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Signor Biden, la sua buona economia non si rivende da sola, di Paul Krugman (New York Times, 17 febbraio 2022)

 

Feb. 17, 2022

Mr. Biden, Your Good Economy Won’t Sell Itself

By Paul Krugman

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Thirteen months into the Biden administration, Democrats face a troubling paradox. By many measures the economy has done very well, hugely outperforming expectations for growth and job creation. A record number of Americans say that it’s a good time to find a quality job. But inflation has spiked, consumer sentiment has plunged, and polls show that economic perceptions are currently a big liability for their party.

How should President Biden talk about this situation? Obviously he needs to acknowledge the inflation problem. But there’s a debate among pundits, and presumably within the party’s inner circles, about how much he should tout his achievements. Some commentators seem to believe that emphasizing the good news would be a mistake, that his best move would be to demonstrate that he’s in touch by acknowledging that things have gone wrong — that he should, in effect, ratify negative narratives about the economy.

Well, I remember the 1970s, and if you ask me, pundits calling on Biden to show “humility” seem to be suggesting that he should give a version of Jimmy Carter’s infamous “malaise” speech.

Furthermore, if Biden emphasizes the positive he will have reality on his side. I’ve been arguing for a while that the economy is doing much better than either consumer surveys or polling suggest. And two important new studies reinforce that case.

The first study, by researchers at the Federal Reserve Bank of Dallas, involves real wages — wages corrected for inflation. I’ve seen many articles simply asserting as fact that wages haven’t kept up with inflation. But is that true?

You might think this is a simple question to answer — just compare average wages with the level of prices. But the pandemic has messed up such comparisons by skewing the composition of the work force. In 2020 average wages went up a lot, not because individual workers were getting big raises, but because the millions of Americans laid off were disproportionately in low-paid occupations like restaurant work. Those same occupations have led the recovery in employment over the past year, so that true wage growth has been higher than the average might suggest.

The Dallas Fed study, which attempted to correct for these effects, found that real wages actually rose in 2021, although they slipped slightly in the second half of the year.

I’m not saying that workers are doing great — they aren’t. Nor should we take this study as the final word; maybe real wages are actually down a bit rather than up a bit. But these estimates are inconsistent with claims that workers have suffered large declines in their purchasing power.

And in terms of the politics, it seems worth noting a historical comparison: Real wages for blue-collar workers declined fairly consistently over the course of Ronald Reagan’s presidency, despite the 1985-86 plunge in world oil prices. Yet Republicans won not one but two landslide presidential election victories in the 1980s largely on the strength of perceived economic success.

Still, people dislike inflation even when their incomes are keeping up, perhaps because inflation creates a sense that things are out of control. This helps explain the decline in consumer sentiment over the past year, although both The Times’s Nate Cohn and I have found that the decline in confidence is bigger than you would have expected even given inflation aversion.

But there’s more. Researchers at the Federal Reserve Bank of New York point out that their bank’s survey of consumers, like other surveys, says that Americans expect high inflation this year but don’t expect it to persist. Furthermore, longer-term expectations of inflation have become less responsive to current price increases than they were in the past — which is the opposite of what you’d expect to see if people really perceived an economy spinning out of control.

So Americans aren’t suffering big declines in real wages, and they see inflation as temporary, not a runaway phenomenon. Why, then, hasn’t the good economic news on other fronts made them more upbeat?

Maybe because, for whatever reason, they haven’t heard that good news.

There are many indicators of a large divergence between what people say about their own situation — which they rate as pretty good, financially and otherwise — and what they say about what’s happening to the nation as a whole. That is, they imagine that others are doing badly even though they themselves are doing OK.

Some of this represents immovable partisanship — nothing will convince Republicans that things aren’t terrible. But as Greg Sargent of The Washington Post points out, recent polling finds that when voters are presented with information about the good news on jobs, growth and unemployment, their assessment of the economy — and of Democrats — improves substantially.

So Biden should indeed talk about his successes. He shouldn’t ignore the negatives — although denial of awkward reality has historically worked well for Republicans. But he should tout the good things that have happened on his watch. After all, if he won’t, who will? A good economy won’t sell itself.

