MARCH 16, 2022
Amir Handjani
Energy prices are soaring to levels not seen in a decade. Media attention has rightly focused on the price that consumers are paying at the gas pump, but there has been less of a spotlight on the price of “soft” commodities such as wheat, corn, and sunflower oil, all of which hit record highs since the Russian invasion of Ukraine
These commodities are essential to human consumption from everything to bread that we eat and the food that animals such as cows, chickens, and pigs consume, and are sources of protein for many in the world.
Already reeling from a supply chain that has been wrecked by the COVID-19 pandemic and runaway inflation, consumers are about to face a commodities super cycle that will see the price of essential “kitchen table” items — like a box of cereal or a loaf of bread — soar. Here is why: Russia and Ukraine are so called “breadbasket” countries. Russia is the top exporter of wheat worldwide; it accounts for 20 percent of global supply.
Meanwhile, Ukraine is the sixth top exporter of wheat and produces about 8 percent of global supply. Ukraine is blessed with black soil known as “chernozem” and is the world’s leader in sunflower oil and a top 10 exporter of corn, rapeseed, and barley. Europe, the Middle East, and China are leading destinations for Russia and Ukraine agri-commodities.
The commodities markets are pricing in this conflict and the signs point to prices we have never seen for food that is necessary for global consumption. The benchmark UN food price index has hit a record high, rising by 40 percent since the pandemic began. Meanwhile, wheat prices closed at record highs on the Chicago Board of Trade last week. Corn, Soybean, and Sunflower oil are not too far behind.
The populations that will suffer the most are those in poorer countries such as Pakistan, Bangladesh, Egypt, Lebanon, and Morocco, which get over 40 percent of their corn and wheat from the Black Sea region. As the UN report states, “These countries are already grappling with hunger issues and where further food shortages and price increases could stoke social unrest.” As for the consequences of this situation, one only needs to look at the role the rise in food prices from 2007-2010 played in stoking the Arab Uprising.
As Russia’s war machine continues to press its campaign in Ukraine, and the United States and Europe continue to pile on sanctions, it is very likely that the Kremlin will weaponize the food chain to pressure its adversaries and remind them of the sway Moscow holds over the commodities market. Even though there are no EU or U.S. sanctions on Russian commodities exports, the West has shut down Russia’s access to banking and technology. Therefore the Kremlin will become more protectionist and make it difficult for the private sector to export goods like wheat, corn, and fertilizer (of which Russia is a top 5 producer). Already Moscow has announced an embargo on wheat to its poor neighbors in the Eurasian Economic Union and put an export ban on potash and phosphates-essential ingredients in fertilizer to the outside world.
While the United States and its allies can take comfort in “un-plugging” Russia from the global economy for its aggression in Ukraine, the risks of pulling the world into a global recession, a food crisis, and social unrest are rising. Sanctions of this scale have been used on countries such as Iran, Venezuela, and North Korea in the past, but they are small players in the global economy.
The world can adjust quickly to life without Iranian and Venezuelan oil, but an economy of the size and scale of Russia which produces many of the commodities that we use and consume in everyday life is unprecedented. We are truly in uncharted waters and seemingly unprepared for the consequences.
Because Europe lacks alternative energy sources, Western sanctions have so far left the lifeblood of the Russian economy mostly untouched — its ability to export oil and gas to Europe and for Russian banks that process those payments. But it doesn’t appear that similar consideration has been given to the consequences of Russia no longer being part of the global food supply chain.
Americans and Europeans aren’t accustomed to the after effects of sanctions against rogue states because they are in distant lands and have no direct impact on their everyday lives. Iran and North Korea’s ability to rattle the global economy is a nuisance. Russia can and has clapped back, and soon families in the United States and Europe will be having discussions about the high prices of corn flakes, bread, and meat. For many of us, it will be a crash course on the impact of sanctions.
La guerra in Ucraina sta provocando un “super ciclo [1]” nelle materie prime ed una probabile crisi alimentare globale,
di Amir Handjani
I prezzi dell’energia si stanno impennando a livelli che non si vedevano da decenni. L’attenzione dei media si è giustamente concentrata sui prezzi che i consumatori stanno pagando per la benzina ai distributori, ma i riflettori sono molto meno concentrati sul prezzo delle materie prime “leggere” come il grano, il granturco e l’olio di girasole, che dalla invasione russa dell’Ucraina stanno raggiungendo prezzi record.
Queste materie prime sono essenziali per il consumo umano di ogni cosa, sino al pane che mangiamo e agli alimenti che consumano gli animali come le mucche, le galline ed i maiali, e per molti al mondo sono le fonti delle proteine.
Già vacillando per una catena dell’offerta che è stata danneggiata dalla pandemia del Covid-19 e da una inflazione fuori controllo, i consumatori sono prossimi a fronteggiare un ‘super ciclo’ delle materie prime per il quale vedremo salire alle stelle il prezzo di articoli essenziali del “tavolo di cucina” – come una scatola di cereali o una fetta di pane. La ragione è la seguente: la Russia e l’Ucraina sono i cosiddetti paesi del “cestino del pane”. La Russia è il principale esportatore mondiale di grano; pesa per il 20 per cento dell’offerta globale.
