Nov. 11, 2021
By Paul Krugman
Back in July the White House’s Council of Economic Advisers posted a thoughtful article to its blog titled, “Historical Parallels to Today’s Inflationary Episode.” The article looked at six surges in inflation since World War II and argued persuasively that current events don’t look anything like the 1970s. Instead, the closest parallel to 2021’s inflation is the first of these surges, the price spike from 1946 to 1948.
Wednesday’s consumer price report was ugly; inflation is running considerably hotter than many people, myself included, expected. But nothing about it contradicted C.E.A.’s analysis — on the contrary, the similarity to early postwar inflation looks stronger than ever. What we’re experiencing now is a lot more like 1947 than like 1979.
And here’s what you need to know about that 1946-48 inflation spike: It was a one-time event, not the start of a protracted wage-price spiral. And the biggest mistake policymakers made in response to that inflation surge was failing to appreciate its transitory nature: They were still fighting inflation even as inflation was ceasing to be a problem, and in so doing helped bring on the recession of 1948-49.
About Wednesday’s price report: It looked very much like the classic story of inflation resulting from an overheated economy, in which too much money is chasing too few goods. Earlier this year the rise in prices had a narrow base, being driven largely by food, energy, used cars and services like air travel that were rebounding from the pandemic. That’s less true now: It looks as if demand is outstripping supply across much of the economy.
One caveat to this story is that overall demand in the United States actually doesn’t look all that high; real gross domestic product, which is equal to real spending on U.S.-produced goods and services, is still about 2 percent below what we would have expected the economy’s capacity to be if the pandemic hadn’t happened. But demand has been skewed, with consumers buying fewer services but more goods than before, putting a strain on ports, trucking, warehouses and more. These supply-chain issues have been exacerbated by the global shortage of semiconductor chips, together with the Great Resignation — the reluctance of many workers to return to their old jobs. So we’re having an inflation spurt.
On the plus side, jobs have rarely been this plentiful for those who want them. And contrary to the cliché, current inflation isn’t falling most heavily on the poor: Wage increases have been especially rapid for the lowest-paid workers.
So what can 1946-48 teach us about inflation in 2021? Then as now there was a surge in consumer spending, as families rushed to buy the goods that had been unavailable in wartime. Then as now it took time for the economy to adjust to a big shift in demand — in the 1940s, the shift from military to civilian needs. Then as now the result was inflation, which in 1947 topped out at almost 20 percent. Nor was this inflation restricted to food and energy; wage growth in manufacturing, which was much more representative of the economy as a whole in 1947 than it is now, peaked at 22 percent.
But the inflation didn’t last. It didn’t end immediately: Prices kept rising rapidly for well over a year. Over the course of 1948, however, inflation plunged, and by 1949 it had turned into brief deflation.
What, then, does history teach us about the current inflation spike? One lesson is that brief episodes of overheating don’t necessarily lead to 1970s-type stagflation — 1946-48 didn’t cause long-term inflation, and neither did the other episodes that most resemble where we are now, World War I and the Korean War. And we really should have some patience: Given what happened in the 1940s, pronouncements that inflation can’t be transitory because it has persisted for a number of months are just silly.
Oh, and for what it’s worth, the bond market is in effect predicting a temporary bump in inflation, not a permanent rise. Yields on inflation-protected bonds maturing over the next couple of years are strongly negative, implying that investors expect rapid price rises in the near term. But longer-term market expectations of inflation have remained stable.
Another lesson, which is extremely relevant right now (hello, Senator Manchin), is that an inflation spurt is no reason to cancel long-term investment plans. The inflation surge of the 1940s was followed by an epic period of public investment in America’s future, which included the construction of the Interstate Highway System. That investment didn’t reignite inflation — if anything, by improving America’s logistics, it probably helped keep inflation down. The same can be said of the Biden administration’s spending proposals, which would do little to boost short-term demand and would help long-term supply.
So yes, that was an ugly inflation report, and we hope that future reports will look better. But people making knee-jerk comparisons with the 1970s and screaming about stagflation are looking at the wrong history. When you look at the right history, it tells you not to panic.
La storia ci dice di non farsi prendere dal panico per l’inflazione,
di Paul Krugman
Nel luglio passato il Comitato dei Consiglieri Economici (CEA) della Casa Bianca pubblicò un meditato articolo sul suo blog dal titolo: “Paralleli storici con l’episodio inflazionistico di oggi”. L’articolo osservava sei impennate nell’inflazione dalla Seconda Guerra Mondiale e sosteneva in modo persuasivo che gli attuali eventi non sembrano in alcun modo simili a quelli degli anni ’70. Piuttosto, il parallelo più ravvicinato all’inflazione del 2021 è la prima di queste impennate, il picco dei prezzi dal 1946 al 1948.
Il rapporto sui prezzi al consumo di mercoledì è stato preoccupante; l’inflazione si sta considerevolmente surriscaldando più di quanto in molti, compreso il sottoscritto, si aspettavano. Ma niente che contraddica l’analisi del CEA – al contrario, la somiglianza con l’inflazione del primo dopoguerra sembra più forte che mai. Quello che stiamo sperimentando adesso assomiglia più al 1947 che al 1979.
Ed ecco quello che si deve sapere del picco dell’inflazione del 1946-48: fu un evento isolato, non l’inizio di una perdurante spirale salari-prezzi. E il più grande errore che le autorità fecero in risposta a quella inflazione consistette nel non riuscire a comprendere la sua natura transitoria: esse continuarono a combattere l’inflazione anche quando essa stava cessando di essere un problema, e così facendo contribuirono a determinare la recessione del 1948-49.
