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La pessima economia dei difensori dei combustibili fossili, di Paul Krugman (New York Times, 16 agosto 2021)

 

Aug. 16, 2021

The Bad Economics of Fossil Fuel Defenders

By Paul Krugman

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Global warming is fake news. Anyway, it isn’t man-made. And doing anything about it would destroy the economy.

Opponents of action against climate change have always relied on multiple lines of defense: If one argument for doing nothing becomes unsustainable, they just retreat to another.

That’s what we’re seeing now, as conservatives argue against the Biden administration’s push for climate-friendly public investment. As it happens, this push is taking place against a background of unprecedented heat waves, huge forest fires, severe drought in some places and catastrophic flooding in others — phenomena that scientists have long warned would become more common as the planet gets hotter.

Given these events, as The Times recently reported, Republicans have toned down their climate denial — in some cases pretending that they never denied the science in the first place. Thus Senator James Inhofe, author of 2012’s “The Greatest Hoax: How the Global Warming Conspiracy Threatens Your Future,” is now claiming that he never called climate change a hoax.

If past experience is any guide, this new willingness to accept the reality of global warming won’t last; the next time America has a cold snap, the usual suspects will go right back to denying climate change and attacking scientists. For now, however, they’re focused on the immense economic damage that, they claim, will result if we try to limit emissions of greenhouse gases.

So let me offer four reasons not to believe a word they say on this subject.

First, the U.S. economy has consistently done better under Democratic presidents than under Republican presidents — a pattern so strong that even progressive economists admit that it’s puzzling. Whatever the cause of this partisan disparity, a party devoted to the zombie doctrine that tax cuts solve all problems has no standing to lecture us on what’s good for the economy.

Second, there is a remarkable inconsistency between conservatives’ expressed faith in the power of private initiative and their assertion that climate policies will paralyze the economy. Businesses, the right likes to tell us, are engines of innovation and adaptation, rising to meet any challenge. Yet somehow the same people who laud private-sector creativity insist that businesses will shrivel up and die if confronted with new regulations or emission fees.

In fact, a number of studies have shown that government projections of the effects of new environmental or safety regulations consistently overestimate their costs, precisely because businesses respond to new rules and incentives by innovating, finding ways to reduce compliance costs. And industry projections of the adverse effects of regulation are far worse, typically overstating the costs to a ludicrous degree.

Third, history strongly refutes the notion that there’s any necessary link between economic growth and greenhouse gas emissions.

Consider the case of Britain, where modern economic growth began. British emissions of carbon dioxide have been falling for half a century, despite a growing economy. On a per-capita basis, Britain’s CO₂ emissions are back down to what they were in the ’50s — the 1850s, when real G.D.P. per person was only about one-ninth what it is today.

Finally, Republican insistence that we must remain dependent on fossil fuels is especially strange given huge technological progress in renewable energy — progress so remarkable that the Trump administration tried to force power companies to keep using coal, which is no longer competitive on cost. Improved technology means that climate action looks far easier now than it did in, say, 2008, when John McCain called for a cap on greenhouse gas emissions, a position that would be disqualifying for anyone seeking the Republican presidential nomination today.

Of course, these facts won’t change Republican minds. It’s painfully obvious that politicians opposing climate action aren’t arguing in good faith; they’ve effectively decided to block any and all measures to ward off disaster and will use whatever excuses they can find to justify their position.

Why has the G.O.P. become the party of pollution? I used to think that it was mainly about money; in the 2020 election cycle Republicans received 84 percent of political contributions from the oil and gas industry and 96 percent of contributions from coal mining.

And money is surely part of the story. But I now think there’s more to it than that. Like pandemic policy, where the G.O.P. has effectively allied itself with the coronavirus, climate policy has become a front in the culture war; there’s a sense on the right that real men disdain renewable energy and love burning fossil fuels. Look at the dishonest attempts to blame wind farms for Texas blackouts actually caused by freezing pipelines.

In any case, what you need to know is that claims that taking on climate change would be an economic disaster are as much at odds with the evidence as claims that the climate isn’t changing.

 

La pessima economia dei difensori dei combustibili fossili,

di Paul Krugman

 

Il riscaldamento globale è una notizia falsa. In ogni caso, non è provocato dall’uomo. E farci qualcosa equivarrebbe a distruggere l’economia.

Gli oppositori all’iniziativa contro il cambiamento climatico si sono sempre basati su una varietà di linee di difesa: se un argomento per non far niente diventa insostenibile, semplicemente passano ad un altro.

È quello a cui stiamo assistendo adesso, quando i conservatori polemizzano contro la spinta dell’Amministrazione Biden per investimenti pubblici che abbiano effetti positivi sul clima. Si dà il caso che questa spinta avvenga in un contesto di ondate di caldo senza precedenti, di grandi incendi boschivi, di una grave siccità in alcune regioni e di catastrofiche inondazioni in altre – fenomeni che gli scienziati da tempo ammonivano sarebbero diventati più comuni con il riscaldamento del pianeta.

Considerati questi eventi, come il Times ha di recente riferito, i repubblicani hanno attenuato il loro negazionismo sul clima – in alcuni casi negando prima di tutto di essersi mai opposti alla scienza. Quindi il Senatore James Inhofe, autore nel 2012 di “La bufala più grande: come la cospirazione globale sul riscaldamento minaccia il vostro futuro”, sta adesso sostenendo di non aver mai chiamato il cambiamento climatico una bufala.

