BERKELEY – Europe’s economy is finely poised between recession and growth. The knife edge is sharp because European policymakers have exactly zero control over the outcome.
So far, however, the data show only a mild softening of demand and limited disruptions to supply. They signal nothing remotely resembling the collapse in activity that accompanied 2020-21 pandemic lockdowns. The OECD’s weekly tracker of economic activity, which uses machine learning and Google Trends data to infer real-time changes, similarly points to only a mild slowdown. Box office receipts are stable. Restaurant receipts are stable. Data from the navigation service TomTom do not suggest much decline in mobility-related activity.
In response to the war and energy shock, the European Central Bank, appropriately, has downgraded its forecast for eurozone growth in 2022 from 4.3% to somewhere in the 2.3% to 3.7% range, depending on what happens to oil and gas prices. Nonetheless, even its “severe scenario” of sustained high energy prices still anticipates above-trend growth in 2022.
More costly energy will no doubt be a drag on growth. But if Russian gas continues to flow, higher prices will not bake in a recession. Inevitably, profits will be squeezed by more expensive inputs. Even so, European producers can take steps to economize on energy use and keep the wheels turning.
But using less gas is one thing; using none at all is quite another. In the latter scenario, gas-powered factories won’t be economizing; they will be shutting down. Over time, US natural gas can be substituted. But Germany has no liquefied natural gas terminals and will need the rest of 2022 to install its first floating LNG terminal – a converted supertanker – even if all goes according to plan. In the meantime, German gas consumption will fall by 30-40%. Even assuming that the monetary and fiscal authorities respond forcefully to prevent second-round business-cycle effects, this could drive German growth in 2022 from 1.8%, the most recent forecast of the German Government Council of Economic Advisers, into negative, recessionary territory.
And here Europe’s lack of control comes into play. Whether gas supplies are suspended depends entirely on Putin, who could decide to terminate shipments in retaliation against Western sanctions. He may need the revenues, but this would not be the first time that anger and pride trumped economic logic. If the West makes payments not to Gazprombank but into escrow accounts, Putin will lose his last remaining incentive to keep the gas flowing. He knows that those accounts will ultimately be used to finance Ukrainian reconstruction rather than topping up Russian government coffers.
Above all, if Putin allows his army to continue committing atrocities against Ukrainian civilians, Western European publics and policymakers will unite against him. Given their country’s history, Germans will not be able to sit back comfortably, in homes heated by Russian gas, in the face of this monstrous behavior. If Chancellor Olaf Scholz won’t lead, then other members of his coalition, such as Defense Minister Christine Lambrecht, almost certainly will step in. And at some point, the German people will drag Scholz along with them. Whether it comes to this depends on Putin’s next steps.
It is easy for an American, heated by natural gas from Texas and the Dakotas, to say that Europe should endure a recession in order to ratchet up the pressure on Putin. But if President Joe Biden’s administration and the US Congress think it crucial to intensify the pressure on Russia, then they can make it worth Europe’s while.
Europe will take the lead in Ukraine’s postwar reconstruction. The logistics are easier. Ukraine is in Europe’s neighborhood, as Ukrainian President Volodymyr Zelensky reminds us. The European Union can deploy its cohesion funds, trans-European transport and other infrastructure projects, and common energy policy even without – or preferably before – admitting Ukraine.
But if Europe is the logical party to do the legwork and administer the aid, then the United States can provide the bulk of the finance, beyond that portion financed by escrow accounts and Russia’s other external assets. This will be an appropriate humanitarian gesture once the war is over. But a US commitment now to compensate Europe for the steps it must take, starting with a ban on imports of Russian oil and gas, is also a way to incentivize it to help bring the war to an early end.
L’economia dell’Europa sul filo del rasoio,
di Barry Eichengreen
BERKELEY – L’economia dell’Europa è precisamente in equilibrio tra recessione e crescita. La lama del coltello è affilata perché le autorità europee hanno un controllo sul risultato esattamente pari a zero.
Prima dell’attacco all’Ucraina del Presidente Vladimir Putin, la ripresa dell’Europa dai danni provocati dalla pandemia del Covid-19 si stava consolidando. Nella prima metà di febbraio, le sensazioni sull’economia erano migliorate, superando i livelli prepandemici. Ma poi la guerra ha intaccato la fiducia dei consumatori elevando l’incertezza e aumentando i prezzi dell’energia e delle materie prime. Alla metà di marzo, l’indicatore delle fiducia dei consumatori della Commissione Europea è caduta al suo livello più basso dall’inizio della pandemia.
Sinora, tuttavia, i dati mostrano solo una leggera attenuazione della domanda e disagi limitati all’offerta. Essi non segnalano niente di lontanamente somigliante al collasso delle attività che accompagno il lockdown pandemico del 2020-21. Il ‘tracciatore settimanale’ dell’attività economica dell’OCSE, che utilizza i dati dell’apprendimento automatico e di Google Trends per dedurne i cambiamenti in tempo reale, indicano anch’essi soltanto un leggero rallentamento. Gli incassi al botteghino sono stabili. Gli incassi dei ristoranti sono stabili. I dati del servizio del ‘navigatore’ TomTom non indicano un gran calo nella attività connessa alla mobilità.
