March 21, 2022
By Paul Krugman
Last week Eurostat, the European Union’s statistical agency, released a revised estimate of the euro area’s February inflation rate. It wasn’t a happy report: Consumer prices were up 5.9 percent from a year earlier, more than most analysts had expected. And it’s going to get worse, as the effects of the Ukraine war weigh on food and energy prices.
Britain hasn’t yet released its February inflation number, but the Bank of England expects it to match the rate in the euro area.
Of course, U.S. inflation is even higher, with February consumer prices up 7.9 percent from a year earlier. These numbers aren’t exactly comparable, for technical reasons, but inflation in the U.S. does seem to be running around two percentage points higher than in Europe. I’ll come back to that difference and what might explain it. But surely the fact that inflation is up a lot in many countries, not just America, is worth noting.
After all, the entire Republican Party and a fair number of conservative Democrats insist that the recent surge in U.S. inflation was caused by President Biden’s big spending policies. Europe, however, had nothing comparable to Biden’s American Rescue Plan; last year the euro area’s structural budget deficit, a standard measure of fiscal stimulus, was only about a third as large, as a percentage of G.D.P., as America’s.
So why is inflation up in Europe?
Part of the answer is rising energy prices. Last week I noted that Kevin McCarthy, the Republican House minority leader, has declared that gasoline prices “are not Putin gas prices. They are President Biden gas prices.” Let me elaborate on the absurdity of that claim, using British data.
In late December 2020 gasoline in Britain cost 116 pence per liter — $5.94 a gallon. By mid-March that was up to $8.23 a gallon. Over the same period U.S. gas prices rose from $2.24 to $4.32. Taking Britain’s high gas taxes into account, the price increases were similar, even though Joe Biden is not, as far as I know, the British prime minister.
But it’s not just energy prices. U.S. inflation has been driven up in part by pervasive supply-chain problems, with a big shift of demand toward goods straining ports, shipping capacity and more; these same strains, which have lasted much longer than many of us expected, have afflicted Europe, too.
So what does high inflation in Europe tell us? First, that a large part — maybe two-thirds — of the acceleration in U.S. inflation reflects global forces rather than specifically American policies and developments. Second, because these global forces may abate if we finally emerge from this dark tunnel of pandemic and war, U.S. inflation may eventually decline substantially even without drastic changes in policy. (Notice how I avoided using the word “transitory”? Oh, wait.)
That said, inflation is running hotter on this side of the Atlantic. Why? One main factor, almost surely, is that the economy of the United States has recovered faster than that of Europe. In the fourth quarter of 2021 real gross domestic product in the U.S. was 3 percent larger than it had been before the pandemic, while the euro area had barely recovered its losses. And in case you’re wondering, you don’t need to discount those numbers for faster U.S. population growth; our working-age population has in fact stagnated since 2019, largely thanks to a collapse in immigration.
And U.S. economic growth has helped workers as well as G.D.P. Although hourly real wages have been eroded by inflation, total labor compensation is up 13.6 percent since the eve of the pandemic, compared with only 5.2 percent in Europe.
Now, excess inflation suggests that recent U.S. economic growth has been too much of a good thing. Our economy looks clearly overheated, which is why the Federal Reserve is right to have started raising interest rates and should keep doing it until inflation subsides.
But while overheating is a problem, we shouldn’t let it overshadow the good things that have happened. We recovered fast from the pandemic recession and seem to have avoided the long-term “scarring” effects that many feared. Most though not all of the inflation we’re experiencing reflects probably temporary global forces, and multiple indicators — consumer surveys, professional forecasters and financial markets — suggest that longer-term expectations of inflation remain “anchored,” that is, inflation isn’t getting entrenched in the economy.
There’s still the question of why Americans feel so lousy about the economy, or at least tell pollsters that they feel lousy (they’re spending as if they’re optimistic). We’re not unique in this respect: European consumer sentiment has also taken a hit in the face of inflation, although nothing like the plunge we’ve seen here. But that’s a topic I’ll return to another day.
For now, I’d just urge Americans to look at their economy in the European mirror. Recovering from the pandemic was always going to be tough, and Vladimir Putin has made it tougher. But under the circumstances, we’re actually doing relatively OK.
L’economia dell’America nello specchio europeo,
di Paul Krugman
La scorsa settimana Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea, ha pubblicato una stima corretta del tasso di inflazione a febbraio nell’area euro. Non era un rapporto allegro: i prezzi al consumo sono saliti del 5,9 per cento rispetto all’anno precedente, più di quanto si aspettasse la maggioranza degli analisti. E le cose sono destinate a peggiorare, quando gli effetti della guerra ucraina peseranno sui prezzi degli alimenti e dell’energia.
L’Inghilterra non ha ancora rilasciato i suoi dati sull’inflazione di febbraio, ma la Banca di Inghilterra si aspetta che essi eguaglino il tasso nell’area euro.
Naturalmente, l’inflazione statunitense è persino più alta, con i prezzi al consumo di febbraio saliti al 7,9 per cento rispetto all’anno precedente. Questi dati non sono esattamente confrontabili, per ragioni tecniche, ma l’inflazione negli Stati Uniti sembra davvero correre di due punti percentuali più in alto che in Europa. Verrò tra poco su quella differenza e su quello che potrebbe spiegarla. Ma certamente il fatto che l’inflazione sia assai in crescita in molti paesi, non solo in America, è degno di nota.
