investment with borrowed money isn’t anything to worry about. If the investment is worth undertaking — and it is — we should just do it.
What about concerns that higher spending would be inflationary? Here’s where you need a sense of relative magnitudes. We’re talking about spending that would be spread across a decade — a decade during which the budget office estimates that America’s total G.D.P. will be $287 trillion. So even several trillion dollars in public investment would amount only to modest fiscal stimulus as a percentage of G.D.P., with any possible inflationary impact easily controlled by slightly tighter monetary policy.
Now, the Democrats-only part of the public investment program probably will include some genuine sources of new revenue, if only to satisfy moderates still unduly worried about debt.
But when it comes to finding these “pay-fors,” the G.O.P.’s refusal to raise taxes or even try to collect taxes owed under current law may have done Democrats a favor. Why? Because Democrats can now pay for a lot of what they want with extremely popular policies.
Polls consistently show strong support for raising taxes on corporations and the wealthy. I haven’t seen polling on the idea of getting wealthy tax cheats to pay what they owe, but I think we can safely assume that this would be even more popular. So Republicans have offered Democrats a golden opportunity to show themselves both fiscally responsible and on the side of hard-working Americans as opposed to cheating elites.
Fundamentally, of course, we shouldn’t be having any of this discussion. In a better world, politicians would honestly and forthrightly point out that governments, like businesses, should sometimes borrow money so they can make productive investments.
But if politicians feel the need instead to obscure what they’re doing with a bit of fiscal hocus-pocus, that’s better than not investing at all. Creative accounting in pursuit of a better future is no vice.
In elogio dei giochi di prestigio,
di Paul Krugman
L’America ha disperatamente bisogno di cominciare a investire su se stessa. E può permettersi di farlo facilmente.
Ma il cammino per un futuro migliore viene ostacolata dalla faziosità e da idee malaccorte di rettitudine nella finanza pubblica. Quella è la ragione per la quale sono compiaciuto di vedere membri del Congresso che sposano le furbizie sul bilancio.
Il contesto: il Senato sembra prossimo ad approvare una proposta di legge sulle infrastrutture dei entrambi i partiti – ovvero, una proposta di legge che riceverà il sostegno di una minoranza sufficientemente ampia di senatori repubblicani per superare l’ostruzionismo. Questa proposta è assai inferiore a quello di cui l’America ha realmente bisogno; spetterà i democratici di coprire i vuoti con una legislazione aggiuntiva approvata con l’istituto della riconciliazione [1]. Tuttavia è un’importante realizzazione politica, particolarmente dopo che la strada della “settimana delle infrastrutture”, durante l’epoca di Trump, era diventata una battuta ricorrente.
Ma come c’è arrivato, il Senato? L’aspetto politico è stato abbastanza evidente: la spesa sulle infrastrutture è molto popolare, e un numero significativo di repubblicani non volevano essere considerati apertamente ostruzionisti. Quello che non era chiaro, tuttavia, era come la spesa sarebbe stata finanziata.
In apparenza, le richieste dei repubblicani l’avrebbero dovuto rendere impossibile. I senatori del Partito Repubblicano si opponevano testardamente ad aumenti fiscali. Avevano anche bloccato le proposte per dare alla Agenzia delle Entrate risorse per un giro di vite sulla generalizzata evasione delle tasse – una posizione che persino persone navigate come il sottoscritto avevano trovato un po’ sbalorditiva. Quando mai un partito si allinea più o meno apertamente con i ricchi che imbrogliano sulle tasse?
Nello stesso tempo, tuttavia, i repubblicani insistevano che la nuova spesa non fosse in deficit – diversamente, ad esempio, dai tagli delle tasse che fecero approvare nel 2018, che essi spensieratamente (e falsamente) sostennero si sarebbero ripagati da soli.
Come poteva accadere? Fondamentalmente, con una finzione; buona parte dei supposti finanziamenti sarebbero derivati da ginnastica contabile. In particolare, molti finanziamenti avrebbero riguardato una “ricollocazione” di soldi derivanti da programmi di sostegno per il Covid-19 che avevano finito per costare meno del previsto, mentre si ignoravano i programmi che costavano di più.
In altre parole, si potrebbe dire che gli investimenti nelle infrastrutture sarebbero stati pagati con un gioco di prestigio (l’Ufficio Congressuale del Bilancio lo conferma). E così funziona! In effetti, è probabilmente una cosa positiva.
Per capire perché, dobbiamo guardare l’aritmetica del debito in un’epoca di bassi tassi di interesse.
Si immagini, per usare una cifra tonda, che il Governo federale in questo momento abbia finito le sue dotazioni e debba indebitarsi per mille miliardi di dollari – e che debba farlo senza avanzare alcuna fornitura per il servizio del debito aggiuntivo. Ovvero, esso non aumenterebbe nessuna tassa né taglierebbe nessuna spesa per restituire il capitale; non dovrebbe neppure far niente per coprire i pagamenti degli interessi, ma solo prendere in prestito più denaro quando gli interessi fossero dovuti.
In queste circostanze il debito crescerebbe nel corso del tempo. Ma non crescerebbe molto velocemente: il tasso di interesse attuale sul debito statunitense a lungo termine è inferiore al’1,2 per cento, dunque dopo un decennio il debito sarebbe salito solo del 13 per cento.
