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Fare economia in modo che le prove contino, di Paul Krugman (New York Times, 11 ottobre 2021)

 

Oct. 11, 2021

Doing Economics as if Evidence Matters

By Paul Krugman

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Nobel Memorial Prizes in economics are given for long-term research, not for economists’ role in current debates, so they don’t necessarily have much bearing on the political moment. You might expect the disconnect to be especially strong when the prize is given mainly for the development of new research methods.

And that’s the case for the latest prize, awarded Monday to David Card, Joshua D. Angrist and Guido W. Imbens, leaders in the “credibility revolution” — a change in the way economists use data to assess theories — that has swept economics over the past generation.

It turns out, however, that the credibility revolution is extremely relevant to current debates. For studies using the new approach have, in many though not all cases, strengthened the argument for a more active government role in addressing inequality.

As I’ll explain, that’s not an accident. But first, what’s this revolution all about?

Economists generally can’t do controlled experiments — all we can do is observe. And the trouble with trying to draw conclusions from economic observations is that at any given time and place lots of things are happening. For example, the economy boomed after Bill Clinton raised taxes on high incomes and reduced the budget deficit. But did these fiscal policies cause prosperity, or was Clinton just lucky in presiding over a tech boom?

Before the credibility revolution, economists basically tried to isolate the effects of particular policies or other changes by using elaborate statistical methods to control for other factors. In many cases that’s still all we can do. But any such attempt is only as good as the controls, and there is typically endless room for dispute about the results.

In the 1990s, however, some economists realized there was an alternative approach, that of exploiting “natural experiments” — situations in which the vagaries of history deliver something close to the kind of controlled trial researchers might want to conduct but can’t.

The most famous example is the research that Card conducted along with the late Alan Krueger on the effects of minimum wages. Most economists used to believe that raising the minimum wage reduces employment. But is this true? In 1992 the state of New Jersey increased its minimum wage while neighboring Pennsylvania didn’t. Card and Krueger realized that they could assess the effect of this policy change by comparing employment growth in the two states after the wage hike, essentially using Pennsylvania as the control for New Jersey’s experiment.

What they found was that the increased minimum wage had very little if any negative effect on the number of jobs, a result since confirmed by looking at many other instances. These results make the case not just for higher minimum wages, but for more aggressive attempts to reduce inequality in general.

Another example: How can we assess the effects of safety net programs that aid children? Researchers have taken advantage of natural experiments created by, among other examples, the gradual rollout of food stamps in the 1960s and 1970s and several discrete jumps in Medicaid’s availability in the 1980s. These studies show that children who received aid became much healthier, more productive adults than nonrecipients.

And such studies make a strong case for the Biden administration’s Build Back Better initiative, which emphasizes investment in children as well as in conventional infrastructure.

Finally, big changes in unemployment insurance over the course of the pandemic — a huge increase in generosity, then a sudden cutoff, then a partial restoration, then another cutoff, with some states cutting benefits sooner than others — provide several natural experiments letting us test whether, as conservatives always insist, unemployment insurance deters the unemployed from seeking new jobs.

Well, the data provide a clear answer: While there may be some disincentive effects from unemployment benefits, they’re small.

Overall, then, modern data-driven economics tends to support more activist economic policies: Raising wages, helping children and aiding the unemployed are all better ideas than many politicians seem to believe. But why do the facts seem to support a progressive agenda?

The main answer, I’d argue, is that in the past many influential people seized on economic arguments that could be used to justify high inequality. We can’t raise the minimum wage, because that would kill jobs; we can’t help the unemployed, because that would hurt their incentives to work; and so on. In other words, the political use of economic theory has tended to have a right-wing bias.

But now we have evidence that can be used to check these arguments, and some don’t hold up. So the empirical revolution in economics undermines the right-leaning conventional wisdom that had dominated discourse. In that sense, evidence turns out to have a liberal bias.

Again, the research honored by this Nobel isn’t political, but it has important political implications. And most of those implications favor a policy move to the left.

 

Fare economia in modo che le prove contino,

di Paul Krugman

 

I premi Nobel dell’economia vengono dati per le ricerche sul lungo periodo, non per il ruolo degli economisti nei dibattiti del presente, dunque essi non influenzano necessariamente il momento politico. Vi potreste aspettare che la disconnessione sia particolarmente forte quando il premio viene dato principalmente per lo sviluppo di nuovi metodi di ricerca.

E questo è il caso dell’ultimo riconoscimento, che lunedì ha premiato David Card, Joshua D. Angrist e Guido W. Imbens, guide nella “rivoluzione della credibilità” – un cambiamento del modo in cui gli economisti utilizzano i dati per sottoporre ad esame le teorie – che nella scorsa generazione ha dilagato nell’economia.

Si scopre, tuttavia, che la rivoluzione della credibilità è estremamente attinente ai dibattiti in corso. Perché gli studi che utilizzano il nuovo approccio, in molti se non in tutti i casi, hanno rafforzato la tesi di un ruolo più attivo dei Governi nell’affrontare le ineguaglianze.

Come spiegherò, questo non è un caso. Ma anzitutto, cosa riguarda questa rivoluzione?

