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In che modo finalmente è arrivata la “settimana delle infrastrutture”, di Paul Krugman (New York Times, 8 novembre 2021)

 

Nov. 8, 2021

How Infrastructure Week Finally Happened

By Paul Krugman

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Thirteen Republican members of the House voted for the infrastructure bill now headed for President Biden’s desk. That may not sound like much, but given the intensity of G.O.P. partisanship — the loser in the New Jersey governor’s race still hasn’t conceded — getting even that many Republicans to back an initiative that might help Mr. Biden is amazing.

These votes suggest that politicians believe what polling indicates — that repairing roads and bridges, expanding broadband and more are immensely popular and that opposing the bill would be politically costly. (Six progressive Democrats voted against the legislation, but Nancy Pelosi, who said she had a “secret whip count,” might have been able to get some of those votes if she had needed them.)

But if infrastructure spending is a political winner, why didn’t it happen under Donald Trump? The Trump administration first declared Infrastructure Week in June 2017, but no legislative proposal ever materialized, and by the time Trump was voted out of office the phrase had become a national punchline. Why?

It wasn’t just incompetence, although that was part of it. The bigger story is that the modern Republican Party is constitutionally incapable — or maybe, given recent behavior, that should be unconstitutionally incapable — of investing in America’s future. And, sad to say, pro-corporate Democrats, whom we really should stop calling “centrists,” have some of the same problems.

Trump talked big about infrastructure during the 2016 election campaign. But the “plan” released by his advisers — it was actually just a vague sketch — was a mess. It wasn’t even really a proposal for public investment; to a large extent it was an exercise in crony capitalism, a scheme for taxpayer-subsidized private investment that would, like the “opportunity zones” that were part of the 2017 tax cut, mainly have ended up showering benefits on wealthy developers. It was also completely unworkable.

If Trump had wanted to get anything real accomplished, he would have had to turn to people who had some idea about what they were doing, who at least knew how to draft legislation. But he wasn’t willing to work with Democrats — and key Republicans in Congress, Mitch McConnell in particular, opposed significant infrastructure investment every step of the way.

Why this opposition? Much of it was ostensibly about how to pay for additional spending. Republicans were, of course, opposed to new taxes, especially on corporations and the wealthy; they also claimed to be against additional government borrowing.

But the first rule of deficit politics is that nobody really cares about deficits. Republicans certainly didn’t care when they rammed through a $1.9 trillion tax cut without any offsetting cost savings. The handful of Democrats still balking at Biden’s Build Back Better plan, which would invest in people in addition to steel and concrete, have held up a vote by demanding a cost estimate from the Congressional Budget Office. But they don’t seem to mind the fact that the physical infrastructure bill is partly paid for with smoke and mirrors and that the C.B.O. estimates that it will add hundreds of billions to the deficit.

As it happens, many economists now believe that given low interest rates, we actually shouldn’t worry about deficits. But that doesn’t stop politicians from selectively invoking deficit fears as a way to block government programs they don’t like.

In the case of mainstream Republicans, that basically means opposing everything that isn’t military spending. Anything else is “socialism,” which on the right has come to mean spending money in any way that helps ordinary citizens.

Indeed, it’s fairly clear that what conservatives fear isn’t that new government programs will fail; they’re afraid that the programs will be perceived as successful and will help to legitimize an expanded role for government in addressing social problems.

That is, they worry that government programs that actually help people could turn us into a “nation of takers” — maybe even a nation that taxes the rich to pay for aid to those in need.

Given this attitude, the only way Trump could have gotten an infrastructure bill would have been to bypass much of his own party and work with Democrats. But as I said, he wasn’t willing to do that.

Sadly, the handful of Democrats who may yet kill Build Back Better seem to share Republican unwillingness to invest in the future, albeit in milder form. They’re willing to spend on infrastructure, even with borrowed money. But they get cold feet over social spending, even though there’s strong evidence that such spending would greatly help the economy (not to mention their own constituents). Why? Well, Joe Manchin says he’s worried about us becoming an “entitlement society.”

At this point, however, indulging this nonsense would have huge political as well as human costs. Biden’s ability to finally get the infrastructure bill that eluded Trump for four years is an object lesson in what can be achieved if we sideline the ideologues and crony capitalists. Now Democrats should finish the job.

 

In che modo finalmente è arrivata la “settimana delle infrastrutture”,

di Paul Krugman

 

Tredici membri repubblicani della Camera hanno votato la proposta di legge sulle infrastrutture adesso indirizzata al tavolo del Presidente Biden. Può non sembrar molto, ma considerata l’intensità della faziosità del Partito Repubblicano – il perdente nella corsa a Governatore del New Jersey non l’ha ancora ammesso [1] – persino ottenere che molti repubblicani aderiscano ad una iniziativa che aiuta Biden è sorprendente.

Questi voti suggeriscono che i politici credono a quello che indicano i sondaggi – che riparare strade e ponti, espandere le banda larga e altre cose sono immensamente popolari e opporsi alla proposta di legge sarebbe stato politicamente costoso (sei democratici progressisti hanno votato contro la legge, ma Nancy Pelosi, che ha detto di avere un “conteggio segreto dei votanti”, avrebbe potuto ottenere alcuni di quei voti se ne avesse avuto bisogno).

Eppure, se la spesa sulle infrastrutture è vincente, perché non venne approvata sotto Donald Trump? L’Amministrazione Trump dichiarò la prima volta la “Settimana delle Infrastrutture” nel giugno del 2017, ma nessuna proposta di legge si materializzò, e al tempo in cui Trump perse le elezioni la frase era diventata una barzelletta nazionale. Perché?