Se l’esperienza del passato è istruttiva, questa nuova disponibilità ad accettare la realtà del riscaldamento globale non durerà; la prossima volta che l’America avrà una botta di freddo, i soliti noti torneranno a negare il cambiamento climatico e ad attaccare gli scienziati. Al momento, tuttavia, sono concentrati  sull’immenso danno economico che, a loro giudizio, verrà in conseguenza dei tentativi di limitare le emissioni dei gas serra.

Dunque, consentitemi di offrire quattro ragioni per non credere ad una parola di quello che dicono su questo tema.

La prima, l’economia statunitense è andata regolarmente meglio con i Presidenti democratici che con i Presidenti repubblicani – uno schema talmente evidente che persino i progressisti ammettono lascia interdetti. Qualsiasi sia la causa di questa disparità tra i due partiti, quello tra essi devoto alla dottrina zombi che i tagli alle tasse risolvono tutti i problemi non ha alcun credito per farci lezioni su ciò che è bene per l’economia.

La seconda, c’è una considerevole incoerenza tra la fede manifesta dei conservatori sul potere dell’iniziativa privata e il loro giudizio secondo il quale le politiche sul clima paralizzerebbero l’economia. La destra ama raccontarci che le imprese sono i motori dell’innovazione e dell’adattamento, adeguati ad affrontare ogni sfida. Tuttavia, ogni tanto le stesse persone che lodano la creatività del settore privato ripetono che le imprese si rinsecchiranno e soccomberanno se messe a confronto con nuovi regolamenti e con imposte sulle emissioni.

Di fatto, un certo numero di studi ha dimostrato che le previsioni governative sugli effetti di nuovi regolamenti ambientali o per la sicurezza sopravvalutano regolarmente i loro costi, proprio perché le imprese rispondono alle nuove regole ed agli incentivi innovando, trovando i modi per ridurre i costi dell’adattamento. E le previsioni dell’industria sugli effetti negativi dei regolamenti sono di gran lunga peggiori, normalmente sopravvalutando i costi in misura ridicola.

La terza ragione, la storia confuta apertamente il concetto che ci sia un qualche necessario collegamento tra la crescita economica e le emissioni di gas serra.

Si consideri il caso dell’Inghilterra, dove la crescita economica moderna ebbe inizio. Nonostante un’economia in crescita, le emissioni inglesi di anidride carbonica sono calate per mezzo secolo [1]. Su base pro capite, le emissioni inglesi di CO2 sono tornate al punto a cui erano negli anni ’50 – gli anni ’50 dell’ottocento, quando il PIL procapite era soltanto un nono di quello che è oggi.

Infine, l’insistenza repubblicana secondo la quale dobbiamo restare dipendenti dai combustibili fossili è particolarmente strana dato l’enorme progresso tecnologico nelle energie rinnovabili – progresso così rilevante che l’Amministrazione Trump cercò di costringere le società a continuare ad usare carbone, che non è più competitivo sui costi. La migliorata tecnologia significa che l’iniziativa sul clima appare molto più facile oggi di quanto non fosse, ad esempio, nel 2008, quando John McCain si pronunciò per un tetto sulle emissioni dei gas serra, una posizione che al giorno d’oggi sarebbe squalificante per chiunque cercasse di ottenere la candidatura repubblicana alla Presidenza.

Naturalmente, questi fatti non cambieranno la mentalità dei repubblicani. È penosamente evidente che i politici che si oppongono all’iniziativa sul clima non stanno argomentando in buona fede; essi hanno essenzialmente deciso di bloccare tutte le iniziative per impedire il disastro e useranno qualsiasi scusa possono trovare per giustificare la loro posizione.

Perché il Partito Repubblicano è diventato il Partito dell’inquinamento? In passato pensavo che dipendesse principalmente dai soldi; nel ciclo elettorale del 2020 i repubblicani hanno ricevuto l’84 per cento dei contributi politici dall’industria del petrolio e del gas e il 96 per cento dei contributi dal settore dell’estrazione del carbone.

E il denaro è certamente una parte della storia. Ma adesso penso che ci sia più di quello. Come nella politica sulla pandemia, dove il Partito Repubblicano si è sostanzialmente alleato con il coronavirus, la politica sul clima è diventata un fronte della guerra ideologica; c’è come la sensazione che le persone in carne ed ossa della destra disprezzino le energie rinnovabili ed amino bruciare i combustibili fossili. Si vedano i tentativi disonesti di dar la colpa agli impianti eolici per i blocchi che hanno provocato i congelamenti dei gasdotti.

In ogni modo, quello che si deve sapere è che le pretese che impegnarsi sul cambiamento del clima sarebbe un disastro economico sono l’opposto dei fatti, così come le pretese secondo le quali il clima non starebbe cambiando.

 

 

 

 

 

[1] L’articolo mostra una connessione con Our world in data, ricchissima di statistiche di ogni genere e per ogni paese. Le emissioni annuali di CO2 in Inghilterra presentano una evoluzione abbastanza piatta per tutto il secolo passato, ma in particolare le emissioni procapite calano sensibilmente a partire dal 2000. Nel 2017, le emissioni procapite inglesi sono superate – non di molto – da quelle della Cina. Negli anni 2000 calano anche le emissioni procapite degli Stati Uniti, che restano però tre volte superiori a quelle di Inghilterra e Cina.

 

 

 

 

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