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La politica perversa dell’inflazione, di Paul Krugman (New York Times, 2 giugno 2022)

 

June 2, 2022

The Perverse Politics of Inflation

By Paul Krugman

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On Monday, Eurostat, the European statistical agency, released a preliminary estimate of euro area inflation for May, and it was a shocker: 8.1 percent over the preceding year, 0.8 percent — about 10 percent at an annual rate — for the month.

Europe’s preferred measure of inflation doesn’t correspond exactly to America’s Consumer Price Index, and when you use a comparable measure, U.S. inflation has generally been running even higher. But the bad European inflation news comes in the wake of modestly good or at least better U.S. news, so at this point it’s arguable that Europe has an inflation problem as bad as or worse than ours.

True, some economists argue that the U.S. inflation problem is more fundamental than Europe’s. I’ll get to that in a minute. But here’s the thing: Voters don’t care about economists’ estimates of underlying inflation; they care about the prices they pay, especially the prices of highly salient goods they buy on a regular basis. That is, voters aren’t saying, “Trimmed mean P.C.E. inflation is too high because fiscal policy was too expansionary.” They’re saying, “Gas and food were cheap, and now they’re expensive.”

And there’s truth to that complaint. But the lesson from Europe’s bad inflation report is that these are precisely the prices over which President Biden, or actually any president, has almost no control.

Take the case of prices at the pump. Gas prices in the United States have more than doubled under Biden; as of last week, they were about $2.40 a gallon higher than they were in the last week of December 2020. But gas prices in Europe have risen by almost exactly the same amount; actually, after converting from liters to gallons and euros to dollars, I estimate that pump prices in Germany rose $2.80 a gallon over the same period.

This common rise in prices is no accident: Oil is traded on global markets, so its price has risen by roughly the same amount everywhere. The same is true of major foodstuffs.

So when people say — as they do — that gas and food were cheaper when Donald Trump was president, what do they imagine he could or would be doing to keep them low if he were still in office? OK, he probably wouldn’t have supported Ukraine, might even have tacitly supported Vladimir Putin’s invasion, and if the Russian flag were currently flying over Kyiv, world fuel and food prices would be a bit lower than they are. But I don’t think buying lower inflation at the expense of Ukraine’s freedom is what Trump supporters have in mind.

Does this mean that Biden and U.S. policymakers bear no responsibility for inflation? No. While much inflation reflects global shocks to energy and food, plus special pandemic-related disruptions — who imagined that used car prices could play such an important role? — America probably has an underlying annualized inflation rate of 3.5 to 4 percent, up from the 2 percent norm. This underlying inflation probably reflects an economy that’s running unsustainably hot, which in turn partly reflects an overlarge fiscal package at the start of Biden’s presidency and the Fed’s failure (which I shared) to recognize the problem early enough.

On the other hand, overheating isn’t unique to the United States. While some economists believe that European inflation is almost entirely due to transitory disruptions — something many people, myself included, wrongly believed about the United States a year ago — my read of recent European data suggests that it has also seen a rise in underlying inflation, despite not having pursued U.S.-type fiscal expansion. Notably, even European prices excluding energy and food rose 3.8 percent over the past year.

In any case, as I already suggested, voters aren’t poised to punish Democrats for underlying inflation; they’re angry about gasoline and food prices, which no rational analysis would say are Biden’s fault.

So what can Biden do? From an economic point of view, the most important thing is his pledge not to lean on the Federal Reserve, to allow the Fed to do what it must to cool off the economy.

What about going after corporate price gouging? I’m much more sympathetic than most economists to the view — widely held by the public — that some companies are taking advantage of widespread price increases to further exploit their monopoly power. And I don’t think things like holding hearings on price gouging do any harm, as long as the Fed is allowed to do its job; that might even help a bit. But gouging is probably a small factor in overall inflation.

So should Biden officials be out there pointing out that the price rises bothering consumers most are global phenomena, not the results of U.S. policy? Yes, of course, not least because it’s the truth. And I hope media reporting will make the same point.

But the old line “If you’re explaining, you’re losing” surely applies. Democrats may be able to blunt the damage from inflation, but realistically they won’t be able to win the kitchen-table argument by November. For now, Democrats need to run on social issues — and against the threat the modern G.O.P. poses to democracy and basic American values.

 

La politica perversa dell’inflazione,

di Paul Krugman

 

Lunedì, Eurostat, l’agenzia europea di statistiche,  ha pubblicato una stima preliminare dell’inflazione nell’area euro per il mese di maggio, ed era impressionante: l’8,1 per cento sull’anno precedente, lo 0,8 per cento su base mensile – corrispondente al 10 per cento su base annuale.

La misurazione preferita dell’inflazione dall’Europa non corrisponde esattamente all’Indice dei Prezzi al Consumo dell’America, e se si usasse una misurazione paragonabile, l’inflazione statunitense starebbe in generale correndo anche più velocemente. Ma le cattive notizie europee sull’inflazione arrivano in seguito a notizie modestamente positive o almeno migliori negli Stati Uniti, cosicché a questo punto si può sostenere che l’Europa abbia un problema di inflazione altrettanto negativo se non peggiore del nostro.

