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Dove iI dibattito americano sulla finanza pubblica va fuori dai binari, di Barry Eichengreen (da Project Syndicate, 9 novembre 2021)

 

Nov 9, 2021

Where America’s Fiscal Debate Goes Off the Rails

BARRY EICHENGREEN

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BERKELEY – The US Congress has just taken an important step toward implementing President Joe Biden’s fiscal plans, by passing a signature $1 trillion infrastructure bill. Now we will see whether the Congressional Budget Office (CBO), in its non-partisan wisdom, agrees that the companion plan for $1.75 trillion in social and climate-related spending is fully financed by additional taxes and other “pay fors,” as moderate Democrats evidently require.

At one level, this is precisely the debate the country needs. It is a debate, fundamentally, about what kind of society the United States should be and about the appropriate role of government. Should government, to address inequality, provide more support for childcare because it enables women to enter the labor force and fosters healthy childhood development, especially among disadvantaged youth? Or should it avoid doing so, as some argue, because taking childcare out of the household weakens families?

Similarly, should the federal government, to combat climate change, invest in a network of charging stations for electric vehicles, just as it invested in the interstate highway system? Or is this a problem that can be left to the market, notwithstanding the existence of network effects?

Recent debates remind us that there is less than full agreement on the desirability of such programs. But where there should be agreement is on how best to finance them. And here the debate has been derailed by warrantless fears of fiscal disaster.

Republicans and so-called moderate Democrats insist that neither physical nor social infrastructure should be deficit-financed. Having doled out trillions of dollars in pandemic relief, the US already has yawning deficits and crushing debts. In the view of opponents, it cannot afford more.

What this argument misses is that here the debate is about public investment, not only transfer payments and public consumption. Productive public investments pay for themselves if they grow the denominator of the debt/GDP ratio. This is most obviously the case of physical infrastructure that makes it easier to offload containers, truck them to warehouses, and distribute their contents, enabling producers to realize the efficiencies of global supply chains. Better infrastructure boosts GDP, which means more tax revenues for servicing and retiring debt.

But the point applies equally to investment in social infrastructure: Pre-K and lifelong learning yield a more productive workforce. It also applies to investments in climate-change abatement and adaptation insofar as these expenditures prevent destructive climate events that cause GDP to fall.

The debate about these programs tends to be framed in terms of values. But it should also be a debate over rates of return and about which investments pay for themselves. European countries, including Germany, are having this discussion. Why the US is not having it is something of a mystery. Or maybe it’s less a mystery than yet another indication of the difficulty of having any rational, informed Congressional debate, whatever the issue.

But wouldn’t more deficit spending create excess demand, aggravating an already worrisome inflation problem? In fact, many earlier programs fueling the deficit are set to expire at the end of the year. CBO calculations project that the deficit as a share of GDP will fall from 13.4% this year to 4.7% in 2022.

This is an alarming amount of “fiscal drag.” Everyone is fixated on inflation and the Federal Reserve, but maybe they should be asking how, with the government vaporizing 9% of GDP, this lost spending will be made up.

But isn’t debt spiraling out of control? Having rocketed past 100% of GDP, public debt in the hands of the public is at unprecedented levels. Yet debt service as a share of GDP has barely budged since the turn of the century, because interest rates today are just a third as high. On current law, the CBO sees publicly held debt as a share of GDP falling between 2022 and 2024, as the economy expands and interest rates trend up only modestly.

In fact, between now and the end of the decade, the CBO’s projections show debt in the hands of the public as a share of GDP – wait for it – falling from 102.7% this year to 102.6%. In other words, there is no immediate crisis of debt sustainability.

Prudent governments budget for surprises. An energy shock or geopolitical event could precipitate a recession. There could be another novel coronavirus. Interest rates could rise faster than expected. It has happened before. It is entirely appropriate for governments to borrow to finance essential spending during an emergency. And once the emergency has passed, it is equally essential for governments to restore and enhance their ability to borrow so that they can deploy the same fiscal resources when the next crisis hits.

The challenge for the US is to do so gradually, so that consolidation of public finances does not aggravate an already existing problem of fiscal drag. And that means not sacrificing productive public investments that more than pay for themselves.

 

Dove iI dibattito americano sulla finanza pubblica va fuori dai binari,

d Barry Eichengreen

 

BERKELEY – Il Congresso degli Stati Uniti ha appena fatto un passo importante verso la realizzazione dei programmi di finanza pubblica del Presidente Joe Biden, approvando una proposta di legge centrale del suo mandato di 1.000 miliardi di dollari sulle infrastrutture. Adesso vedremo se l’Ufficio Congressuale sul Bilancio, nella sua saggezza non di parte, ammetterà che il piano congiunto dei 1.750 miliardi di dollari di spesa sociale e riguardante il clima venga interamente finanziato da tasse aggiuntive e da altre “coperture”, come i democratici moderati evidentemente richiedono.

