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I pericoli della meschinità dei plutocrati, di Paul Krugman (New York Times, 23 maggio 2022)

 

May 23, 2022

The Perils of Plutocratic Pettiness

By Paul Krugman

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The sultans of Silicon Valley are in a political snit, with some billionaires suddenly turning against Democrats. It’s not just Elon Musk. Other prominent players, including Jeff Bezos, have lashed out at the Biden administration, and we now know that Oracle’s Larry Ellison participated in a call with Sean Hannity and Lindsey Graham about overturning the 2020 election.

The timing of this hard right turn by some tech aristocrats is remarkable given what’s happening in U.S. politics. It’s hard, for example, to imagine what kind of bubble Musk lives in that he could declare Democrats “the party of division and hate” at a time when Tucker Carlson, not a politician but still one of the most influential figures in the modern G.O.P., is devoting show after show to “replacement theory,” the claim that liberal elites are deliberately bringing immigrants to America to displace white voters. (Polls show that nearly half of Republicans agree with this theory.)

The plutocrats railing against Democrats are also remarkably petty; nothing says “visionary titan of industry” like sending poop emojis. But the pettiness may actually be central to the political story. What’s going on here, I’d argue, isn’t mainly about greed (although that, too). It is, instead, largely about fragile egos.

It’s true that some real economic interests are at stake. Democrats have proposed new taxes on the wealthy, while President Biden has appointed officials known for advocating much stronger antitrust policy. It’s also true that tech stocks have fallen substantially over the past few months, reducing the paper wealth of moguls like Musk and Bezos.

But at this point these look like policies at the edges. Even if Democrats defy the odds and retain control of Congress this November, there is no realistic prospect of a New Deal-type campaign against extreme inequality. Furthermore, any conceivable redistributive policy would still leave billionaires incredibly wealthy, able to buy anything they want (except, possibly, Twitter).

What wealth can’t always buy, however, is admiration. And that’s an area in which the tech titans have suffered major losses.

Let me get nerdy for a minute. At least since the work of Max Weber a century ago, social scientists have realized that social inequality has multiple dimensions. At minimum we need to distinguish between the hierarchy of money, in which some people have a disproportionate share of society’s wealth, and the hierarchy of prestige, in which some people are specially respected and looked up to.

People may occupy very different positions in these hierarchies. Sports legends, pop stars, social media “influencers” and, yes, Nobel laureates generally do fine financially, but their wealth is surely mere pocket change compared with today’s great fortunes. Billionaires, by contrast, command deference, even servility, from those who depend on their largess, but few of them are widely known public figures and even fewer have dedicated fan bases.

The tech elite, however, had it all. Facebook’s Sheryl Sandberg was, for a while, a feminist icon. Musk has millions of Twitter followers, many of them actual human beings rather than bots, and these followers have often been ardent Tesla defenders.

Now the glitter is gone. Social media, once hailed as a force for freedom, are now denounced as vectors of misinformation. Tesla boosterism has been dented by tales of spontaneous combustion and autopilot accidents. Technology moguls still possess vast wealth, but the public — and the administration — isn’t offering the old level of adulation.

And it’s driving them crazy.

We’ve seen this movie before. Back in 2010 much of the Wall Street elite, rather than feeling grateful for having been bailed out, was consumed with “Obama rage.” Financial wheeler-dealers were furious at not, in their view, receiving the respect they deserved after, um, crashing the world economy.

Unfortunately, plutocratic pettiness matters. Money can’t buy admiration, but it can buy political power; it’s disheartening that some of this power will be deployed on behalf of a Republican Party that is descending ever deeper into authoritarianism.

Did I mention that the most recent meeting of the right-wing gathering CPAC, which included a video address from Donald Trump, was held in Hungary under the auspices of Viktor Orban, who has effectively killed his nation’s democracy?

The right turn by some technology billionaires is also, may I say, very stupid.

It’s true that oligarchs can get very rich under autocrats like Orban or Vladimir Putin, whom much of the U.S. right deeply admired until he began losing his war in Ukraine.

But these days Russia’s oligarchs are, by many accounts, terrified. For even vast wealth offers little security against the erratic behavior and vindictiveness of leaders unconstrained by the rule of law.

Not that I expect the likes of Musk or Ellison to learn anything from this experience. The rich are different from you and me: They are usually surrounded by people who tell them what they want to hear.

