Oct. 25, 2021
By Paul Krugman
Democrats may — may — finally be about to agree on a revenue and spending plan. It will clearly be smaller than President Biden’s original proposal, and much smaller than what progressives wanted. It will, however, be infinitely bigger than what Republicans would have done, because if the G.O.P. controlled Congress, we would be doing nothing at all to invest in America’s future.
But what will the plan do? Far too much reporting has focused mainly on the headline spending number — $3.5 trillion, no, $1.5 trillion, whatever — without saying much about the policies this spending would support. To be fair, though, the Biden administration could have done a better job of summarizing its plans in pithy slogans.
So let me propose a one-liner: Tax the rich, help America’s children. This gets at much of what the legislation is likely to do: Reporting suggests that the final bill will include taxes on billionaires’ incomes and minimum taxes for corporations, along with a number of child-oriented programs. And action on climate change can, reasonably, be considered another way of helping future generations.
Republicans will, of course, denounce whatever Democrats come out with. But there are three things you should know about both taxing the rich and helping children: They’re very good ideas from an economic point of view. They’re extremely popular. And they’re very much in the American tradition.
About the economics: Although the modern Republican Party is utterly committed to the proposition that low taxes on corporations and the rich are the key to economic success, there is no evidence that this is true. If anything, the historical correlation runs the other way. The U.S. economy grew faster during periods when taxes at the top were relatively high than it did when they were low.
On the other hand, there is overwhelming evidence that helping children, in addition to being the right thing to do, has big economic payoffs. Children who benefited from safety-net programs like food stamps became healthier, more productive adults. Children who were enrolled in pre-K education were more likely to graduate from high school and go to college than those who weren’t. As I’ve argued in the past, the economic case for investing in children is even stronger than the case for investing in physical infrastructure.
When it comes to public opinion, what’s striking is how little impact more than 40 years of anti-tax, anti-government propaganda has had on voters’ views. Polls consistently show large majorities, including many Republicans, supporting higher taxes on corporations and the rich. Large majorities also support subsidizing child care and aiding families with children.
It’s true that anti-government politicians often win elections — but they do so, with rare exceptions, not because the public buys into libertarianism but because white voters can sometimes be persuaded that government programs benefit only people of color.
Finally, while Republican politicians routinely claim that Democrats are anti-American and that Democratic proposals are Marxist, history tells us that the key elements of the legislation we’re probably about to see — aid to middle-class and poor children together with higher taxes on the wealthy — are quintessentially American ideas.
Remember, we are the nation that basically invented universal education. Thomas Jefferson called for publicly funded schools even in the midst of the Revolutionary War (yes, only for whites, but still). In the 19th century, America led the way in creating “common schools” that were meant to include students from all social classes, and were justified by many of the same arguments now being made for universal pre-K and other forms of aid to children.
So when Republicans denounce pro-child policies as socialist and try to promote private schools, they, not Democrats, are rejecting our nation’s traditions.
And guess what: We are also, arguably, the nation that invented progressive taxation. America has had progressive income taxes and estate taxes — that is, taxes that are levied at a higher rate on large incomes and estates — since 1916.
It’s notable that the early proponents of these taxes didn’t view them simply as ways to raise revenue. They also explicitly called for taxes on the wealthy as a way to limit inequality, and in particular to prevent the emergence of a hereditary oligarchy. Thus in 1905 Theodore Roosevelt argued that it was essential to prevent the “inheritance or transmission in their entirety” of “fortunes swollen beyond all healthy limits,” and in 1907 he called for a “heavy progressive tax” on estates to achieve this goal.
A modern U.S. politician who said anything similar would be accused of engaging in un-American class warfare. But if this be class warfare, make the most of it; like spending to help children from lower-income families, progressive taxation is as American as apple pie.
So if Democrats finally do agree on a fiscal plan, they should go all-out in promoting it. Economics, politics and America’s historical traditions are on their side.
Tassare i ricchi, aiutare i bambini americani,
di Paul Krugman
E’ possibile – solo possibile – che i democratici siano prossimi a trovare un accordo su un programma di entrate e di spese. Chiaramente sarà più piccolo della proposta originaria del Presidente Biden e molto più piccolo di quello che volevano i progressisti. Sarà, tuttavia, infinitamente più grande di quello che avrebbero fatto i repubblicani, giacché se il Partito Repubblicano controllasse il Congresso, non potremmo far proprio niente per investire sul futuro dell’America.
Ma cosa realizzerà quel programma? Anche troppi resoconti si sono concentrati sui dati complessivi della spesa – 3.500 miliardi di dollari o 1.500 miliardi, qualunque essi siano – senza dire molto sulle politiche che questa spesa sosterrebbe. Anche se, a dir la verità, l’Amministrazione Biden avrebbe potuto fare un lavoro migliore nel sintetizzare i suoi programmi in slogan concisi.
Consentitemi di proporre una semplice frase: tassare i ricchi, aiutare i bambini americani. Essa dice molto di quello che la legge è probabile che realizzi: i resoconti indicano che la proposta di legge finale includerà tasse sui redditi dei miliardari e una tassazione minima per le società, assieme ad un certo numero di programmi a favore dell’infanzia. E l’iniziativa sul cambiamento climatico può, ragionevolmente, essere considerata un altro modo per aiutare le generazioni future.