A proposito del rapporto sui prezzi di mercoledì: esso è apparso molto simile alla classica spiegazione dell’inflazione provocata da un’economia surriscaldata, nella quale troppi soldi inseguono troppo pochi prodotti. Agli inizi di quest’anno l’aumento dei prezzi aveva una base ristretta, essendo in gran parte guidato dagli alimenti, dalle macchine usate e da servizi come il traffico aereo che avevano un rimbalzo dalla pandemia. Questo oggi è meno vero: sembra come se la domanda stia distanziando l’offerta in buona parte dell’economia.
Una riserva a questa spiegazione è che la domanda complessiva negli Stati Uniti non sembra oggi così alta; il prodotto interno lordo reale, che è pari alla spesa reale sui beni ed i servizi prodotti negli Stati Uniti, è ancora circa il 2% al di sotto di quello che ci aspetteremmo dalla capacità dell’economia se la pandemia non fosse accaduta. Ma la domanda è stata distorta, con i consumatori che comprano meno servizi ma più oggetti di prima, mettendo sotto sforzo i porti, gli autotrasporti, gli stoccaggi ed altro. Questi problemi dal lato dell’offerta sono stati esacerbati dalla scarsità di semiconduttori, assieme alla Grande Dismissione – la riluttanza di molti lavoratori a tornare ai loro vecchi posti di lavoro. È così che abbiamo un impulso all’inflazione.
L’aspetto positivo è che i posti di lavoro sono stati raramente così abbondanti per coloro che li vogliono. Al contrario del luogo comune, l’attuale inflazione non sta ricadendo più pesantemente sui poveri: gli aumenti salariali sono stati particolarmente rapidi per i lavoratori con le paghe più basse [1].
Dunque, gli anni 1946-48 cosa possono insegnarci sull’inflazione del 2021? Allora come oggi c’era una impennata nella spesa sui consumi, quando le famiglie si precipitarono a comprare i beni che erano indisponibili nei tempi di guerra. Allora come oggi la conseguenza fu l’inflazione, che nel 1947 raggiunse il massimo di circa il 20 per cento. Neppure quella inflazione era ristretta ai generi alimentari e all’energia; la crescita dei salari nel settore manifatturiero, che era molto più rappresentativa dell’economia nel suo complesso nel 1947 che non oggi, balzò al 22 per cento.
Ma l’inflazione non durò. Essa non si interruppe immediatamente; i prezzi continuarono a salire rapidamente per ben più di un anno. Nel corso del 1948, tuttavia, l’inflazione crollò, e col 1949 si era trasformata in una breve deflazione.
Cosa, dunque, ci insegna la storia a proposito dell’attuale picco di inflazione? Una lezione è che i brevi episodi di surriscaldamento non portano necessariamente ad una stagflazione del tipo degli anni ’70 – il periodo 1946-48 non provocò una inflazione a lungo termine, e neppure la provocarono gli altri episodi che più assomigliano alla situazione di oggi, la Prima Guerra Mondiale e la Guerra di Corea. E dovremmo davvero avere un po’ di pazienza: dato quello che accadde negli anni ’40, le affermazioni secondo le quali essa non può essere transitoria giacché è proseguita per un certo numero di mesi, sono proprio sciocche.
Infine, per quello che conta, il mercato obbligazionario sta un effetti prevedendo un rialzo temporaneo nell’inflazione, non una crescita permanente. I rendimenti sulle obbligazioni protette dall’inflazione che vanno a scadenza nel corso dei prossimi due anni sono fortemente negativi, il che implica che gli investitori si aspettano nel breve termine rapide ascese dei prezzi. Ma le aspettative di mercato nel più lungo termine sono rimaste stabili.
Un’altra lezione, che è estremamente rilevante in questo momento (mi rivolgo a lei, Senatore Manchin [2]), è che la accentuazione dell’inflazione non è una ragione per cancellare i programmi a lungo termine di investimento. L’impennata dell’inflazione negli anni ’40 fu seguita da un periodo fantastico di investimenti pubblici sul futuro dell’America, che comprese la costruzione del Sistema Interstatale delle Autostrade. Quell’investimento non riaccese l’inflazione – semmai, migliorando i sistemi della logistica americana, probabilmente contribuì a tenerla bassa Lo stesso si può dire per le proposte di spesa dell’Amministrazione Biden, che farebbero poco per incoraggiare la domanda a breve termine mentre contribuirebbero a incoraggiare l’offerta a lungo termine.
Dunque, è vero che abbiamo avuto un brutto rapporto sull’inflazione, e speriamo che quelli futuri siano migliori. Ma le persone che fanno confronti impulsivi con gli anni ’70 e strepitano alla stagflazione stanno osservando la storia sbagliata. Se si guarda alla storia giusta, essa vi dice di non farsi prendere dal panico.
[1] Nella connessione appare questa tabella, già pubblicata da Krugman su Twitter:
Come si vede, gli aumenti salariali dei lavoratori con le paghe più basse (il primo quintile, nella linea verde), che dal 2015 crescono maggiormente degli altri quintili e del dato medio (linea blu), sono particolarmente in crescita nel 2021.
[2] Come è abbastanza noto, il Senatore Joe Manchin della Virginia Occidentale è un democratico (assai moderato) che in queste settimane ha fatto parlare di sé per le sue posizioni ostili ai programma di spesa di Biden, in particolare in materia di iniziative contro il cambiamento del clima.
By mm
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