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Buone notizie sull’inflazione dal mercato delle obbligazioni, di J. Bradford DeLong (da Project Syndicate, 11 maggio 2022)

 

May 11, 2022

Good Inflation News from the Bond Market

BRADFORD DELONG

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BERKELEY – As of Friday, May 6, the bond market expected US consumer price inflation to average 2.5% between five and ten years from now. That is the rate of inflation needed to equalize returns on inflation-indexed and non-indexed US Treasury securities. And given that CPI inflation has been running higher than the rate associated with the implicit price deflator for personal consumption expenditures, I count that 2.5% five-year, five-year-forward rate as hitting the US Federal Reserve’s 2% price-deflator inflation target.

What, then, would it take to get the economy back to the Fed’s targeted inflation rate? Since the five-year breakeven rateat the close of May 6 was 3.22%, the implicit expectation is that inflation will run a cumulative total of 3.6 percentage points above the Fed’s target over the next five years. If it does not cause the economy’s inflation anchor to vanish, a deviation of that size would be an exceedingly small price to pay for the rapid recovery from the pandemic-induced recession. If the recovery delivers the structural economic transformation that we need, the higher inflation that we have experienced will have been well worth it.

Accordingly, it seems to me that the Fed should be taking a victory lap. It has done precisely what it is supposed to do, by enabling America’s sticky-price, sticky-wage, sticky-debt economy to return rapidly not just to full employment but to the right version of full employment – the one that has workers working in sectors making products for which there is real, fundamental demand – after a shock. And it has done so without disrupting confidence in the monetary system and its stability.

So why does the very sharp Kenneth Rogoff of Harvard University argue that “things are way out of control”? If you have been diverted from your desired trajectory, and you then find yourself on a path where you can expect to return to it, I would think the only way to describe the situation is as a case of being “in control.”

Rogoff makes clear that there is “a lot of uncertainty,” and that he is “not going to say I know exactly what needs to be done.” But his observation that inflation is “way out of control” makes sense only to the extent that he is willing to declare the bond market and its implicit expectations to be wrong. Only then could the expected evolution of Fed policy lead to inflation significantly higher than 3.22% over the next five years, and to average inflation significantly above 2.5% 5-10 years hence.

Sure, that could happen. The economy is a surprising place, and our models and forecasts are ultimately just poorly informed guesses. The Fed might have to change course substantially. It might have to send the US economy into a substantial recession with significantly higher-than-expected interest rates to return inflation to its target over the five- to ten-year medium run.

For Rogoff’s own implied forecast to come to pass, workers and bosses would have to reach wage bargains that assume inflation well above 3.2% for the next five years and well above 2.5% for the five years after that. Moreover, those inflationary wage bargains would have to be locked in place through contracts and institutional arrangements that would make it hard to revise them downward should they turn out to have exaggerated actual inflation. For workers and bosses to do that, they would have to be pretty confident that bond traders are irrationally Panglossian – that they are inflation doves despite the evidence to the contrary.

Is there any reason to think that bond traders are irrational Panglossian inflation doves? Are there any reasons to think that workers and bosses now believe that bond traders are irrational Panglossian inflation doves?

I see none.

In our modern economy, an outbreak of inflation is a peculiar expectations-driven process. It requires a vicious circle in which expectations of high inflation drive actions that then validate those expectations – with higher wages leading to higher consumer prices that in turn lead to demands for higher wages, ad infinitum. For this to happen, the expectation of high inflation has to come from somewhere, and as of now, it is not in evidence.

Yes, additional adverse supply shocks could lie in our future. The COVID-19 virus still has the potential to mutate and confront us with dangerous, disruptive new strains. Further disruptions could emanate from a widening of Russian President Vladimir Putin’s war on Ukraine or from an economically catastrophic interaction of new virus variants and China’s zero-COVID policy. These kinds of developments could push inflation out of control.

But the fact that such risks exist does not mean we should live as if they have already come to pass, and thus ignore the world as it currently is.

 

Buone notizie sull’inflazione dal mercato delle obbligazioni,

di J. Bradford DeLong

 

BERKELEY – Il venerdì 6 maggio, il mercato delle obbligazioni si aspettava che l’inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti si collocasse su una media del 2,5% tra i cinque e i dieci anni a partire da adesso. Quello è il tasso di inflazione per mettere in pari i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitense indicizzati e non indicizzati dall’inflazione. E dato che l’inflazione secondo l’indice dei prezzi al consumo (CPI) si è collocata più in alto rispetto al tasso associato al deflatore implicito del prezzo per le spese per i consumi personali [1],  io considero che il tasso del 2,5% tra cinque anni e nei cinque anni successivi, raggiunga l’obbiettivo di inflazione del deflatore del prezzo del 2% fissato dalla Federal Reserve.

Cosa ci vorrebbe, dunque, per riportare l’economia all’obbiettivo di tasso di inflazione della Fed? Dal momento che il tasso a pareggio [2] in cinque anni alla chiusura del 6 maggio era il 3,22%, la aspettativa implicita è che l’inflazione corra nei prossimi cinque anni per un totale cumulativo di 3,6 punti percentuali superiore all’obbiettivo della Fed. Se ciò non facesse venir meno l’ancoraggio dell’inflazione nell’economia, una deviazione di quelle dimensioni sarebbe un prezzo eccezionalmente basso per la rapida ripresa dalla recessione indotta dalla pandemia. Se la ripresa fornisse la trasformazione economica strutturale di cui abbiamo bisogno, l’inflazione più alta che avremmo sperimentato sarebbe stata ben conveniente.

