Aug. 26, 2021
By Paul Krugman
If you live in California and haven’t yet voted or made plans to vote on the proposed recall of Gov. Gavin Newsom, please wake up. This is a situation in which apathy could have awesome consequences: California, which isn’t as liberal a state as you may imagine but is nonetheless considerably more liberal than the nation as a whole, may be about to absent-mindedly acquire a Trumpist governor who could never win a normal election.
This would happen at a moment when control of statehouses is especially crucial because it shapes the response to the coronavirus. MAGA governors like Greg Abbott in Texas and Ron DeSantis in Florida aren’t just refusing to impose mask or vaccination requirements themselves; they’re trying to prevent others from taking precautions by issuing executive orders and backing legislation banning the imposition of such requirements by local governments and even private businesses. And that’s the kind of governor California will probably find itself with if the recall succeeds.
How is something like this even possible? Because the recall process is crazy. Voters answer two questions: Should Newsom be recalled? And who should replace him? If a majority vote “yes” on recall, whoever is chosen by the largest number of people on the second question becomes governor, even if that person receives far fewer than the number of votes to keep Newsom in office.
And the most likely outcome if Newsom is ousted is that Larry Elder, a right-wing talk-radio host who is vehemently opposed to mask and vaccine mandates, will end up in the governor’s office despite receiving only a small fraction of the total vote.
What would make this outcome especially galling is that California is in many ways — with the glaring exception of housing, which I’ll get to — a progressive success story.
The Golden State took a sharp left turn in 2010, with the election of Jerry Brown as governor. Two years later, Democrats gained a supermajority in the Legislature, giving them the power to enact many progressive priorities. California soon raised taxes on the rich, increased social spending and increased its minimum wage. It also enthusiastically implemented the Affordable Care Act.
Conservatives predicted disaster, with some saying that the state was committing economic “suicide.” And California gets a lot of negative coverage in the business press, where one constantly finds assertions that business is moving en masse out of the state to lower-tax, less-regulated states, like Texas.
The data, however, say otherwise. Given all the trash-talking of California and trumpeting of Texas’ prospects one reads, it’s a bit startling to look at trends in real G.D.P. and employment between 2010 and the eve of the pandemic and discover that California and Texas had essentially the same growth rates. It’s also startling, given all the talk about people fleeing high taxes, to learn that highly educated, high-income workers — who do indeed pay higher taxes in California than in most other parts of the U.S. — were continuing to migrate into the state.
California’s experience, in other words, gives the lie to conservative claims that taxing the rich and spending more on social programs destroys prosperity. And the state didn’t just achieve rapid economic growth; its effective implementation of Obamacare helped it reduce the number of its residents without health insurance much more rapidly than the rest of the country.
OK, there are some important shadows on this picture. Even as affluent workers continued to move to California, lower-income workers — who actually pay lower taxes in California than they do in Texas — were moving out. This was surely in large part because of the high price of housing, which has become a huge problem.
Despite overall economic success, California has the nation’s highest poverty rate (when you measure it properly), largely because of high housing costs: The median apartment in San Francisco rents for more than twice as much as an apartment in any Texas city. California also has a lot of homelessness, for the same reason.
What’s behind California’s housing nightmare? Runaway NIMBYism, which has blocked new housing construction. California’s economic performance matched that of Texas in the 2010s, but it issued far fewer building permits despite having a larger population. California gained three million jobs between 2010 and 2019 but added fewer than 700,000 housing units.
NIMBYism, however, happens to be one of the few major issues that cut right across party lines. Conservatives are as likely as liberals to oppose housing construction; some progressives — among them Governor Newsom — are strong advocates of housing expansion. So California’s big policy failure shouldn’t be an issue in this recall election. What’s on the line are its policy successes.
If Californians choose to turn their backs on these successes, well, that’s their right. The danger now is that the state won’t choose — that it will stumble into MAGAland via a bizarre recall process and lack of attention.
La California potrebbe buttar via quello che ha guadagnato,
di Paul Krugman
Se vivete in California e non avete ancora votato o non avete il programma di votare sulla proposta rimozione del Governatore Gavin Newsome [1], per favore aprite gli occhi. Questa è una situazione nella quale l’apatia potrebbe avere conseguenze terribili: la California, che non è uno Stato così progressista come vi potete immaginare, ma pur tuttavia è più progressista della nazione nel suo complesso, può essere prossima a procurarsi distrattamente un Governatore trumpiano, che in una elezione normale non vincerebbe mai.