In risposta ala guerra e allo shock energetico, la Banca Centrale Europea ha appropriatamente ridotto le sue previsioni di crescita nell’eurozona nel 2022 dal 4,3% a qualcosa che si colloca tra il 2,3 e il 3,7%, a secondo di quello che accade ai prezzi del petrolio e del gas. Ciononostante, persino il suo “scenario severo” di sostenuti alti prezzi dell’energia continua a prevedere nel 2022 una crescita superiore alla tendenza.
Una energia più costosa indubbiamente provocherà un prelievo sulla crescita. Ma se il gas russo continua a scorrere, i prezzi più alti non si tradurranno in una recessione. Anche in quel modo i produttori europei potrebbero fare passi per economizzare sul’uso di energia e continuare a far girare le ruote.
Ma usare meno gas è una cosa; non usarne punto è un altro paio di maniche. Nel secondo scenario le fabbriche alimentate a gas non farebbero economie; esse chiuderebbero. Nel corso del tempo, il gas naturale può essere sostituito. Ma la Germania non possiede terminali di gas naturale liquefatto (LNG) e le occorrerà tutto il 2022 per installare il suo primo terminale galleggiante – un supercontenitore convertito – anche se tutto andasse secondo i piani. Il consumo di gas tedesco cadrebbe del 30-40%. Anche ipotizzando che la autorità monetarie e delle finanza pubblica rispondano con energia per evitare una seconda serie di effetti sul ciclo economico, questo potrebbe portare le crescita tedesca nel 2022 dall’1,8%, la previsione più recente del Comitato dei Consiglieri Economici del Governo tedesco, in territorio recessivo.
E qua entra in gioco la mancanza di controllo dell’Europa. Che le offerte di gas siano sospese dipende interamente da Putin, che potrebbe decidere di bloccare le spedizioni per ritorsione contro le sanzioni occidentali. Egli dovrebbe aver bisogno delle entrate, ma non sarebbe la prima volta che la rabbia e la superbia prevalgono sulla logica economica. Se l’Occidente facesse i pagamenti non a Gazprombank ma in conti vincolati, Putin perderebbe il suo residuo incentivo a continuare a far scorrere il gas. Egli sa che quei conti alla fine saranno utilizzati per finanziare la ricostruzione ucraina anziché per rifornire i forzieri del Governo russo.
Soprattutto, se Putin permetterà al suo esercito di continuare a commettere atrocità contro i civili ucraini, avrà contro le opinioni pubbliche e le autorità occidentali. Considerata la storia del loro paese, i tedeschi non saranno capaci di starsene tranquillamente con le mani in mano, in case riscaldate con gas russo, a fronte di questo comportamento mostruoso. Se il Cancelliere Olaf Scholz non prenderà la guida, allora quasi certamente altri membri della sua coalizione, come la Ministra della Difesa Christine Lambrecht [1], si faranno avanti. E a un certo punto, il popolo tedesco trascinerà anche Scholz dietro di sé. Se si arriverà a questo, dipenderà dai prossimi passi di Putin.
È facile per un americano, riscaldato dal gas naturale del Texas o del Dakota, affermare che l’Europa dovrebbe sopportare una recessione allo scopo di aumentare la pressione su Putin. Ma se l’Amministrazione del Presidente Joe Biden e il Congresso statunitense ritengono fondamentale aumentare la pressione sulla Russia, allora nel frattempo possono renderlo conveniente per l’Europa.
L’Europa prenderà la guida della ricostruzione postbellica dell’Ucraina. Gli aspetti logistici sono più semplici. L’Ucraina è un vicino dell’Europa, come il Presidente Volodymir Zelensky ci ricorda. L’Unione Europea può dispiegare i suoi fondi di coesione, i trasporti transeuropei ed altri progetti infrastrutturali, e una politica energetica comune anche senza – o preferibilmente prima – di ammettere l’Ucraina.
Ma se l’Europa è la parte che può fare logicamente il lavoro pesante e amministrare gli aiuti, allora gli Stati Uniti possono fornire il grosso della finanza, oltre la porzione finanziata dai conti vincolati e dagli altri asset esterni della Russia. Una volta che la guerra è superata, questo sarà un appropriato gesto umanitario. Ma un impegno statunitense in questo momento per compensare l’Europa dei passi che deve intraprendere, a cominciare dalla messa al bando delle importazioni di petrolio e di gas russi, è anche un modo per incentivarla ad aiutare a portare la guerra ad una fine anticipata.
[1] Che anch’essa fa parte del Partito Socialdemocratico.
By mm
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