Dec. 10, 2021
By Paul Krugman
Today’s consumer price report came as a huge surprise to almost everyone — because the numbers came in almost exactly in line with expectations, which basically never happens. Analysts whose job is to forecast what official numbers will say a few hours before they come out — a job of dubious usefulness, but whatever — expected the one-year rate of inflation to come in at 6.8 percent; it came in at … 6.8 percent. “Core” inflation that strips out volatile food and energy prices came in right on expectations too.
If there was any information content in today’s release, it was that extreme scenarios in both directions became a bit less likely. There wasn’t anything in the report suggesting that inflation is rapidly spiraling upward; nor was there anything lending comfort to those hoping to see inflation fade away in the next few months. For what it’s worth, financial markets appear to have taken onboard the reduction in risks of really high inflation: “breakeven rates,” which measure market expectations of the inflation rate over the next few years, came down modestly. But nothing major happened.
That said, the headline number is highly likely to come down over the next few months, if only because the big run-up of oil prices from their pandemic lows seems to have gone into reverse:
Oil wells that end well?Credit…Bloomberg
Some other components may also be coming down — or will at least stop rising rapidly. Hyun Song Shin, head of research for the influential Bank for International Settlements, recently made the case that a lot of recent inflation reflects the “bullwhip effect”: panic or at least precautionary buying of goods that seem to be in short supply, which intensifies the shortage. Remember last year’s toilet paper shortage?
Shin points out, among other things, that shipping costs, while still very high, seem to have peaked:
Containers contained?Credit…Bank for International Settlements
But even if you try to adjust for special circumstances, underlying inflation appears to be running high by recent standards, maybe around 4 percent instead of the 2 percent that is the Fed’s target and has been the norm since the mid-1990s. This in turn reflects an economy in which spending is more or less back to the prepandemic trend but production is constrained both by bottlenecks and by the withdrawal of several million Americans from the labor force.
As an aside, 4 percent inflation isn’t hyperinflation; it isn’t even the double-digit inflation of the 1970s. In fact, whether they know it or not, Americans of a certain age can attest that it’s not so bad. It was, after all, the inflation rate that prevailed for much of the Reagan years — you know, after morning in America:
Those horrible 1980s.Credit…FRED
I, at least, don’t remember the late 1980s as hellish.
Still, the Fed would consider a sustained doubling of the inflation rate a blow to its credibility. So how long will elevated inflation last?
The secret answer (don’t tell anyone) is that we don’t know.
I still think the most likely scenario is a minor-league version of the 1946-48 inflation spike, when pent-up demand after the end of wartime rationing caused an inflationary boom — inflation peaked at around 20 percent — but price stability quickly and more or less painlessly re-emerged once the spending surge was over. I still don’t see any evidence that 1970s-type stagflation, in which everyone kept raising prices because they expected everyone else to keep raising prices, is emerging.
But today’s numbers neither reinforced nor challenged my beliefs. This report was shockingly unsurprising.
La suspense dell’inflazione va avanti,
di Paul Krugman
Il rapporto di oggi sui prezzi al consumo è stato una grande sorpresa quasi per tutti – dato che i numeri erano quasi esattamente in linea con le aspettative, il che fondamentalmente non succede mai. Gli analisti il cui lavoro consiste nel prevedere, poche ore prima che escano, cosa diranno i numeri ufficiali – un lavoro di dubbia utilità, ma pazienza – si aspettavano che il tasso annuale di inflazione arrivasse al 6,8 per cento, ed è arrivato esattamente al 6,8 per cento. Anche l’inflazione “sostanziale” che esclude i prezzi volatili dei generi alimentari e dell’energia è arrivata proprio come era nelle aspettative.
Se c’è stato un qualche contenuto informativo nella pubblicazione odierna, esso è stato che gli scenari estremi in entrambe le direzioni sono diventati un po’ meno probabili. Non c’era niente nel rapporto che suggerisse che l’inflazione stia rapidamente impennando verso l’alto; non c’era neanche niente che desse conforto a coloro che sperano di vedere l’inflazione uscire di scena entro pochi mesi. Per quallo che vale, i mercati finanziari sembrano aver fatta propria l’idea di una riduzione dei rischi di una inflazione davvero elevata; il “tasso di pareggio”, che misura le aspettative di mercato sul tasso di inflazione entro i prossimi anni, è sceso modestamente. Ma non è successo niente di importante.