In generale, gli economisti non possono fare esperimenti controllati – tutto quello che possono fare è osservare. E il guaio con questo tentativo di trarre conclusioni dalle osservazioni economiche è che in ogni dato periodo e luogo avvengono una infinità di cose. Ad esempio, l’economia ebbe una forte espansione dopo che Bill Clinton aumentò le tasse sugli alti redditi e ridusse i deficit del bilancio. Ma furono queste politiche di finanza pubblica a provocare la prosperità, o Clinton fu semplicemente fortunato nell’essere Presidente nel corso di un boom tecnologico?

Prima della rivoluzione della credibilità, fondamentalmente gli economisti cercavano di isolare gli effetti di particolari politiche o di altri mutamenti utilizzando metodi statistici elaborati per controllare gli altri fattori. In molti casi è quello che ancora tutti noi possiamo fare. Ma tutti quei tentativi sono positivi in quanto forme di controllo, e normalmente c’è uno spazio infinito per dispute sui risultati.

Negli anni ’90, tuttavia, alcuni economisti compresero che c’era un approccio alternativo, quello di sfruttare gli “esperimenti naturali” – situazioni nelle quali i capricci della storia ci forniscono qualcosa di vicino al genere sperimentazioni controllate che gli economisti vorrebbero ma non possono condurre.

L’esempio più famoso è stata la ricerca che Card condusse assieme all’ultimo Alan Krueger sugli effetti dei salari minimi. La maggioranza degli economisti di solito credevano che aumentare i minimi salariali riducesse l’occupazione. Ma questo è vero? Nel 1992 lo Stato del New Jersey aumentò il suo minimo salariale mentre la vicina Pennsylvania non lo fece. Card e Krueger compresero che avrebbero potuto stimare  l’effetto di questa politica comparando la crescita dell’occupazione  nei due Stati dopo l’aumento salariale, in sostanza utilizzando la Pennsylvania per un controllo dell’esperimento del New Jersey.

Quello che essi scoprirono fu che l’aumento del salario minimo aveva avuto un effetto molto modesto, se ne aveva avuto qualcuno, sul numero dei posti di lavoro, un risultato da allora confermato da molti altri casi. Questi risultati fornirono l’argomento non solo per minimi salariali più alti, ma in generale per tentativi più aggressivi di riduzione dell’ineguaglianza.

Un altro esempio: come possiamo stimare gli effetti dei programmi sulle reti della sicurezza sociale che vanno a vantaggio dei bambini? I ricercatori hanno tratto vantaggio dagli esperimenti naturali provocati, tra gli altri esempi, dalla graduale messa in atto degli aiuti alimentari negli anni ’60 e ’70 e in vari distinti salti in avanti della disponibilità di Medicaid negli anni ’80. Questi studi hanno mostrato che i bambini che ricevevano aiuti erano diventati adulti molto più sani e produttivi di coloro che non li ricevevano.

E tali studi forniscono un forte argomento all’Amministrazione Biden per la sua iniziativa del Ricostruire meglio, che mette l’accento sugli investimenti sull’infanzia nello stesso modo che sulle infrastrutture convenzionali.

Infine, grandi cambiamenti sulla assicurazione della disoccupazione nel corso della pandemia – un grande aumento di generosità, poi un taglio improvviso, poi un parziale ripristino, poi un altro taglio, con alcuni Stati che hanno tagliato i sussidi prima degli altri – ci hanno fornito vari esperimenti naturali che ci consentono di verificare se, come insistono sempre i conservatori, l’assicurazione di disoccupazione scoraggia i disoccupati dal cercare nuovi posti di lavoro.

Ebbene, i dati forniscono una riposta chiara: se possono esserci alcuni effetti di disincentivazione dei sussidi di disoccupazione, essi sono irrilevanti.

Nel complesso, dunque, l’economia moderna guidata dai dati tende a sostenere politiche economiche più attive: aumentare i salari, aiutare i bambini e sostenere i disoccupati sono tutte idee migliori di quello che molti politici sembrano credere. Ma perché i fatti sembrano proprio sostenere un programma progressista?

Direi che la risposta principale è che nel passato molte persone influenti sfruttavano argomenti economici che potevano essere usati per giustificare grandi ineguaglianze. Non si possono elevare i salari minimi perché distruggerebbero i posti di lavoro; non si possono aiutare i disoccupati perché ciò danneggerebbe i loro incentivi a lavorare; e via dicendo. In altre parole, l’uso politico della teoria economica ha teso ad avere una predilezione verso la destra.

Ma adesso abbiamo prove che possono essere usate per controllare questi argomenti, ed alcuni di essi non reggono. Dunque la rivoluzione empirica in economia mina il tradizionale senso comune orientato a destra che dominava il dibattito. In quel senso, si scopre che le prove hanno una inclinazione progressista.

Ancora, la ricerca premiata da questo Nobel non è politica, eppure ha importanti implicazioni politiche. E la maggioranza di queste implicazioni vanno nel senso d uno spostamento della politica a sinistra.

 

 

 

 

 

 

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