Ovviamente, i repubblicani denunceranno qualsiasi cosa i democratici proporranno. Ma ci sono tre cose che è indispensabile sapere sia sul tassare i ricchi che sull’aiutare i bambini: esse sono ottime idee da un punto di vista economico; sono estremamente popolari e si collocano moltissimo nella tradizione americana.
Sull’economia: sebbene il Partito Repubblicano odierno sia legato mani e piedi all’idea che basse tasse sulle società e sui ricchi siano la chiave del successo economico, non c’è alcuna prova che questo sia vero. Semmai, la correlazione storica procede nel senso opposto. L’economia statunitense è cresciuta più velocemente nei periodi nei quali le tasse sui più ricchi erano relativamente alte rispetto a quelli nei quali erano basse.
D’altra parte, ci sono prove schiaccianti che aiutare i bambini, oltre ad essere la cosa giusta da fare, produce in grande vantaggio economico. I bambini che hanno beneficiato dei programmi delle reti della sicurezza sociale come gli aiuti alimentari sono diventati adulti più sani e più produttivi. I bambini che sono stati inseriti nelle scuole materne è stato più probabile che venissero diplomati presso scuole superiori e andassero alle università rispetto a quelli che non lo sono stati. Come ho sostenuto in passato, l’argomento economico per investire sui bambini è persino più forte di quello di investire nelle infrastrutture fisiche.
Se si passa all’opinione pubblica, quello che è impressionante è quanto modesto sia stato l’impatto di più di 40 anni di propaganda contro le tasse e contro i programmi pubblici sui punti di vista degli elettori. I sondaggi regolarmente mostrano ampie maggioranze, inclusi molti repubblicani, che sostengono tasse più elevate sulle società e sui ricchi. Ampie maggioranze sostengono anche i sussidi all’assistenza dell’infanzia e gli aiuti alle famiglie con figli.
È vero che i politici contrari ai programmi pubblici spesso vincono le elezioni – ma lo fanno, con rare eccezioni, non perché l’opinione pubblica abbocchi al libertarianismo ma perché talvolta gli elettori bianchi vengono convinti che i programmi del Governo vanno a favore solo della gente di colore.
Infine, mentre i politici repubblicani affermano solitamente che i democratici sono anti americani e che le proposte democratiche sono marxiste, la storia ci dice che elementi principali della legge che probabilmente siamo prossimi a vedere – gli aiuti alla classe media ed ai bambini poveri assieme a tasse più alte sui ricchi – sono nella loro quintessenza idee americane.
Si ricordi, noi siamo la nazione che fondamentalmente si espresse a favore di scuole finanziate pubblicamente persino nel mezzo della Guerra Rivoluzionaria (è vero, scuole solo per i bianchi, ma comunque scuole). Nel diciannovesimo secolo, l’America fu all’avanguardia nel creare “scuole comuni” che erano intese allo scopo di includere tutte le classi sociali, ed erano giustificate con molti degli stessi argomenti che oggi vengono avanzati per le scuole materne universali ed altre forme di aiuto ai bambini.
Dunque, quando i repubblicani denunciano le politiche a favore dell’infanzia come socialiste e cercano di promuovere le scuole private, sono loro, non i democratici, che rigettano le nostre tradizioni nazionali.
E pensate anche a questo: probabilmente siamo noi la nazione che ha inventato la tassazione progressiva [1]. L’America ha avuto tasse progressive sui redditi e tasse immobiliari – ovvero, tasse che vengono imposte con aliquote superiori sui grandi redditi e patrimoni – a partire dal 1916.
È rilevante che i primi proponenti di tali tasse non le consideravano semplicemente come modi per accrescere le entrate. Essi si pronunciavano anche esplicitamente a favore di tasse sui ricchi allo scopo di limitare l’ineguaglianza e in particolare di impedire l’emergere di una oligarchia ereditaria. Cosicché nel 1905 Theodore Roosevelt sosteneva che era fondamentale impedire “l’eredità o la trasmissione nella loro interezza” delle “fortune gonfiate oltre tutti i limiti sani”, e nel 1907 egli si espresse a favore di una “tassa pesantemente progressiva” sugli immobili per realizzare questo obbiettivo.
Un politico statunitense odierno che dicesse qualcosa di simile sarebbe accusato di impegnarsi in una lotta di classe ‘non americana’. Ma se questa è lotta di classe, approfittiamone; la tassazione progressiva, come la spesa per aiutare i bambini delle famiglie a più basso reddito, è americana come una torta di mele.
Dunque, se i democratici trovano davvero finalmente un accordo su un programma di spesa pubblica, essi dovrebbero fare tutto quello che possono per promuoverlo. L’economia, la politica e le tradizioni storiche dell’America sono dalla loro parte.
[1] Un argomento sul quale ha spesso insistito Thomas Piketty. E in effetti, nella connessione nel testo inglese, compare un intervista all’economista francese del maggio del 2014 sul giornale The Nation dal titolo: “Piketty sugli Stati Uniti: il luogo di nascita della libertà e della tassazione progressiva”. Il tasso di gradimento di Krugman nei confronti di Piketty è stato altalenante: da un chiaro entusiasmo sul suo primo libro “Il Capitale nel XXI secolo” ad una recensione piuttosto critica sul secondo “Capitale e ideologia”. Di entrambi si trovano varie tracce in traduzioni su questo blog.
By mm
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