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Una suddivisione più giusta dei frutti della crescita, di Branko Milanovic (da China Daily Global, 11 aprile 2022)

 

Apr. 11, 2022

Fairer sharing of the fruits of growth

By BRANKO MILANOVIC (China Daily Global)

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China’s development since 1949 can be viewed as being in three stages. The first one was the period from the founding of the People’s Republic of China to approximately the mid-1980s. It was a period in which the foundations of a new China were laid. The level of education and health of the population were improved substantially, and serious industrialization began. The second stage, from the mid-1980s to approximately a few years ago, was a period of extraordinary rapid growth and urbanization accompanied by significant increases in inequality.

China’s GDP per capita, measured in real international dollars, increased from about $1,000 in 1985 to $10,000 in 2010. While inequality, measured by the Gini coefficient (a standard gauge of inequality), went up over the same period from 0.31 to 0.49(2010 was the peak year for inequality). The same inequality increase is not the same when overall incomes shrink or are stagnant as it is when all incomes go up. Still, even under such favorable circumstances, the increase in inequality has been a matter of concern.

The period of “common prosperity” may be seen as the third stage of development. It may extend over several decades during which higher incomes are to be accompanied by reduced inequality.

Any attempt to reduce inequality must start from two considerations: first, what are the main causes of the inequality, and second, how they can be tackled without affecting the growth rate. In today’s China, some causes of inequality are very China-specific, and others are shared by many middle- and high-income countries. The causes specific to China are large inter-regional, or more exactly, inter-provincial inequality, and inequality between rural and urban areas.

Although both types of inequality have been reduced during the past decade, they are still very large. They are also an inequality of particularly undesirable kind because they make the chances of success in life for children born in richer parts of China very different from those born in poorer provinces. The average income of people in the three richest areas (Beijing, Shanghai and Jiangsu province) is four times as high as the average income in the three poorest regions (the Guangxi Zhuang autonomous region and Heilongjiang and Gansu provinces). Here, the objective of reduction of inequality is closely tied with the objective of higher growth rates of poorer areas. A redirection of government investment strategies in favor of less developed provinces is at the same time a pro-growth and pro-equality measure.

The second specific source of inequality in China is the urban-rural gap. That too has diminished over the past decade. In 2010, the gap, measured using the data from household surveys, was almost 3 to 1(urban incomes were three times greater than rural incomes) while in 2019, it was 2.7 times. It will be reduced further by the process of eliminating the disparity between urban and rural areas and advancing rural-urban integration.

There are also, as mentioned, inequalities not specific to China, but common to many countries. One of the most important is the high concentration of wealth and income from assets. How can excessive wealth concentration be tackled? There are several ways in which it can be done.

The government can reduce the monopoly power of very large companies. Such monopolies exacerbate income inequality. Another policy consists in encouraging middle-income groups to invest in financial assets by protecting small investors from excessively turbulent movements in asset prices or by giving them special tax advantages. Increasing the number of workers who own stakes in companies where they work is another way to promote the deconcentration of wealth. And finally, higher taxes on capital incomes or wealth are an obvious way to reduce inequality and boost government revenues. As these examples show, active measures need to be combined with “passive” measures. The best results can be expected not from using one set of policies alone, but by combining several. That approach also allows for self-correction: if certain policies do not yield the desired results or have negative effects, they can be scaled down or stopped.

If the objective of “common prosperity” is understood to mean a more equitable sharing of the fruits of growth, attaining such an objective cannot be done overnight. It implies having consistent policies in place for a long period of time since changes in income distribution often take a whole generation to take effect. There are thus similarities between the “common prosperity” era and that of the accelerated growth period that began 40 years ago, since “common prosperity” is also a long-term objective that requires the implementation of appropriate policies pursued in a steady fashion.

 

 

Una suddivisione più giusta dei frutti della crescita,

di Branko Milanovic (da China Daily Global)

 

Lo sviluppo economico della Cina a partire dal 1949 può essere distinto in tre fasi.  La prima fu il periodo dalla fondazione della Repubblica del Popolo della Cina, approssimativamente sino agli anni ’80. Fu un periodo nel quale furono gettate le fondamenta della nuova Cina. Il livello dell’istruzione e della salute della popolazione venne migliorato sostanzialmente ed ebbe inizio una seria industrializzazione. La seconda fase, dalla metà degli anni ’80 approssimativamente sino a pochi anno orsono, fu un periodo di straordinaria rapida crescita e di urbanizzazione, accompagnata da una crescita significativa delle ineguaglianze.

Il PIL procapite della Cina, misurato in dollari internazionali [1], crebbe da 1.000 dollari nel 1985 a 10.000 dollari nel 2010; mentre l’ineguaglianza, misurata col coefficiente Gini (uno strumento standard di stima dell’ineguaglianza), salì nello stesso periodo da 0,31 a 0,49 (il 2010 è stato l’anno di punta per l’ineguaglianza). Una pari crescita dell’ineguaglianza non è la stessa quando i redditi complessivi si restringono o sono stagnanti rispetto a quando essi salgono. Eppure, anche in tali favorevoli circostanze, la crescita dell’ineguaglianza è stata un elemento di preoccupazione.