Non si trattò solo di incompetenza, sebbene essa ebbe la sua parte. La spiegazione più importante è che il Partito Repubblicano odierno è intrinsecamente incapace – oppure, data la condotta recente, dovrebbe essere intrinsecamente incapace – di investire sul futuro dell’America. E, triste a dirsi, i democratici a favore delle grandi società, coloro che davvero dovremmo smetterla di chiamare “centristi”, hanno alcuni degli stessi problemi.

Trump parlò di infrastrutture durante la campagna elettorale del 2016. Ma il “piano” rilasciato dai suoi consiglieri – effettivamente era soltanto un vago abbozzo – era un disastro. In realtà non era neppure una proposta di investimenti pubblici; in larga misura era un esercizio di capitalismo clientelare, uno schema per investimenti privati sussidiati dai contribuenti che, come le “zone di opportunità” [2] che divennero parte del taglio delle tasse del 2017, avrebbero finito con l’inondare di contributi i ricchi imprenditori edili. Per altro era del tutto impraticabile.

Se Trump avesse voluto realizzare qualcosa di concreto, avrebbe dovuto rivolgersi a persone che avevano qualche idea di quello che stavano facendo, o che almeno sapevano come abbozzare una legge. Ma non era disponibile a collaborare con i democratici – e repubblicani importanti nel Congresso, in particolare Mitch McConnell, si opposero ad ogni passaggio ad un investimento significativo sulle infrastrutture.

Perché questa opposizione? In gran parte essa era visibilmente relativa a come pagare la spesa aggiuntiva.  Ovviamente, i repubblicani erano contrari a nuove tasse, specialmente sulle società e sui ricchi; sostenevano anche di essere contro un indebitamento aggiuntivo da parte del Governo.

Ma la prima regola del deficit in politica è che nessuno sul serio si cura dei deficit. Non se ne curarono certamente i repubblicani quando imposero una taglio alle tasse di 1.900 miliardi di dollari senza alcun risparmio a compenso del costo. La manciata di democratici che ancora recalcitrano al programma di Biden del Ricostruire meglio, che in aggiunta all’acciaio e al cemento vorrebbe investire sulle persone, hanno rinviato il voto chiedendo un stima dei costi da parte dell’Ufficio Congressuale del Bilancio (CBO). Ma non sembrano fare attenzione al fatto che la proposta di legge sulle infrastrutture materiali è in parte coperta con fumo negli occhi e che il CBO stima che essa aggiungerà centinaia di miliardi al deficit.

Si dà il caso che molti economisti adesso si siano convinti che dati i bassi tassi di interesse, effettivamente non dovremmo preoccuparci dei deficit. Ma ciò non impedisce ai politici di invocare selettivamente le paure del deficit come un modo per bloccare i programmi del Governo che non gradiscono.

Nel caso della componente principale dei repubblicani, ciò fondamentalmente significa opporsi a tutto quello che non è spesa militare. Tutto il resto è “socialismo”, che per la destra ha finito per significare spendere soldi in tutti i modi che aiutano i cittadini normali.

In effetti, è abbastanza chiaro che quello che i conservatori temono non è che i programmi del nuovo Governo non vadano a buon fine; sono spaventati che i programmi abbiano successo e contribuiscano a legittimare un ruolo più ampio del Governo nell’affrontare i problemi sociali.

Cioè, si preoccupano che i programmi del Governo che effettivamente sono utili alla gente ci trasformino in una “nazione di assistiti” – forse addirittura in una nazione che tassa i ricchi per finanziare gli aiuti a chi ne ha bisogno.

Data questa inclinazione, il solo modo in cui Trump poteva ottenere una proposta di legge sulle infrastrutture sarebbe stato aggirare una buona parte del suo stesso partito e collaborare con i democratici. Ma, come ho detto, quello non era disponibile a farlo.

Triste a dirsi, la manciata di democratici che possono ancora liquidare il Ricostruire meglio sembra condividere l’indisponibilità dei democratici a investire nel futuro, sebbene in una forma più leggera. Sono disponibili a spendere sulle infrastrutture, persino con soldi presi a prestito. Ma sulla spesa sociale hanno i sudori freddi, anche se ci sono forti prove che tale spesa aiuterebbe moltissimo l’economia (per non dire le loro stesse basi elettorali). Perché? Ebbene, Joe Manchin dice di essere preoccupato che si stia diventando una “società dei diritti”.

Questo punto, tuttavia, indulgere in questa insensatezza avrebbe enormi costi sia politici che umani. La abilità di Biden che alla fine ha ottenuto le legge sulle infrastrutture che sfuggì a Trump per quattro anni è una lezione pratica di ciò che si può realizzare se si mettono ai margini gli ideologi ed i capitalisti delle clientele. Adesso i democratici dovrebbero finire il lavoro.   

 

 

 

 

 

[1] Nelle recenti elezioni statali del New Jersey, il Governatore democratico uscente Phil Murphy è avanti sui suo sfidante repubblicano Jack Ciattarelli di circa il 3 per cento; ma il Ciattarelli si rifiuta ancora di riconoscere il risultato.

[2] Da quanto ricordo, era una previsione di aree con normative particolarmente favorevoli alle società immobiliari (contributi, sgravi fiscali, normative sul lavoro etc.), singolarmente simili alle ‘aree speciali’ che talora nei paesi più poveri divengono come enclave degli investimenti di società straniere.

 

 

 

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