E la crescita del debito sarebbe grandemente sopravanzata dalla crescita dell’economia: l’Ufficio Congressuale del Bilancio prevede una crescita in dollari del PIL del 50 per cento nei prossimi 10 anni. Sul debito non ci sarebbe alcun effetto valanga; in rapporto all’economia, esso semplicemente si dissolverebbe.
Dunque, il fatto che la proposta di legge sulle infrastrutture, in pratica, ripaghi gli investimenti sulle infrastrutture con soldi presi a prestito non sarebbe niente di cui preoccuparsi. Se gli investimenti sono meritevoli di essere promossi – come lo sono – dovremmo semplicemente farli.
Che dire delle preoccupazioni che una spesa più elevata avrebbe effetti inflazionistici? È qua che c’è bisogno di avere il senso delle grandezze relative. Stiamo parlando di una spesa che sarebbe distribuita nel corso di un decennio – un decennio durante il quale l’Ufficio del Bilancio stima che il PIL totale dell’America sarà 287 mila miliardi di dollari. Dunque, persino varie migliaia di miliardi di dollari in investimenti pubblici corrisponderebbero soltanto, come percentuale del PIL, ad un modesto stimolo della finanza pubblica, con ogni possibile effetto inflazionistico facilmente controllabile da una politica monetaria leggermente più severa.
Ora, la parte degli investimenti pubblici destinata ad essere approvata solo dai democratici probabilmente includerà qualche effettiva fonte di nuove entrate, se non altro per soddisfare i moderati ancora ingiustificatamente preoccupati per il debito.
Ma quando si arriva a considerare queste “coperture”, il rifiuto del Partito Repubblicano di aumentare le tasse o persino di cercare di raccoglierle, dovuto per la legge attuale, può aver fatto un favore ai democratici. Perché? Perché a questo punto i democratici possono ripagare una buona parte di quello che vogliono con politiche estremamente popolari.
I sondaggi mostrano regolarmente un forte sostegno per aumentare le tasse sulle società e sui ricchi. Non ho visto sondaggi sull’idea di mettere a carico degli imbrogli fiscali di ricchi il pagamento di quanto è loro dovuto, ma suppongo che possiamo tranquillamente assumere che questo sia persino più popolare. Dunque i repubblicani hanno offerto ai democratici una splendida opportunità di mostrasi sia responsabili dal punto di vista della finanza pubblica, che schierati dalla parte degli americani che lavorano duramente, in contrapposizione alle elite che imbrogliano.
È evidente che, fondamentalmente, non dovremmo avere nessuna discussione del genere. In un mondo ragionevole, i politici onestamente e francamente dovrebbero mettere in evidenza che i governi, come le imprese, talora debbano prendere a prestito soldi in modo da fare investimenti produttivi.
Ma se i politici sentono invece il bisogno di nascondere quello che stanno facendo con un po’ di magie finanziarie, quello è meglio che non investire per nulla. La contabilità creativa nel perseguimento di un futuro migliore non è un vizio.
[1] Varie altre volte abbiamo spiegato nelle note cosa sia questo ‘istituto della riconciliazione’, ma, rispetto ai contenuti di questo articolo, è forse il caso di fornire maggiori chiarimenti. I punti sono almeno due.
Se ho ben compreso, all’origine c’è una procedura apparentemente ferrea che riguarda tutte le spese in deficit. Al Senato, ogni singola spesa in deficit può essere approvata con una maggioranza assoluta del 60% dei senatori, che i democratici ovviamente non hanno (e che, di solito, non ha nessuno nella storia americana). Come dice l’articolo, tale meccanismo istituzionale del Senato è abbastanza assurdo. In pratica, esso configura come una procedura ad alto ‘rischio democratico’ una situazione che dovrebbe, in certi contesti economici, essere considerata normale per i Governi. Si pensi a cosa avverrebbe in Italia se ogni spesa che comporta un aumento del deficit dovesse essere singolarmente approvata da maggioranze del 60 per cento.
Di fatto, è una regola che permette un ostruzionismo sistematico. Sennonché, si possono usare alcuni accorgimenti ‘contabili’ che fanno apparire come spese non in deficit, spese che effettivamente lo sono. Inoltre, le proposte che non hanno avuto l’approvazione a maggioranza assoluta possono essere “ripescate” nella procedura finale con l’istituto della “riconciliazione”, che è il secondo aspetto. A quel punto, limitatamente alle proposte di contenuto finanziario, è sufficiente una maggioranza semplice, e l’ostruzionismo non è più possibile.
Nella complicata vicenda della legge sugli investimenti infrastrutturali i democratici pare che si siano riproposti di superare gli ostacoli in tre modi: 1) stralciando ad approvando la parte della legge relativa ai soli investimenti materiali (strade, ponti, etc,), che sono quelli condivisi da una ampia maggioranza di senatori; 2) superando in quel caso il possibile obbligo di una maggioranza ‘bulgara’ (da quello che capisco, non la avrebbero neanche con una minoranza dei voti repubblicani) con qualche trucco contabile, ovvero facendole apparire ‘non in deficit’; 3) spostando gli interventi di carattere sociale (ad esempio, gli aiuti alle famiglie e gli investimenti sugli asili nido, che i repubblicani aborriscono) alla fase della ‘riconciliazione’; in quel caso accettando la sfida sulle coperture di spesa con aumenti di tasse sulle società e sui ricchi. Poiché queste ultime sono altamente popolari, Krugman ritiene che in pratica i repubblicani abbiano involontariamente fatto un favore ai democratici.
By mm
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