Di conseguenza, a me parrebbe che la Fed dovrebbe essersi aggiudicata un giro vittorioso. Essa ha fatto precisamente ciò che ci si aspettava facesse, permettendo all’economia americana, con prezzi, con salari e con un debito vischiosi, di tornare rapidamente non solo alla piena occupazione, ma alla versione giusta della piena occupazione – quella che vede, dopo uno shock, i lavoratori lavorare in settori che realizzano prodotti per i quali c’è una domanda fondamentale reale. E lo avrebbe fatto senza interrompere la fiducia nel sistema monetario e nella sua stabilità.

Perché dunque il molto acuto Kenneth Rogoff della Harvard University sostiene che “le cose sono fuori controllo?” Se sei stato deviato dalla tua traiettoria desiderata, e ti ritrovi su un sentiero dove puoi aspettarti di di ricongiungerti ad essa, penserei che l’unico modo per descrivere la situazione sia definirla come un caso di “controllo”.

Rogoff chiarisce che c’è una “grande quantità di incertezza” e che egli “non sta dicendo di conoscere esattamente cosa si debba fare”. Ma la sua osservazione secondo la quale l’inflazione è “fuori controllo” avrebbe senso solo nella misura in cui fosse disponibile a dichiarare che il mercato delle obbligazioni e le sue aspettative implicite sbagliano. Soltanto allora l’evoluzione attesa della politica della Fed porterebbe ad una inflazione significativamente più alta del 3,22% nei prossimi cinque anni, e ad una inflazione media significativamente superiore al 2,5% tra i cinque e i dieci anni da adesso.

Di sicuro, questo potrebbe accadere. L’economia è un luogo sorprendente, e i nostri modelli e le nostre aspettative sono in ultima analisi appena delle congetture modestamente informate. La Fed potrebbe cambiare indirizzo in modo sostanziale. Potrebbe dover spedire l’economia statunitense in una effettiva recessione con tassi di interesse significativamente più elevati di quelli attesi, allo scopo di riportare l’inflazione al suo obbiettivo nel corso del medio periodo, dai cinque ai dieci anni.

Perché la stessa prospettiva implicita di Rogoff si materializzi, i lavoratori ed i loro datori di lavoro [3] dovrebbero raggiungere accordi salariali che assumano una inflazione ben al di sopra del 3,2% nei prossimi cinque anni e ben al di sopra del 2,5% nei cinque anni successivi. Inoltre, questi accordi salariali inflazionistici dovrebbero essere messi in atto attraverso contratti e soluzioni istituzionali che renderebbero difficile rivederli verso il basso, se si dovesse scoprire di aver esagerato l’inflazione effettiva. Perché i lavoratori e i datori di lavoro facciano ciò, essi dovrebbero essere abbastanza convinti che gli operatori finanziari siano irrazionalmente panglossiani [4] – che siano colombe dell’inflazione nonostante l’evidenza del contrario.

C’è qualche ragione per pensare che gli operatori finanziari siano irrazionali colombe panglossiane dell’inflazione? C’è qualche ragione per pensare che i lavoratori ed i datori di lavoro credano che gli operatori finanziari siano irrazionali colombe panglossiane dell’inflazione?

Io non ne vedo nessuna.

Nella nostra economia moderna, un’ondata di inflazione è un peculiare processo guidato dalle aspettative. Essa richiede un circolo vizioso nel quale le aspettative di alta inflazione guidano le azioni che poi convalidano tali aspettative – con i salari più alti che portano a più alti prezzi al consumo che a loro volta portano alle richieste di salari più elevati, all’infinito. Perché questo accada, la aspettativa di una inflazione elevata deve venire da qualche parte, e al momento non ce ne è traccia.

È vero, nel nostro futuro potrebbero esserci ulteriori shock negativi dal lato dell’offerta. Il virus del Covid-19 ha il potenziale di mutare e di sfidarci con pericolose, dirompenti nuove forme. Ulteriori turbamenti potrebbero derivare da un allargamento della guerra del Presidente russo Vladimir Putin in Ucraina, oppure da una interazione economicamente catastrofica di nuove varianti del virus e della politica ‘zero-Covid’ della Cina. Sviluppi di questo genere potrebbero spingere l’inflazione fuori controllo.

Ma il fatto che tali rischi esistano non comporta che dovremmo vivere come se si fossero già materializzati, e quindi che si debba ignorare il mondo per come esso si presenta adesso.

 

 

 

 

 

 

[1] Se ho ben compreso, questo “IPD for PCE” – Implicito deflatore del prezzo per le spese per il consumo personale – è un altro indice di inflazione, diverso dall’Indice dei Prezzi al Consumo (CPI); esso tra l’altro viene usato dal Comitato Federale a Mercato Aperto della Fed. Tra i due indici esistono, ovviamente, alcune differenze tecniche che portano a calcoli diversi sulla inflazione stimata. Sempre se ho capito, una differenza riguarda il calcolo dei margini che il consumatore ha nel sostituire prodotti con prezzi in crescita con prodotti con prezzi più stabili.

[2] Il “breakeven rate” è in sostanza la differenza di rendimento tra obbligazioni protette dall’inflazione e il valore nominale di un debito con la stessa scadenza. Credo che si definisca “a pareggio” (in questo caso, in cinque anni), nel senso che esprime la differenza di tasso che in quel periodo temporale porterebbe a pareggiare i diversi rendimenti.

[3] Suppongo che in questo caso “bosses” stia per “datori di lavoro” (non genericamente per ‘capi’ o per dirigenti).

[4] Panglossismo è credere di vivere nel miglior mondo possibile. Il termine deriva dal Candido di Voltaire, dove il personaggio del Dottor Pangloss, tutore di Candido, presenta questo punto di vista sconfinatamente ottimistico sul mondo.

 

 

 

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