Il periodo della “comune prosperità” può essere considerato come la terza fase di tale sviluppo. Esso potrebbe estendersi per vari decenni durante i quali redditi più elevati dovrebbero essere accompagnati da una ridotta ineguaglianza.

Ogni tentativo di ridurre l’ineguaglianza deve prendere le mosse da due considerazioni: la prima, quali sono le principali cause dell’ineguaglianza, e la seconda, come possono essere affrontate senza influenzare il tasso di crescita. Nella Cina odierna, alcune cause di ineguaglianza sono molto specifiche della Cina, ed altre sono condivise con molti paesi di medio ed alto reddito. Le cause specifiche della Cina sono la ampia ineguaglianza inter regionale, o più esattamente interprovinciale, e l’ineguaglianza tra le aree rurali e le aree urbane.

Sebbene durante lo scorso decennio entrambi i tipi di ineguaglianza siano stati ridotti, essi sono ancora molto ampi. Sono peraltro una ineguaglianza di un genere particolarmente indesiderabile perché rendono le possibilità di successo nella vita dei bambini nati nelle parti più ricche della Cina molto diverse da quelle delle province più povere. Il reddito medio delle persone nelle tre aree più ricche (Pechino, Shanghai e la provincia dello Jiangsu) è quattro volte superiore al reddito medio nelle tre regioni più povere (la regione autonoma del Guangxi Zhuang e le province di Heilongjiang e del Gansu). In questo caso, l’obbiettivo della riduzione dell’ineguaglianza è strettamente collegato con l’obbiettivo di più alti tassi di crescita nelle aree più povere. Un reindirizzo delle strategie di investimento del Governo a favore delle province meno sviluppate è, nello stesso tempo, una misura a favore della crescita e della eguaglianza.

La secondo fonte specifica di ineguaglianza nella Cina è il divario tra città e campagna. Anch’esso nel trascorso decennio è diminuito. Nel 2010, il divario, utilizzando i dati dei sondaggi sulle famiglie, era di quasi 3 a 1 (i redditi urbani erano tre volte superiori a quelli rurali), mentre nel 2019 era 2,7 volte. Esso sarà ridotto ulteriormente dal processo di eliminazione delle disparità tra aree urbane e rurali e dal progresso nella integrazione rurale-urbana.

Ci sono anche, come ho ricordato, ineguaglianze non specifiche della Cina, ma comuni a molti paesi. Una delle più importanti è l’alta concentrazione della ricchezza e dei redditi derivanti da asset. Come può essere affrontata l’eccessiva concentrazione della ricchezza? Ci sono vari modi nei quali ciò può essere fatto.

Il Governo può ridurre il potere di monopolio delle società molto grandi. Tali monopoli esacerbano l’ineguaglianza dei redditi. Un’altra politica consiste nell’incoraggiare i gruppi di medio reddito ad investire negli asset finanziari, proteggendo i piccoli investitori dai movimenti eccessivamente turbolenti nei prezzi degli asset e dando ad essi particolari vantaggi fiscali. E infine, ovviamente, tasse più elevate sui redditi da capitale o sulla ricchezza sono un modo per ridurre l’ineguaglianza e accrescere le entrate del Governo. Come mostrano questi esempi, misure attive devono essere combinate con misure “passive”. Quell’approccio consente anche l’autocorrezione: se certe politiche non producono i risultati sperati o hanno effetti negativi, esse possono essere depotenziate o bloccate.

Se l’obbiettivo della “prosperità comune” è inteso nel senso di una più equa suddivisione dei frutti della crescita, ottenere tale obbiettivo non può essere fatto da un giorno all’altro. Esso implica mettere in atto politiche coerenti per un lungo periodo di tempo dal momento che i cambiamenti nella distribuzione dei redditi spesso richiedono un’intera generazione per produrre effetti. Ci sono quindi somiglianze tra l’epoca della “prosperità comune”  e quella del periodo di crescita accelerata che cominciò 40 anni fa, dal momento che anche la “prosperità comune”  è un obbiettivo a lungo termine che richiede la messa in atto di politiche appropriate perseguite con regolarità.

 

 

 

 

 

[1] Il dollaro Geary-Khamis, più comunemente conosciuto come dollaro internazionale è un’unità di valuta ipotetica che ha lo stesso potere d’acquisto che il dollaro USA ha avuto negli Stati Uniti in un certo anno. È ampiamente utilizzato in economia. Gli anni 1990 o 2000 sono spesso utilizzati come anni di riferimento per i confronti nel tempo. Wikipedia.

 

 

 

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