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Perché la Cina non può salvare l’economia di Putin, di Paul Krugman (New York Times, 7 marzo 2022)

 

March 7, 2022

Why China Can’t Bail Out Putin’s Economy

By Paul Krugman

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In deciding to invade Ukraine, Vladimir Putin clearly misjudged everything. He had an exaggerated view of his own nation’s military might; my description last week of Russia as a Potemkin superpower, with far less strength than meets the eye, looks even truer now. He vastly underrated Ukrainian morale and military prowess, and failed to anticipate the resolve of democratic governments — especially, although not only, the Biden administration, which, in case you haven’t noticed, has done a remarkable job on everything from arming Ukraine to rallying the West around financial sanctions.

I can’t add anything to the discussion of the war itself, although I will note that much of the commentary I’ve been reading says that Russian forces are regrouping and will resume large-scale advances in a day or two — and has been saying that, day after day, for more than a week.

What I think I can add, however, is some analysis of the effects of sanctions, and in particular an answer to one question I keep being asked: Can China, by offering itself as an alternative trading partner, bail out Putin’s economy?

No, it can’t.

Let’s talk first about the impact of those sanctions.

One thing the West conspicuously hasn’t done is try to block Russian sales of oil and gas — the country’s principal exports. Oh, the United States might ban imports of Russian oil, but this would be a symbolic gesture: Oil is traded on a global market, so this would just reshuffle trade a bit, and in any case U.S. imports from Russia account for only about 5 percent of Russian production.

The West has, however, largely cut off Russia’s access to the world banking system, which is a very big deal. Russian exporters may be able to get their stuff out of the country, but it’s now hard for them to get paid. Probably even more important, it’s hard for Russia to pay for imports — sorry, but you can’t carry out modern international trade with briefcases full of $100 bills. In fact, even Russian trade that remains legally permitted seems to be drying up as Western companies that fear further restrictions and a political backlash engage in “self-sanctioning.”

How much does this matter? The Russian elite can live without Prada handbags, but Western pharmaceuticals are another matter. In any case, consumer goods are only about a third of Russia’s imports. The rest are capital goods, intermediate goods — that is, components used in the production of other goods — and raw materials. These are things Russia needs to keep its economy running, and their absence may cause important sectors to grind to a halt. There are already suggestions, for example, that the cutoff of spare parts and servicing may quickly cripple Russia’s domestic aviation, a big problem in such a huge country.

But can China provide Putin with an economic lifeline? I’d say no, for four reasons.

First, China, despite being an economic powerhouse, isn’t in a position to supply some things Russia needs, like spare parts for Western-made airplanes and high-end semiconductor chips.

Second, while China itself isn’t joining in the sanctions, it is deeply integrated into the world economy. This means that Chinese banks and other businesses, like Western corporations, may engage in self-sanctioning — that is, they’ll be reluctant to deal with Russia for fear of a backlash from consumers and regulators in more important markets.

Third, China and Russia are very far apart geographically. Yes, they share a border. But most of Russia’s economy is west of the Urals, while most of China’s is near its east coast. Beijing is 3,500 miles from Moscow, and the only practical way to move stuff across that vast expanse is via a handful of train lines that are already overstressed.

Finally, a point I don’t think gets enough emphasis is the extreme difference in economic power between Russia and China.

Some politicians are warning about a possible “arc of autocracy” reminiscent of the World War II Axis — and given the atrocities underway, that’s not an outlandish comparison. But the partners in any such arc would be wildly unequal.

Putin may dream of restoring Soviet-era greatness, but China’s economy, which was roughly the same size as Russia’s 30 years ago, is now 10 times as large. For comparison, Germany’s gross domestic product was only two and a half times Italy’s when the original Axis was formed.

So if you try to imagine the creation of some neofascist alliance — and again, that no longer sounds like extreme language — it would be one in which Russia would be very much the junior partner, indeed very nearly a Chinese client state. Presumably that’s not what Putin, with his imperial dreams, has in mind.

China, then, can’t insulate Russia from the consequences of the Ukraine invasion. It’s true that the economic squeeze on Russia would be even tighter if China joined the democratic world in punishing aggression. But that squeeze is looking very severe even without Chinese participation. Russia is going to pay a very high price, in money as well as blood, for Putin’s megalomania.

 

Perché la Cina non può salvare l’economia di Putin,

di Paul Krugman

 

Decidendo di invadere l’Ucraina, Putin ha chiaramente mal valutato ogni aspetto. Si è basato su una considerazione esagerata della potenza militare della sua stessa nazione; la mia descrizione della scorsa settimana della Russia come una superpotenza Potemkin, con molta meno forza di quella che appare, sembra oggi persino più vera. Ha grandemente sottovalutato il morale e la capacità militare ucraina e non è riuscito a prevedere la risolutezza dei governi democratici – specialmente, sebbene non soltanto, della Amministrazione Biden, che, nel caso non ve ne siate accorti, ha fatto un considerevole lavoro da ogni punto di vista, dall’armare l’Ucraina al riunire l’Occidente sulle sanzioni finanziarie.

