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Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina, di Jason Furman (da Project Syndicate, 25 febbraio 2022)

 

Feb 25, 2022

The Economic Consequences of the Ukraine War

JASON FURMAN

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CAMBRIDGE – Russia’s invasion of Ukraine has been rapid and dramatic, but the economic consequences will be much slower to materialize and less spectacular. The war itself is enormously tragic, first and foremost for the Ukrainian people, but also for the Russian people and the global order more generally. When something like this happens, we expect it to be like a morality play in which all the bad consequences play out equally dramatically in every dimension, including the economy. But the economy does not work that way.

True, financial markets reacted swiftly to news of Russia’s invasion. The MSCI All Country World Index, a leading global equity gauge, fell to its lowest level in almost a year. The price of oil rose above $100 a barrel, while European natural gas prices initially surged by almost 70%.

These energy-price increases will negatively affect the global economy. Europe is especially vulnerable, because it did little in recent years to reduce its dependence on Russian gas, and in some cases – notably, Germany, which abandoned nuclear power – even exacerbated it.

Oil-importing countries will experience a headwind from higher prices. The United States is more hedged: Because its oil production is equal to its oil consumption, more expensive oil is roughly neutral for GDP. But higher oil prices will hurt US consumers while helping a more limited segment of businesses and workers tied to the oil and gas industry. The price surge will also add to inflation, which is already at its highest levels in a generation in the US, Europe, and other advanced economies.

But some perspective on these immediate consequences is in order. At $100 a barrel, oil is about one-quarter below its inflation-adjusted price during 2011 to 2014. Moreover, prices for oil futures are lower than spot prices, suggesting that the market expects this increase to be temporary. Central banks may therefore largely look through events in Ukraine, neither holding off on tightening nor speeding it up in response to higher headline inflation. And global stock markets are still up over the last year.

Similarly, although the Russian stock market has fallen significantly since the start of the invasion, Western sanctions are unlikely to have immediate dramatic effects. Sanctions rarely do; they are simply not the economic equivalent of the bombs that Russia is currently dropping on Ukraine.

Moreover, Russia is better prepared than most countries to weather sanctions. The country has been running an enormous current-account surplus and has accumulated record foreign-exchange reserves of $630 billion – sufficient to cover nearly two years of imports. And while Russia is dependent on revenue from Europe, Europeans are dependent on Russia’s oil and gas – which may be even harder to replace in the short run.

But, in the longer term, Russia will likely be the biggest economic loser from the conflict (after Ukraine, whose losses will go well beyond what can be measured in the national accounts). Russia’s economy, and the well-being of its population, have been stagnant since the Kremlin’s 2014 annexation of Crimea. The fallout from its current, large-scale invasion will almost certainly be more severe over time. Sanctions will increasingly take a toll, and Russia’s growing isolation, as well as heightened investor uncertainty, will weaken trade and other economic links. In addition, Europe can be expected to reduce its fossil-fuel dependence on Russia.

The longer-term economic consequences for the rest of the world will be far less severe than they are for Russia, but they will still be a persistent challenge for policymakers. There is a risk, albeit a relatively unlikely one, that higher short-run inflation will become embedded in increasingly unanchored inflation expectations, and thus persist. If that happens, central banks’ already difficult job will become even more complicated.

In addition, defense budgets are likely to rise in Europe, the US, and some other countries to reflect the increasingly dangerous global situation. This will not reduce GDP growth, but it will reduce people’s well-being, because resources dedicated to defense are resources that cannot go toward consumption or investment in education, health care, or infrastructure.

The medium- and long-term consequences for the global economy of Russia’s invasion of Ukraine will depend on choices. By invading, Russia has already made one terrible choice. The US, the European Union, and other governments have made initial choices on sanctions, but it remains to be seen how Russia will react to them or whether further penalties will be imposed. To the extent that sanctions and counter-responses escalate, the costs will be larger – first and foremost for Russia, but also to some degree for the rest of the global economy.