Ciò detto, il dato complessivo è molto probabile scenda nel corso dei prossimi mesi, se non altro perché la grande corsa dei prezzi del petrolio rispetto ai loro minimi pandemici sembra essere indirizzata ad un rovesciamento:
I pozzi del petrolio vanno verso il meglio? Fonte: FRED [1]
Alcune altre componenti potrebbero essere in discesa – o almeno potrebbero interrompere la rapida ascesa. Hyun Song Shin, capo delle ricerche presso l’influente Banca dei Regolamenti Internazionali, ha poco tempo fa avanzato la tesi che buona parte della recente inflazione rifletta l’ “effetto frusta”; il panico o almeno gli acquisti precauzionali di beni che sembrano essere a corto di offerta, il che intensifica la scarsità. Ricordate le scarsità dell’anno passato di carta igienica? Shin mostra, tra le altre cose, che i costi delle spedizioni via nave, se ancora restano molto elevati, sembrano aver toccato il livello massimo:
Contenuti i container? Fonte: Banca dei Regolamenti Internazionali
Ma persino se si cerca di fare aggiustamenti per le circostanze speciali, l’inflazione sottostante sembra per gli standard recenti salire velocemente, forse attorno al 4 per cento anziché al 2 per cento, che è l’obbiettivo della Fed ed è stata la ragole dalla metà degli anni ’90. Questo a sua volta riflette un’economia nella quale la spesa è più o meno tornata alla tendenza prepandemica, ma la produzione è limitata sia dalle strozzature che dal ritiro di vari milioni di americani dalle forze di lavoro.
Per inciso, il 4 per cento di inflazione non è l’iperinflazione; non è nemmeno l’inflazione a doppia cifra degli anni ’70. Di fatto, che lo sappiano o no, gli americani di una certa età possono testimoniare che non è così malvagia. Dopo tutto, era il tasso di inflazione che prevalse per gran parte degli anni di Reagan – sapete, quando era tornato “di nuovo giorno” in America [2]:
Quegli orribili anni ’80. Fonte: FRED
Almeno io, non ho memoria di quella fine degli anni ’80 come infernale.
Eppure la Fed considererebbe un prolungato raddoppio del tasso di inflazione come un colpo alla sua credibilità. Dunque, quanto l’inflazione rimarrà elevata?
La risposta segreta (non ditela a nessuno) è che che non lo sappiamo.
Io penso ancora che lo scenario più probabile sia una versione di minore entità del picco di inflazione tra il 1946 e il 1948, quando una domanda repressa dopo il razionamento del tempo di guerra provocò un boom inflazionistico – l’inflazione si impennò attorno al 20 per cento – ma la stabilità dei prezzi rapidamente e in modo più o meno indolore riemerse una volta che la crescita della spesa terminò. Ancora non vedo nessuna prova che stia emergendo una stagflazione del genere degli anni ’70, nelle quale tutti continuavano ad aumentare i prezzi perché si aspettavano che gli altri continuassero ad aumentare i prezzi.
Ma i dati di oggi non confermano né sfidano i miei convincimenti. Questo rapporto è stato monotono in modo impressionante.
[1] La tabella è chiara, indica l’andamento dei prezzi del petrolio dal 2017 ad oggi. Il commento è intraducibile, perché di basa sulla quasi identica pronuncia in lingua inglese dell’espressione “Tutto è bene quel che finisce bene?” (“all’s well that ends well?”) e di quella “I pozzi del petrolio vanno a finir bene?” (“Oil wells that end well?”)
[2] Reagan ottenne il secondo mandato presidenziale nel 1984 e l’America cominciò a riprendersi con il 1983. L’espressione “Morning in America” fu il titolo di una fortunata trasmissione radiofonica reaganiana di quegli anni, che ebbe un certo effetto nella vittoria elettorale repubblicana. E, come si vede dalla tabella, gli anni dal 1985 al 1990 conobbero tassi di inflazione attorno al 4/5 per cento.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"