Non posso aggiungere niente alla discussione sulla guerra stessa. Sebbene osserverò che molti dei commenti che sto leggendo dicono che le forze russe si stanno raggruppando e riprenderanno in un giorno o due ad avanzare su larga scala – e lo stanno dicendo, giorno dopo giorno, da più di una settimana.

Quello che penso di poter aggiungere, tuttavia, è una qualche analisi degli effetti delle sanzioni e, in particolare, una risposta ad una domanda che continuo a ricevere:  la Cina, offrendosi come un partner commerciale alternativo, può mettere in salvo l’economia di Putin?

No, non lo può.

Permettetemi prima di parlare dell’impatto di queste sanzioni.

Una cosa che l’Occidente visibilmente non ha fatto è stato bloccare le vendite russe di petrolio ei di gas – le principali esportazioni del paese. È vero, gli Stati Uniti potrebbero mettere al bando le importazioni di petrolio russo, ma questo sarebbe un gesto simbolico: il petrolio è commerciato sul mercato globale, dunque questo ridistribuirebbe solo un po’ il commercio, e in ogni caso le importazioni statunitensi dalla Russia pesano solo per un 5 per cento della produzione di quel paese.

L’Occidente ha, tuttavia, in gran parte tagliato l’accesso della Russia al sistema bancario mondiale, il che costituisce un aspetto molto rilevante. Gli esportatori russi possono portar fuori i loro prodotti dal paese, ma adesso per loro è difficile essere pagati. Probabilmente ancora più importante, per la Russia è difficile pagare le importazioni – si dà il caso che non si possa effettuare il commercio  internazionale moderno con valigette piene di banconote da 100 dollari. Di fatto, anche il commercio russo che resta legalmente consentito sembra venga prosciugato dal momento che le società occidentali che temono ulteriori restrizioni e contraccolpi politici sono impegnate in un “autosanzionamento”.

Quanto è importante tutto questo? L’elite russa può vivere senza borsette Prada, ma i prodotti farmaceutici occidentali sono un’altra faccenda. In ogni caso, i beni di consumo sono soltanto un terzo delle importazioni della Russia. Il resto sono beni capitali – ovvero, componenti utilizzate nella produzione di altri beni – e materie prime. Questi sono prodotti dei quali la Russia ha bisogno per far funzionare la sua economia, e la loro assenza può provocare un rallentamento sino ad un blocco di importanti settori. Ad esempio, ci sono già indicazioni che il taglio dei pezzi di ricambio e dei servizi possa rapidamente essere di ostacolo alla aviazione nazionale russa, un grande problema in un paese tanto vasto.

Ma la Cina può fornire a Putin un’ancora di salvezza economica? Direi di no, per quattro ragioni.

La prima, nonostante la Cina sia una potenza economica, non è nella condizione di offrire alcune cose di cui la Russia ha bisogno, come i pezzi di ricambio per gli aerei costruiti in Occidente e semiconduttori di qualità.

La seconda, mentre la Cina stessa non si sta unendo alle sanzioni, essa è profondamente integrata nell’economia mondiale. Questo comporta che le banche cinese e altre imprese, come le società occidentali, possono impegnarsi nell’autosanzionamento – ovvero saranno riluttanti a impegnarsi con la Russia per timore di contraccolpi da parte dei consumatori e delle autorità di regolamentazione nei mercati più importanti.

La terza, la Cina e la Russia sono molto distanti geograficamente. È vero, hanno un confine in comune. Ma la maggior parte dell’economia della Russia è all’occidente degli Urali, mentre la maggior parte di quella della Cina è vicina alla costa orientale. Pechino è a 3.500 miglia da Mosca, e il solo modo pratico di muovere gli oggetti attraverso tale vasta distesa è attraverso una manciata di linee ferroviarie che sono già sovraccariche.

Infine, un aspetto che non penso riceva sufficiente attenzione è la estrema differenza di potere economico tra Russia e Cina.

Alcuni politici stanno mettendo in guardia su un possibile “arco delle autocrazie” in memoria dell’Asse della Seconda Guerra mondiale – e considerate le atrocità in corso, quello non è un paragone stravagante. Ma i partner di un arco del genere sarebbero assolutamente ineguali.

Putin può sognare di ripristinare la grandezza dell’epoca sovietica, ma l’economia della Cina, che 30 anni fa aveva grosso modo le stesse dimensioni della Russia, oggi è dieci volte più grande. Al confronto, il prodotto interno lordo della Germania era soltanto due volte e mezzo quello dell’Italia, quando l’Asse originario venne creato.

Dunque, se si cerca di immaginare un qualche alleanza neofascista – e nuovamente, questo non sembra più un linguaggio estremo – essa sarebbe una alleanza nella quale la Russia sarebbe il partner minore, in effetti abbastanza vicino ad uno Stato satellite della Cina. Presumibilmente non è quello che Putin, nei suoi sogni imperiali, ha in mente.

La Cina, dunque, non può preservare la Russia dalle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina. È vero che la stretta economica sulla Russia sarebbe persino più serrata se la Cina si unisse al mondo democratico nel punire l’aggressione. Ma quella stretta si sta dimostrando severa anche senza la partecipazione cinese. La Russia è destinata a pagare un prezzo molto elevato, in soldi come in sangue, per la megalomania di Putin.

 

 

 

 

 

 

 

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