Global economic relations are positive-sum, and Russia’s growing isolation will remove a small positive. More broadly, uncertainty is never good for the economy.

But, as the world continues to respond to the Russian invasion, concerns about GDP seem minor by comparison. Far more important is a world where people and countries feel secure. And that is something worth paying for – even more than the world’s leaders have paid so far.

 

Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina,

di Jason Furman

 

CAMBRIDGE – L’invasione russa dell’Ucraina è stata rapida e spettacolare, ma le  conseguenze economiche saranno molto più lente e meno spettacolari a materializzarsi. La guerra in sé è enormemente tragica, principalmente e soprattutto per il popolo ucraino, ma anche per quello russo e più in generale per l’ordine globale. Quando accadono cose del genere, ci aspettiamo che siano come rappresentazioni morali nelle quali tutte le conseguenze negative vadano in scena in modo parimenti drammatico in tutte le dimensioni, economia inclusa. Ma l’economia non funziona in quel modo.

È vero, i mercati finanziari hanno reagito rapidamente alle notizie dell’invasione da parte della Russia. L’indice mondiale per tutti i paesi della Morgan Stanley, un principale misuratore azionario globale, è caduto al suo livello più basso da quasi un anno. Il prezzo del petrolio è salito sopra i 100 dollari al barile, mentre i prezzi europei del gas naturale hanno avuto un’impennata di quasi il 70%.

Questi incrementi dei prezzi dell’energia influiranno negativamente sull’economia globale. Particolarmente l’Europa è vulnerabile, perché essa ha fatto poco negli anni recenti per ridurre la sua dipendenza dal gas russo, e in alcuni casi – in particolare la Germania, che ha abbandonato l’energia nucleare – l’hanno persino esacerbata.

I paesi che importano petrolio conosceranno forti difficoltà per i prezzi più alti. Gli Stati Uniti sono più coperti dai rischi: dato che la loro produzione di petrolio è pari al loro consumo, il petrolio più costoso è grosso modo ininfluente sul PIL. Ma i prezzi più alti del petrolio danneggeranno i consumatori americani mentre favoriranno un segmento più limitato di imprese e di lavoratori collegati ai settori del petrolio e del gas. Inoltre le crescite dei prezzi si aggiungeranno all’inflazione, che è già ai suoi livelli più alti da una generazione negli Stati Uniti, in Europa e in altre economie avanzate.

Ma sono opportune alcune prospettive su queste immediate conseguenze. A cento dollari al barile, il petrolio è circa un quarto al di sotto del suo prezzo corretto per l’inflazione nel periodo dal 2011 al 2014. Inoltre, i prezzi dei futures [1]sono più bassi dei prezzi spot [2], indicando che il mercato si aspetta che questo incremento sia temporaneo. Di conseguenza le Banche Centrali possono ampiamente prevedere le conseguenze degli eventi in Ucraina, senza ritardare la restrizione o accelerarla in risposta alla inflazione complessiva. E i mercati azionari globali sono ancora sopra il livello dell’anno passato.

In modo simile, è improbabile che le sanzioni occidentali abbiano effetti immediati spettacolari, sebbene il marcato azionario russo sia caduto in modo significativo dal’inizio dell’invasione. Raramente le sanzioni li provocano; esse non sono proprio l’equivalente economico delle bombe cha la Russia sta scaricando sull’Ucraina.

Tuttavia la Russia è meglio preparata della maggioranza dei paesi ad affrontare le sanzioni. Il paese è venuto gestendo un enorme surplus di conto corrente ed ha accumulato un record di 630 miliardi di dollari di riserve di valuta estera – sufficienti a coprire due anni di importazioni. E mentre la Russia è dipendente per le entrate dall’Europa, gli europei sono dipendenti dal petrolio e dal gas russi – che nel breve periodo possono essere anche più difficili da sostituire.