Questo accadrebbe in un momento nel quale il controllo delle assemblee statali è particolarmente cruciale in quanto determina la risposta al coronavirus. I Governatori del MAGA [2] come Greg Abbott in Texas e Ron DeSantis in Florida non stanno solo rifiutando di imporre l’uso delle mascherine o il requisito stesso della vaccinazione; stanno cercando di impedire che gli altri prendano tali precauzioni attraverso l’emissione di ordinanze esecutive e sostenendo leggi che impediscono l’imposizione di tali requisiti da parte dei governi locali e persino di imprese private. E quello è il tipo di Governatore con il quale probabilmente la California si ritroverà se il voto sulla rimozione avrà successo.
Come una cosa del genere è persino possibile? Perché il procedimento della rimozione è pazzesco. Gli elettori rispondono a due domande: Newsome dovrebbe essere revocato? E chi dovrebbe sostituirlo? Se una maggioranza vota “sì”, chiunque sia scelto dal numero più ampio di persone sulla seconda domanda diventa Governatore, anche se quella persona riceve un numero assai più basso di voti di quelli per mantenere Newsome nel suo incarico.
E il risultato più probabile se Newsome venisse rimosso sarebbe che Larry Elder, un conduttore radiofonico di destra che si oppone con veemenza alle mascherine e agli obblighi di vaccinazione, finirebbe nella carica di governatore pur avendo ricevuto una frazione minima del voto totale.
Quello che renderebbe questo risultato particolarmente insopportabile è che la California, in molti sensi, è una storia di successo dei progressisti – con l’evidente eccezione delle abitazioni, sulla quale arrivo subito.
Lo Stato dell’Oro [3] ebbe una netta svolta a sinistra nel 2010, con la elezione di Jerry Brown come Governatore. Due anni dopo i democratici ottennero una grande maggioranza nella assemblea legislativa, che diede loro il potere per approvare molte priorità dei progressisti. La California aumentò subito le tasse sui ricchi, accrebbe la spesa sociale e innalzò il salario minimo. Essa mise anche in atto con entusiasmo la legge di riforma sanitaria di Obama.
I conservatori pronosticarono il disastro, con alcuni che dicevano che lo Stato stava commettendo un “suicidio” economico. E la California riceve buona parte dei resoconti negativi sulla stampa imprenditoriale, dove si trovano costantemente giudizi secondo i quali le imprese fuggirebbero in massa verso Stati con tasse più basse e meno regolamentati, come il Texas.
I dati, tuttavia, raccontano un’altra storia. Considerato tutto quello sparlare sulla California e quello strombazzare sulle prospettive del Texas che si leggono, è un po’ stupefacente guardare le tendenze del PIL reale e dell’occupazione tra il 2010 e l’epoca della pandemia e scoprire che la California e il Texas hanno sostanzialmente gli stessi tassi di crescita. È anche sorprendente, considerato il gran parlare sulle persone che fuggono dalle alte tasse, apprendere che i lavoratori con elevata istruzione e alti redditi – che in effetti pagano tasse più alte in California che nella maggioranza delle altre parti degli Stati Uniti – stanno continuando ad emigrare in quello Stato.
In altre parole, l’esperienza della California sbugiarda le pretese dei conservatori per le quali tassare i ricchi e spendere di più sui programmi sociali distrugge la prosperità. E lo Stato non soltanto realizza una rapida crescita economica; la sua efficace messa in atto della riforma sanitaria di Obama ha contribuito a ridurre il numero dei suoi residenti senza assicurazione sanitaria più rapidamente che nel resto del paese.
È vero, in questo quadro ci sono ombre importanti. Anche se i lavoratori benestanti continuano a spostarsi in California, i lavoratori con redditi più bassi – che effettivamente pagano tasse più basse in California di quelle che pagano nel Texas – vengono via. Questo sicuramente dipende in larga parte dall’alto prezzo degli alloggi, che è diventato un grande problema.
Nonostante il complessivo successo economico, la California ha il tasso di povertà più alto della nazione (quando lo si misura correttamente), in gran parte per gli alti costi delle abitazioni: gli affitti di un appartamento medio in San Francisco sono più del doppio di quelli di un appartamento in qualunque città del Texas. Per la stessa ragione, la California ha anche molte persone senza casa.