Nello stesso tempo, l’Ucraina è il sesto principale esportatore di grano e produce circa l’8 per cento dell’offerta globale. L’Ucraina è benedetta dalle terre nere conosciute come “chernozem” [2] ed è il leader mondiale nell’olio di girasole e tra i primi dieci esportatori di granturco, di semi di colza e di orzo. L’Europa, il Medio Oriente e la Cina sono le principali destinazioni delle materie prime agricole della Russia e dell’Ucraina.
I mercati delle materie prime stanno fissando i prezzi nel corso di questo conflitto e i segnali indicano prezzi mai visti per gli alimenti necessari al consumo globale. L’indice di riferimento del prezzo degli alimenti delle Nazioni Unite ha raggiunto un livello record, crescendo del 40 per cento dal momento in cui è cominciata la pandemia. Nel frattempo, i prezzi del grano la scorsa settimana si sono avvicinati, sul tabellone del commercio di Chicago, al massimo storico. Il granturco, la soia e l’olio di girasole, non sono troppo distanti.
Le popolazioni che soffriranno maggiormente sono quelle dei paesi più poveri come il Pakistan, il Bangladesh, l’Egitto, il Libano e il Marocco, che ottengono più del 40 per cento del loro grano e granturco dalla Regione del Mar Nero. Come afferma il rapporto delle Nazioni Unite, “Queste nazioni sono già alle prese con il problema della fame e laddove crescessero la scarsità di cibo e i prezzi, si potrebbe alimentare una rivolta sociale”. Per le conseguenze di questa situazione, basti considerare il ruolo della crescita dei prezzi alimentari giocato dal 2007 al 2010 nel soffiare sul fuoco della Primavera Araba.
Nel mentre la macchina da guerra della Russia continua a spingere la propria campagna in Ucraina, e gli Stati Uniti e l’Europa continuano ad accumulare sanzioni, è molto probabile che il Cremlino utilizzerà come un’arma la catena del cibo per fare pressione sui suoi avversari e ricordare loro l’influenza che Mosca detiene sul mercato delle materie prime. Anche se non ci sono sanzioni europee o statunitensi sulle esportazioni di materie prime russe, l’Occidente ha chiuso l’accesso della Russia alle banche ed alla tecnologia. Di conseguenza il Cremlino diventerà più protezionista e renderà difficile per il settore privato esportare beni come il grano, il granturco ed i fertilizzanti (dei quali la Russia è uno dei cinque maggiori produttori). Mosca ha già annunziato un embargo sul grano ai suoi vicini poveri nell’Unione Economia Euroasiatica [3] ed ha stabilito un bando alle esportazioni sulla potassa e su ingredienti essenziali per i fosfati nei fertilizzanti verso il mondo esterno.
Mentre gli Stati Uniti e i loro alleati possono trovare conforto per aver “staccato la spina” alla Russia dall’economia globale per la sua aggressione in Ucraina, i rischi di spingere il mondo verso una recessione globale, una crisi alimentare ed una rivolta sociale sono crescenti. Sanzioni di questa dimensione sono state utilizzate su paesi come l’Iran, il Venezuela e la Corea del Nord, ma nell’economa globale questi sono attori minori.
Il mondo può rapidamente correggere il suo stile di vita senza il petrolio iraniano o venezuelano, ma un’economia delle dimensioni e della portata della Russia che produce molte delle materie prime che usiamo e consumiamo nella vita quotidiana è senza precedenti. Siamo davvero in acque inesplorate ed apparentemente non preparati alle conseguenze.
Poiché l’Europa manca di fonti energetiche alternative, sinora le sanzioni occidentali hanno lasciato la linfa vitale dell’economia russa – la sua capacità di esportare petrolio e gas all’Europa e quella delle banche russe di trattare i pagamenti – in gran parte intatta. Ma non sembra che considerazioni simili siano state fornite per le conseguenze del non far più parte della Russia alle catena dell’offerta alimentare globale.
Gli americani e gli europei sono abituati agli effetti successivi delle sanzioni contro gli “stati canaglia”, giacché essi avvengono in terre lontane e non hanno un impatto diretto nelle loro esistenze quotidiane. La capacità dell’Iran e della Corea del Nord di innervosire l’economia globale è appena una seccatura. La Russia può controbattere e lo sta facendo, e presto le famiglie negli Stati Uniti e in Europa si ritroveranno a discutere degli alti prezzi dei fiocchi di mais, del pane e della carne. Per molti di noi, sarà una sorta di corso intensivo sull’impatto delle sanzioni.
[1] Per “super ciclo” gli economisti intendono una fase economica che, anziché essere caratterizzata come è normale da alti e bassi, è segnata da un prolungato periodo di espansione, derivante da una crescita della domanda che non può essere soddisfatta dalle potenzialità dell’offerta.
[2] Credo che sia la definizione geologica in lingua russa ed ucraina delle ‘terre nere’ di quelle regioni, che hanno una fertilità unica.
[3] Ovvero, i paesi ex sovietici. Il bando resterà in funzione sino al 30 di giugno e le esportazioni di grano all’interno della quota coperta da licenze individuale continueranno ad essere consentite.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"