 

I pericoli della meschinità dei plutocrati,

di Paul Krugman

 

I sultani di Silicon Valley attraversano un periodo di irritazione politica, con alcuni miliardari che improvvisamente si rivoltano contro i democratici. Non si tratta soltanto di Elon Musk. Altri eminenti protagonisti, compreso Jeff Bezos, hanno attaccato l’Amministrazione Biden,  e adesso si viene a sapere che Larry Ellison di Oracle ha partecipato ad un incontro con Sean Hannity e Lindsey Graham sul rovesciamento del risultato elettorale del 2020.

La tempistica di questa brusca svolta a destra da parte di alcuni notabili della tecnologia è considerevole, dato quello che sta succedendo nella politica statunitense. È difficile, ad esempio, immaginarsi in che genere di bolla viva Musk, una bolla nella quale può definire i democratici “il partito della divisione e dell’odio” in un momento nel quale Tucker Carlson, non un politico ma purtuttavia uno dei personaggi più influenti nel Partito Repubblicano odierno, si sta dedicando trasmissione dopo trasmissione alla “teoria della sostituzione”, la pretesa secondo la quale le elite progressiste starebbero deliberatamente portando immigrati in America per rimpiazzare elettori bianchi (i sondaggi dicono che quasi la metà dei repubblicani concordano con questa teoria).

I plutocrati che si stanno scagliando contro i democratici sono anche considerevolmente futili; niente è meno indicativo del “visionario magnate dell’industria” quanto lo spedire “faccine di cacca” [1]. Ma la meschinità potrebbe essere centrale nella sostanza politica della storia. Direi che quello che sta succedendo in questo caso non riguarda principalmente l’avidità (che pure c’è). Riguarda, invece, gli ego fragili.

È vero che è in gioco qualche effettivo interesse economico. I democratici hanno proposto nuove tasse su ricchi, nel mentre il Presidente Biden ha nominato dirigenti noti per sostenere una politica antitrust molto più severa. È anche vero che le azioni tecnologiche sono cadute in modo sostanziale nei mesi passati, riducendo la ricchezza cartacea di magnati come Musk e Bezos.

Ma a questo punto, queste appaiono politiche con pochi margini. Persino se i democratici smentissero ciò che è probabile e mantenessero il controllo del Congresso a novembre, non c’è alcuna realistica prospettiva di una campagna contro la estrema ineguaglianza del genere di quella del New Deal. Inoltre, qualsiasi concepibile politica redistributiva lascerebbe i miliardari estremamente ricchi, capaci di comprare tutto quello che vogliono (ad eccezione, forse di Twitter).

Quello che invece la politica non può comprare, è l’ammirazione. Ed è quella l’area nella quale i giganti della tecnologia hanno patito le perdite maggiori.

Fatemi fare per un attimo il secchione. Almeno a partire dal lavoro di Max Weber una secolo fa, gli scienziati sociali avevano compreso che l’ineguaglianza sociale ha varie dimensioni. Come minimo abbiamo bisogno di distinguere tra la gerarchia del denaro, nella quale alcune persone hanno una quota sproporzionata della ricchezza sociale, e la gerarchia del prestigio, nella quale alcune persone sono particolarmente rispettate e considerate.

La gente può occupare in queste gerarchie posizioni molto diverse. Le leggende dello sport, le stelle della musica popolare, gli individui che hanno molta influenza sui social media e, ammettiamolo, i Premi Nobel, in genere se la cavano bene finanziariamente, ma le loro ricchezze sono spiccioli al confronto con le grandi fortune odierne. I miliardari, all’opposto, ispirano deferenza, persino servilità, da coloro che dipendono dalle loro fortune, ma pochi di loro sono personaggi pubblici generalmente conosciuti e meno ancora hanno basi di sostenitori devoti.

Le elite della tecnologia, al contrario, hanno tutto. Sheryl Sandberg di Facebook, per un certo periodo, è stata un’icona femminista. Musk ha milioni di seguaci su Twitter, molti dei quali sono normali esseri umani e non ‘robot’ [2], e questi follower sono spesso ardenti sostenitori di Tesla.

A questo punto tutta quella attrattiva se ne è andata. I social media, un tempo elogiati come una forza della libertà, adesso vengono denunciati come vettori della disinformazione. La promozione entusiastica di Tesla è stata ammaccata da racconti di incendi accidentali e di incidenti ai piloti automatici. I magnati della ricchezza possiedono ancora enormi ricchezze, ma l’opinione pubblica – e l’Amministrazione – non forniscono loro gli antichi livelli di adulazione.