Cosa c’è dietro l’incubo delle abitazioni in California? C’è il nimbysmo [4] sfrenato, che ha bloccato la costruzione di nuovi alloggi. Le prestazioni economiche della California nel 2010 anno eguagliato quelle del Texas, ma sono stati approvati numeri molto più bassi di permessi di edificazione, pur avendo una popolazione più ampia. La California ha guadagnato tre milioni di posti di lavoro tra il 2010 e il 2019, ma è cresciuta di meno di 700.000 unità abitative.
Si dà il caso, tuttavia, che il nimbysmo sia uno dei pochi temi importanti che taglia trasversalmente entrambi i partiti. È probabile che i conservatori si oppongano come i progressisti alla costruzione di nuove case; alcuni progressisti – tra i quali il Governatore Newsome – sono forti sostenitori di una espansione degli alloggi. Dunque questo grande fallimento amministrativo della California non dovrebbe essere un tema in questo voto di revoca. Quello che è in discussione sono i suoi successi politici.
I californiani possono scegliere di voltare le spalle a questi successi, è un loro diritto. Ma adesso il pericolo è che lo Stato non farà tanto una scelta – piuttosto andrà a sbattere nel territorio del MAGA per effetto di un bizzarro procedimento di rimozione ed una mancanza di attenzione.
[1] Il 14 settembre ci saranno le votazioni per il “recall” – ovvero la rimozione – del Governatore della California, il democratico Gavin Newsome. Il voto della rimozione consiste nel porre agli elettori due domande: la prima riguarda il consenso o il dissenso alla rimozione del Governatore in carica; la seconda il candidato preferito per succedergli, se prevalesse il voto per la rimozione. Nel voto sulla rimozione, ovviamente, ciò che decide è se la maggioranza degli elettori si è espressa a favore o contro la prosecuzione del mandato del Governatore eletto (dunque la maggioranza dovrà essere superiore al 50,0%). Nella eventuale successione vince il candidato che, tra tutti gli indicati, ottiene il numero maggiore di preferenze (e dunque può benissimo vincere un candidato, diciamo, con un 10/15% dei voti, dato che il numero dei possibili nuovi Governatori è molto alto: sono in tutto, questa volta, 46). Come a dire che un Governatore può essere rimosso con il 49,9% dei voti, e sostituito da un candidato con un terzo, un quarto o meno ancora di quei voti.
A partire dal 1911 ci sono stati 55 tentativi di rimuovere un Governatore della California, tutti falliti meno quello del 2003 per rimuovere il Governatore democratico Gray Davis, che venne sostituito con il famoso Arnold Schwarzenegger, repubblicano. Il “recall” viene considerata una istituzione rivolta a rafforzare il potere di controllo degli elettori, che hanno con essa il diritto di mostrare di aver cambiato idea rispetto alle elezioni primarie (anche se, spesso, i votanti al “recall” sono assai inferiori a quelli che partecipano alle elezioni primarie) .
Il “recall” di Gavin Newsome è stato argomentato in vari modi: principalmente per non aver gestito bene la pandemia del coronavirus (ma i critici potrebbero essere ostili soprattutto al rigore), per non ha aver affrontato con efficacia il problema delle persone senza casa (anche in questo caso, i critici potrebbero essere più che altro insofferenti allo spettacolo delle persone che sono costrette ad arrangiarsi), ed anche le politiche di asilo. Le petizioni accertate valide per il “recall” sono state 1.719.900 (la soglia minima era di 1.495.970 petizioni).
E questo è Gavin Newsome, che venne eletto nel 2019:
[2] Lo slogan preferito di Trump, acronimo per “Facciamo di nuovo grande l’America”.
[3] È il nome di cui si appella la California, evidentemente in riferimento alla ‘corsa all’oro’ dei tempi andati.
[4] Il fenomeno del NIMBY – un acronimo che possiamo tradurre con “Non vicino a casa mia” e che forse è preferibile non cercare di tradurre– è il risultato di una opposizione generalizzata dei cittadini, e conseguentemente delle regole urbanistiche locali, ai nuovi insediamenti, sia di abitazioni che di servizi collettivi.
By mm
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