Ma, nel più lungo termine, la Russia sarà probabilmente il maggiore perdente dal conflitto (dopo l’Ucraina, le cui perdite andranno ben oltre ciò che può essere misurato nella contabilità nazionale). L’economia della Russia, e il benessere della popolazione, sono rimasti stagnanti dalla annessione del 2014 da parte del Cremlino della Crimea. Il declino per la sua attuale invasione su larga scala sarà nettamente più grave col passare del tempo. Le sanzioni si prenderanno un tributo, e il crescente isolamento della Russia, così come una accentuata incertezza tra gli investitori, indebolirà il commercio ed altre connessioni economiche. In aggiunta, l’Europa ci si può aspettare che riduca la sua dipendenza dai combustibili fossili della Russia.

Le conseguenze economiche a più lungo termine per il resto del mondo saranno molto meno gravi di quelle che sono per la Russia, pur restando una sfida persistente per le autorità. C’è un rischio, per quanto relativamente improbabile, che l’inflazione più alta di breve periodo si manifesti sempre di più in aspettative di inflazione ‘disancorate’ [3], e quindi persista. Se ciò accade, il compito già difficile della Banche Centrali diverrà persino più complicato.

In aggiunta, è probabile che i bilanci della difesa crescano in Europa, negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi, di riflesso alla situazione globale presentemente pericolosa. Questo non ridurrà la crescita del PIL, ma ridurrà il benessere delle persone, giacché le risorse dedicate alla difesa sono risorse che non possono andare ai consumi o agli investimenti nell’istruzione, nella assistenza sanitaria e nelle infrastrutture.

Nel medio e lungo termine le conseguenze per l’economia globale dell’invasione russa dell’Ucraina dipenderanno dalle scelte. Invadendo, la Russia ha già fatto una scelta terribile. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea ed altri Governi hanno fatto la scelta iniziale delle sanzioni, ma resta da vedere come la Russia reagirà ad esse o se saranno imposte ulteriori penalizzazioni. Nella misura in cui le sanzioni e le contro risposte cresceranno, i costi saranno più grandi – prima di tutto e principalmente per la Russia, ma anche in una certa misura per il resto dell’economia globale.

Le relazioni economiche globali sono un processo a somma positiva per tutti gli attori, e il crescente isolamento della Russia ridurrà una piccola parte di quella positività. Più in generale, l’incertezza non è mai positiva per l’economia.

Ma, se il mondo continua a rispondere alla invasione russa, le preoccupazioni per il PIL sembrano le minori. È assai più importante che le persone ed i paesi del mondo si sentano sicuri. E questo è qualcosa per cui vale la pena di pagare un prezzo – persino maggiore di quello che i leader mondiali hanno pagato sino a questo punto.

 

 

 

 

[1] I futures sono contratti finanziari che obbligano le parti ad una transazione su un bene in una data futura predeterminata e a un prezzo fissato in precedenza.

[2] I prezzi spot sono invece i prezzi attuali di mercato ai quali un dato bene – come un titolo, una materia prima o una valuta – può essere acquistata e venduta con immediata consegna.

[3] Quando si ragiona di inflazione, e di ‘aspettative’ di inflazione, si usano spesso i termini ‘ancoraggio’ o ‘disancoraggio’. Ci si riferisce al fatto che l’inflazione può essere dipendente da singoli fenomeni oggettivi (ad esempio, una stagione inclemente che aumenta il prezzo di alcune materie prime alimentari), ma ad un certo punto può finire col dipendere principalmente dalle ‘aspettative’ dei produttori. Quando l’inflazione inizia a dipendere fortemente da tali fattori e calcoli, di apre una spirale che influenza direttamente un rincorsa tra salari e prezzi. Le imprese sfruttano il loro ‘potere di mercato’ nel fissare i prezzi e si imitano l’una con l’altra nell’alzarli, e i lavoratori cercano di stare al passo con i rincari. A quel punto l’inflazione non dipende più principalmente da fattori oggettivi e si dice che si è ‘disancorata’.

 

 

 

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