E ciò li sta portando ad uscire di testa.

Abbiamo visto in precedenza questo spettacolo. Nel passato 2010 una buona parte delle classi dirigenti di Wall Street, piuttosto che provare gratitudine per i salvataggi ricevuti, era rosa dalla “rabbia per Obama”. Intrallazzatori finanziari erano furiosi per non ricevere, secondo loro, il rispetto che meritavano dopo … beh, dopo aver fatto crollare l’economia mondiale.

Sfortunatamente, la meschinità dei plutocrati è importante. Il denaro non può comprare l’ammirazione, ma può comprare il potere politico; è sconfortante che una parte dei quel potere verrà dispiegata nell’interesse di un Partito Repubblicano che sta andando sempre più a fondo nella sua vocazione autoritaria.

Ho ricordato che l’assemblea della forze di destra della CPAC  [3], che includeva un indirizzo video di Donald Trump, è stata tenuta in Ungheria sotto gli auspici di Viktor Orban, che ha affettivamente liquidato la democrazia della sua nazione?

La svolta a destra di alcuni miliardari della tecnologia è anche, dovrei dire, molto stupida.

È vero che gli oligarchi possono divenire molto ricchi con autocrati come Orban o Vladimir Putin, che gran parte della destra statunitense ammirava profondamente prima che cominciasse a perdere la sua guerra in Ucraina.

Ma di questi tempi gli oligarchi russi sono, da tanti punti di vista, terrorizzati. Perché persino la grande ricchezza offre poca sicurezza contro il comportamento imprevedibile e vendicativo di autorità non condizionate dallo Stato di diritto.

Non che mi aspetti che personaggi come Musk o Ellison imparino qualcosa da questa esperienza. I ricchi sono diversi da noi: di solito si circondano di persone che dicono loro cosa vogliono sentirsi dire.

 

 

 

 

 

 

[1] Cos’è un “poop emoji”? Spiega UrbanDictionary, letteralmente è una “faccina di cacca”.  Ovvero, il seguente soggetto:

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Pare che l’omino con le un po’ sgradevoli fattezze di cui sopra, seppur sorridente, sia un modo per esprimere nella corrispondenza un giudizio di disapprovazione (ad esempio, si può dire a qualcuno, a conclusione di un messaggio, che è un “poop emoji”  …). Può dunque darsi – ma nella connessione nel testo inglese non c’è alcun riferimento diretto a questo – che Musk abbia espresso la sua delusione ricorrendo ad un “poop emoji”.

È noto che le perplessità che sono ad un tratto sorte a Musk nel concludere l’affare dell’acquisto di Twitter, siano state originate dalla scoperta che una certa percentuale di connessioni vantate da Twitter erano fasulle, o “spam”, ovvero erano connessioni … come la faccina.

[2] I “bots” di Twitter – che suppongo siano abbreviazioni di ‘robot’ – sono una categoria complessa da decifrare, come dimostra la connessione nel testo inglese. Possono essere organizzazioni che usano servizi automatizzati per pubblicare notizie o tematiche di blog, ma anche robot creativi che sono fatti da artisti del software o da seguaci di poeti, o anche “spam bots” che accendono discussioni con risposte automatizzate o con proposte di modelli di arricchimento rapido. In sostanza, sono una gigantesca invasione di campo della apparente ‘privatezza’ dei social, che suppongo negli USA sia assai più potente della versione già assai fastidiosa in Italia. E non sono necessariamente fastidiosi, alcuni dei quali fornendo minimi servizi che possono risultare a qualcuno utili. Ma alcuni sono vere e proprie frodi, non semplici da eliminare.

Pare che quei “bots” stiano diventando per Musk un problema nel suo proposito di acquisizione di Twitter. Probabilmente perché con i suoi milioni di follower, lui stesso è un campo di incursioni facilissimo e proficuo.

[3] La Conservative Political Action Conference, abbreviato in CPAC, è una conferenza politica annuale a cui partecipano attivisti conservatori e politici da tutti gli Stati Uniti e dal mondo. Il CPAC è ospitato dall’American Conservative Union (ACU). La conferenza è stata fondata nel 1974 dall’American Conservative Union e Young Americans for Freedom, Ronald Reagan tenne il discorso inaugurale al CPAC nel 1974.

 

 

 

 

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