Da una parte, questo è precisamente il dibattito di cui il paese ha bisogno. È fondamentalmente un dibattito su quale tipo di società dovrebbero essere gli Stati Uniti e sul giusto ruolo del Governo. Il Governo dovrebbe affrontare l’ineguaglianza, fornire più sostegno alla assistenza all’infanzia perché esso consentirebbe alle donne di entrare nella forza lavoro e favorirebbe lo sviluppo di una infanzia sana? Oppure dovrebbe evitare di farlo, come alcuni sostengono, perché collocare l’assistenza ai bambini fuori dalle famiglie le indebolisce?

In modo simile, il Governo federale dovrebbe combattere il cambiamento climatico, investire in una rete di stazioni di ricarica per i veicoli elettrici, proprio come investì nel sistema interstatale delle autostrade? Oppure questo è un problema che può essere lasciato al mercato, nonostante l’esistenza degli effetti di rete?

I dibattiti recenti ci ricordano che c’è tutt’altro che un pieno accordo sulla desiderabilità di tali programmi. Ma nel caso dovrebbe esserci un accordo sul modo migliore di finanziarli. Ed è qua che il dibattito viene deragliato da ingiustificate paure sul disastro finanziario.

I repubblicani ed i cosiddetti democratici moderati ribadiscono che né le infrastrutture materiali né quelle sociali dovrebbero essere finanziate col deficit. Avendo dispensato migliaia di miliardi di dollari per il sostegno nella pandemia, gli Stati Uniti hanno già spalancato le porte ai deficit e a debiti devastanti. Secondo gli oppositori, non possono permettersi altro.

Quello che questo argomento non considera è che in questo caso il dibattito è sull’investimento pubblico, non solo sui finanziamenti e sul consumo pubblico. Gli investimenti pubblici produttivi si ripagano da soli se accrescono il denominatore del rapporto debito/PIL. Questo è massimamente evidente nel caso delle infrastrutture materiali che rendono più facile scaricare i container, trasportarli ai centri di stoccaggio e distribuire i loro contenuti, consentendo ai produttori di realizzare le efficienze delle catene globali dell’offerta. Migliori infrastrutture danno impulso al PIL, il che comporta maggiori entrate fiscali per il debito nei servizi e nei pensionamenti.

Ma l’argomento si applica in egual modo alle infrastrutture sociali: gli asili nido e l’educazione permanente generano una forza lavoro più produttiva. Si applica anche negli investimenti per abbattere e mettere sotto controllo il cambiamento climatico, dal momento che queste spese prevengono eventi climatici distruttivi che fanno cadere il PIL.

Il dibattito su questi temi tende ad essere impostato in termini di valori. Ma esso dovrebbe anche essere un dibattito sui tassi di rendimento e su quello che gli investimenti ripagano da soli. I paesi europei, compresa la Germania, hanno in corso questa discussione. Perché gli Stati Uniti non ce l’abbiano, è un mistero. O forse non è un mistero, quanto ancora un’altra manifestazione della difficoltà ad avere nel Congresso un qualche dibattito razionale e fondato sui dati, per qualsiasi tema.

Ma la spesa in deficit non creerebbe un eccesso di domanda, aggravando il problema già preoccupante dell’inflazione? Di fatto, molti precedenti programmi che alimentano i deficit sono destinati a scadere con la fine dell’anno. I calcoli del CBO prevedono che il deficit come quota del PIL cadrà dal 13,4% di quest’anno al 4,7%  nel 2022.

Questa è una quantità allarmante di “drenaggio della finanza pubblica”. Tutti si fissano sull’inflazione e sulla Federal Reserve, ma forse dovrebbero chiedersi come, con il Governo che manda in fumo il 9% del PIL, questa spesa perduta verrà compensata.

Ma il debito non sta crescendo fuori controllo? Avendo portato alle stelle il PIL passato del 100%, il debito pubblico nelle mani della amministrazione è a livelli senza precedenti. Tuttavia il servizio del debito come quota del PIL si è appena mosso col passaggio al nuovo secolo, giacché i tassi di interesse sono solo un terzo. Con la legislazione attuale, il CBO osserva una caduta del debito detenuto dalle amministrazioni pubbliche come quota del PIL tra il 2022 e il 2024, mentre l’economia si espande e i tassi di interesse crescono solo modestamente.

Di fatto, da ora alla fine del decennio, le previsioni del CBO mostrano un debito nelle mani delle pubbliche amministrazioni come quota del PIL – guardate un po’ – in calo dal 102,7% di quest’anno al 102,6%. In altre parole, non c’è alcuna crisi immediata di sostenibilità del debito.

I Governi prudenti pianificano le spese facendo attenzione alle sorprese. Uno shock energetico  o un evento geopolitico potrebbe precipitare in una recessione. Ci potrebbe essere un altro inedito coronavirus. I tassi di interesse potrebbero salire più velocemente di quanto ci si aspetta. È già accaduto nel passato. E una volta che l’emergenza è passata, è egualmente fondamentale per i Governi ripristinare e potenziare la loro capacità di indebitarsi, in modo da dispiegare le stesse risorse finanziarie quando colpirà la prossima crisi.

La sfida per gli Stati Uniti è farlo gradualmente, cosicché il consolidamento delle finanze pubbliche non aggravi un problema già esistente di drenaggio delle finanze pubbliche. E questo comporta non sacrificare gli investimenti pubblici produttivi che si ripagano da soli.

 

 

 

 

 

 

 

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