 

Signor Biden, la sua buona economia non si rivende da sola,

di Paul Krugman

 

Con l’Amministrazione Biden in carica da tredici mesi, i democratici si trovano di fronte ad un inquietante paradosso. Da molti punti di vista l’economia è andata benissimo, superando grandemente le aspettative nella crescita e nella creazione di posti di lavoro. Un numero record di americani ritiene che sia un buon momento per trovare un posto di lavoro di qualità. Ma si è impennata l’inflazione, gli umori dei consumatori sono precipitati e i sondaggi mostrano che le percezioni sull’economia in questo momento sono un grande ostacolo per il loro partito.

Come dovrebbe rappresentare il Presidente Biden questa situazione? Naturalmente, egli deve riconoscere il problema dell’inflazione. Ma c’è un dibattito tra i commentatori, e presumibilmente nella cerchia ristretta del suo partito, su quanto egli dovrebbe cercar di promuovere le sue realizzazioni. Alcuni commentatori sembrano credere che enfatizzare le buone notizie sarebbe uno sbaglio, che la sua mossa migliore sarebbe dimostrare che egli è in sintonia con la gente riconoscendo che le cose non sono andate bene – in sostanza, che dovrebbe confermare i racconti negativi sull’economia.

Ebbene, io mi ricordo degli anni ’70, e se volete il mio parere i commentatori che chiedono a Biden di mostrare “umiltà” [1] sembra stiano suggerendo che egli dovrebbe fornire una versione del famigerato discorso sul “malessere” di Jimmy Carter [2].

Oltretutto, se Biden enfatizza gli aspetti positivi egli avrà la realtà dalla sua parte. Da un po’ sto sostenendo che l’economia è molto migliore di quanto indicano sia le indagini tra i consumatori che i semplici sondaggi d’opinione [3]. E due importanti studi recenti rafforzano quell’argomento.

Il primo studio, a cura di ricercatori della Federal Reserve di Dallas, riguarda i salari reali, ovvero i salari corretti per l’inflazione. Ho letto molti articoli che semplicisticamente considerano come un fatto che i salari non stiano al passo con l’inflazione. Ma è vero?

Potreste pensare che la risposta a tale domanda sia semplice – che basti confrontare i salari medi con il livello dei prezzi. Ma la pandemia ha molto complicato tali confronti, stravolgendo la composizione della forza lavoro. Nel 2020 i salari reali sono molto cresciuti, non perché i singoli lavoratori stessero ottenendo grandi aumenti, ma perché i milioni di americani licenziati si collocavano in modo sproporzionato nei lavori a bassi compensi come nel settore della ristorazione. Quelle stesse occupazioni l’anno passato hanno portato alla ripresa dell’occupazione, cosicché la crescita reale dei salari è stata più alta di quello che suggerirebbero le medie.

Lo studio della Fed di Dallas, che ha tentato di correggere queste distorsioni, ha scoperto che i salari reali sono effettivamente cresciuti nel 2021, sebbene siano leggermente scivolati nella seconda metà dell’anno.

Non sto dicendo che i lavoratori se la passino bene – non sono in quella situazione. E neanche che dovremmo considerare questo studio come l’ultima parola; forse i salari reali sono un po’ più in basso piuttosto che un po’ più in alto. Ma queste stime non confermano certo che i lavoratori stiano soffrendo grandi cali nel loro potere d’acquisto.

E dal punto di vista della politica, sembra sia il caso di notare un confronto storico:  i salari reali per i lavoratori manifatturieri calarono in modo abbastanza costante nel corso della Presidenza di Ronald Reagan, nonostante il crollo nel 1985-86 dei prezzi del petrolio. Tuttavia i repubblicani ottennero non una ma due vittorie schiaccianti nelle elezioni presidenziali degli anni ’80, in gran parte per la forza con la quale si percepì il successo dell’economia.

Eppure, alle persone l’inflazione non piace neppure quando i loro redditi sono in crescita, forse perché l’inflazione crea la sensazione che le cose siano fuori controllo. Questo contribuisce a spiegare il declino degli umori dei consumatori nel corso dell’anno passato, sebbene Nate Cohn del Times e  il sottoscritto abbiamo scoperto che il declino della fiducia è maggiore di quello che ci si sarebbe aspettati anche considerato il malessere per l’inflazione.