Dopo tutto, l’intero Partito Repubblicano e un discreto numero di democratici conservatori insiste che la recente impennata sia stata provocata dell’inflazione statunitense dalle grandi politiche di spesa del Presidente Biden. L’Europa, tuttavia, non ha avuto niente di paragonabile al Programma Americano di Salvataggio; l’anno scorso il deficit strutturale di bilancio, una misura standard dello stimolo della finanza pubblica, era, come percentuale del PIL, grande circa soltanto un terzo di quello dell’America.
Perché dunque l’inflazione sale in Europa?
In parte la risposta sta nei prezzi crescenti dell’energia. La scorsa settimana osservavo che Kevin McCarthy, il leader di minoranza dei repubblicani alla Camera, aveva dichiarato che i prezzi della benzina “non sono i prezzi della benzina di Putin. Sono i prezzi della benzina di Biden”. Permettetemi di approfondire l’assurdità di quella pretesa, utilizzando i dati inglesi.
Lo scorso dicembre del 2020 la benzina in Inghilterra costava 116 penny al litro – 5,94 dollari al gallone. Alla metà di marzo era salita a 8,23 dollari al gallone. Nello stesso periodo i prezzi della benzina negli Stati Uniti sono cresciuti da 2,24 dollari a 4,32 dollari. Considerando le tasse elevate sulla benzina in Inghilterra, gli incrementi dei prezzi sono stati simili, anche se Joe Biden non è, a quanto mi risulta, il Primo Ministro britannico.
Ma non si tratta solo dei prezzi della benzina. L’inflazione statunitense è stata spinta in alto da diffusi problemi sulle catene dell’offerta, con una grande spostamento della domanda verso i prodotti che ha messo a dura prova i porti, la capacità delle spedizioni navali ed altro; queste stesse tensioni, che sono durate molto più a lungo di quello che molti di noi si aspettavano, hanno afflitto anche l’Europa.
Dunque, cosa ci dice l’alta inflazione in Europa? Anzitutto, che un’ampia parte – forse i due terzi – della accelerazione dell’inflazione statunitense riflette fattori globali piuttosto che politiche e sviluppi specificamente americani. In secondo luogo, poiché questi fattori globali possono ridursi se finalmente usciremo da questo buio tunnel della pandemia e della guerra, l’inflazione statunitense potrebbe a quel punto calare sostanzialmente anche senza drastici cambiamenti nella politica (vi siete accorti che ho evitato di usare il termine “transitorio”? Ma, aspettate un attimo.)
Ciò detto, l’inflazione è più accesa su questo versante dell’Atlantico. Perché? Un fattore principale, quasi certamente, è che l’economia degli Stati Uniti si è ripresa più velocemente di quella dell’Europa. Nel quarto trimestre del 2021 il prodotto reale interno lordo negli Stati Uniti era del 3 per cento più grande di quello che era stato prima della pandemia, mentre l’area euro aveva appena recuperato le sue perdite. E nel caso ve lo stiate chiedendo, non è necessario scontare questi dati per la crescita più veloce della popolazione statunitense, in gran parte grazie ad un collasso dell’immigrazione.
E la crescita economica degli Stati Uniti ha aiutato i lavoratori altrettanto del PIL. Per quanto i salari reali orari siano stati erosi dall’inflazione, i compensi totali del lavoro sono cresciuti del 13,6 per cento a partire dal periodo della pandemia, a confronto con il solo 5,2 per cento in Europa.
Ora, l’inflazione in eccesso indica che la recente crescita economica statunitense è stata esageratamente positiva. La nostra economia appare chiaramente surriscaldata, che è la ragione per la quale la Fed ha ragione nell’aver cominciato ad alzare i tassi di interesse e dovrebbe continuare a farlo finché l’inflazione non recede.
Ma mentre il surriscaldamento è un problema, non dovremmo mettere in ombra le cose positive che sono successe. Ci siamo ripresi velocemente dalla recessione pandemica e sembra che abbiamo evitato gli effetti delle “cicatrici” a lungo termine che molti temevano. La maggior parte sebbene non tutta l’inflazione che stiamo sperimentando probabilmente riflette fattori globali temporanei, e vari indicatori – i sondaggi dei consumatori, le previsioni degli analisti e i mercati finanziari – indicano che le aspettative a lungo termine dell’inflazione restano “ancorate”, ovvero che l’inflazione non si sta radicando nell’economia.
C’è ancora la domanda del motivo per cui gli americani considerino così scadente la condizione dell’economia, o almeno dicano ai sondaggisti che la considerano scadente (stanno spendendo come se fossero ottimisti). Sotto questo aspetto non siamo i soli: anche i sentimenti dei consumatori europei hanno preso un colpo, sebbene niente di simile al crollo che abbiamo visto da noi. Ma questo è un tema sul quale tornerò un altro giorno.
Per adesso, mi limito a sollecitare gli americani a guardare alla loro economia nello specchio europeo. Riprendersi dalla pandemia era comunque destinato ad essere duro, e Vladimir Putin lo sta rendendo ancora più duro. Ma nelle circostanze, stiamo andando relativamente bene.
By mm
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