Ma c’è di più. I ricercatori della Federal Reserve di New York hanno messo in evidenza che il sondaggio della loro banca sui consumatori, come altri sondaggi, dicono che gli americani si aspettano per quest’anno alta inflazione, ma non si aspettano che persista. Inoltre, le aspettative a più lungo termine sull’inflazione sono diventate  meno reattive agli attuali aumenti dei prezzi di quanto fossero nel passato – il che è l’opposto di quello che vi aspettereste di vedere se le persone davvero percepissero un’economia che gira fuori controllo.

Dunque, gli americani non stanno soffrendo grandi cali nei salari reali e pensano che l’inflazione sia un fenomeno temporaneo e non fuori controllo. Perché, dunque, le buone notizie su altri fronti dell’economia non li rendono più ottimisti?

Forse perché, per una qualche ragione, non hanno sentito parlare di quelle buone notizie.

Ci sono molti indicatori di un grande divario tra quello che le persone dicono della loro condizione personale – che esse stimano abbastanza positivamente, finanziariamente e da altri punti di vista – e quello che dicono su quanto sta accadendo alla nazione nel suo complesso. Ovvero, si immaginano che gli altri stiano andando male anche se essi, per loro conto, se la cavano bene.

In parte questo è il riflesso di una irriducibile faziosità – niente convincerà i repubblicani che le cose non siano terribili. Ma come mette in evidenza Greg Sargent del Washington Post, un recente sondaggio scopre che quando agli elettori viene fornita un’informazione sulle buone notizie sui posti di lavoro, sulla crescita e sulla disoccupazione, il loro giudizio sull’economia – e sui democratici – migliora sostanzialmente.

Dunque, Biden dovrebbe piuttosto parlare dei suoi successi. Egli non dovrebbe ignorare gli aspetti negativi – per quanto nella storia negare una realtà imbarazzante  abbia fatto un buon servizio ai repubblicani. Ma dovrebbe promuovere le cose positive che sono accadute sotto la sua Presidenza. Dopo tutto, se non lo farà lui, chi lo farà? Una buona economia non si rivende da sola.

 

 

 

 

 

[1] Il consiglio di “mostrare umiltà” è venuto in questi giorni da un articolo, sempre sul New York Times, di David Axelrod, il principale stratega della campagna elettorale di Obama nel 2008.

[2] In quel discorso, Carter riconosceva che le cose non stavano andando bene, e diceva di aver fatto la scelta di ascoltare la gente, ovvero di mettersi in sintonia con le loro preoccupazioni.  Come è noto, non gli portò bene.

[3] Credo che normalmente i termini “survey” e “polling” sarebbero entrambi tradotti in italiano con “sondaggi”. Se, come in questo caso, vengono presentati distintamente, probabilmente significa che si intende alludere alle loro differenze tecniche. Un “survey” è una indagine più lunga e complessa, che indaga vari comportamenti degli intervistati per giudicarne il loro effetto complessivo, anche con l’utilizzo di algoritmi nella stima del loro finale significato. Un “poll” è un semplice quesito, spesso condotto telefonicamente, con il quale si misura esclusivamente la reazione dell’intervistato ad una questione specifica.

Per chi fosse interessato, John Maynard Keynes aveva di passaggio indagato questa attitudine degli americani a queste forme di talora fuorviante ‘simulazione’ della democrazia. Ad esempio, aveva messo in evidenza come alcuni “polls” assomigliavano a quelli che un tempo erano i concorsi di bellezza sui giornali americani: poiché ciò che contava in quei concorsi era la capacità di chi partecipava alle gare di indovinare chi sarebbe stata la fanciulla vincente, coloro che partecipavano a tali sondaggi non giudicavano con i loro personali criteri la avvenenza delle partecipanti, ma giudicavano secondo il metro di misura che pensavano avrebbe adottato la maggioranza delle persone. Non giudicavano chi fosse la più bella, ma chi sarebbe stata giudicata la più bella.

 

 

 

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