È vero, alcuni economisti sostengono che il problema dell’inflazione statunitense  è più basilare di quello dell’Europa. Ci verrò tra un secondo. Ma il punto è questo: gli elettori non si curano delle stime degli economisti sulla inflazione sostanziale ; si preoccupano dei prezzi che salgono, particolarmente dei prezzi dei prodotti fondamentali che acquistano su base regolare.  Ovvero, gli elettori non stanno dicendo: “La media sfrondata dell’inflazione secondo il metodo PCE [1] è troppo elevata perché la politica della finanza pubblica è stata troppo espansiva”. Stanno dicendo: “La benzina e gli alimenti erano convenienti, e ora sono costosi”.

E in quella lamentela c’è della verità. Ma la lezione del negativo rapporto europeo sull’inflazione è che questi sono precisamente i prezzi su quali il Presidente Biden, come di fatto ogni Presidente, non ha quasi alcun controllo.

Si prenda il caso del prezzo della benzina al distributore. I prezzi della benzina negli Stati Uniti sono più che raddoppiati con Biden; alla fine della settimana erano circa 2,40 dollari al gallone [2] più alti di quelli dell’ultima settimana del dicembre 2020.  Ma i prezzi della benzina in Europa sono cresciuti quasi della medesima quantità; in effetti, una volta che si convertono i litri in galloni e gli euro in dollari, io stimo che i prezzi al distributore in Germania, nello stesso periodo, siano cresciuti di 2,80 dollari al gallone.

Questa comune crescita dei prezzi non è casuale: il petrolio viene commerciato sui mercati globali, dunque il suo prezzo è cresciuto grosso modo della stessa quantità dappertutto. Lo stesso è vero per i principali alimenti.

Dunque, quando la gente dice – come dice – che la benzina e gli alimenti erano più economici quando Donald Trump era Presidente, cosa si immaginano che egli avrebbe potuto fare o starebbe facendo se fosse ancora in carica? È vero, probabilmente non avrebbe sostenuto l’Ucraina, potrebbe persino aver tacitamente sostenuto l’invasione di Vladimir Putin, e se la bandiera russa adesso stesse sventolando sopra Kiev, i prezzi mondiali della benzina e degli alimenti sarebbero un po’ più bassi di quello che sono. Ma io non penso che scambiare una inflazione più bassa con la libertà dell’Ucraina sia quello che hanno in mente i sostenitori di Trump.

Questo significa che Biden e le autorità statunitensi non portano alcuna responsabilità per l’inflazione? No. Mentre una buona parte dell’inflazione riflette gli shock globali dell’energia e dei generi alimentari, in aggiunta a particolari blocchi connessi con la pandemia – chi si immaginava che la auto usate potessero giocare un ruolo così importante? – l’America ha probabilmente una inflazione sottostante dal 3,5 al 4 per cento, superiore alla norma del 2 per cento. Questa inflazione sottostante probabilmente riflette un’economia che procede in modo insostenibilmente surriscaldato, il che a sua volta in parte riflette un pacchetto eccessivo di sussidi pubblici agli inizi della Presidenza di Biden e l’incapacità della Fed (condivisa anche dal sottoscritto) a riconoscere il problema abbastanza tempestivamente.

D’altra parte, il surriscaldamento non è un fenomeno unicamente degli Stati Uniti. Mentre alcuni economisti credono che l’inflazione europea sia quasi interamente dovuta a turbamenti transitori – qualcosa che molte persone, me compreso, attribuivano sbagliando agli Stati Uniti un anno fa – la mia lettura dei recenti dati dell’Europa indica che anch’essa ha conosciuto una crescita nella inflazione sottostante, nonostante non avesse perseguito una espansione della spesa pubblica del tipo statunitense. È rilevante che i prezzi europei stano cresciuti del 3,8 per cento l’anno passato, pur escludendo quelli energetici ed alimentari.

In ogni caso, come ho già indicato, gli elettori non sono in procinto di punire i democratici per l’inflazione sottostante; sono arrabbiati per i prezzi della benzina e degli alimenti, che nessun analisi razionale attribuirebbe alla responsabilità di Biden.

Dunque, cosa può fare Biden? Da un punto di vista economico, la cosa più importante è il suo impegno di non fare pressioni sulla Fed, permettendo ad essa di fare quello che deve per raffreddare l’economia.

Che dire del perseguire le società che si approfittano dell’inflazione? Io sono molto più in sintonia con tale punto di vista – ampiamente condiviso dall’opinione pubblica – secondo il quale alcune società stanno avvantaggiandosi degli aumenti generali dei prezzi per sfruttare ulteriormente il loro potere di monopolio, che non la maggioranza degli economisti. E non penso che soluzioni come tenere audizioni sulle speculazioni sui prezzi facciano alcun danno, finché alla Fed è consentito di fare il proprio lavoro; ciò potrebbe persino essere un po’ d’aiuto. Ma le speculazioni sono probabilmente un fattore minore nell’inflazione complessiva.

Dunque, i dirigenti di Biden dovrebbero andarsene in giro a sostenere che gli aumenti dei prezzi che sconcertano i consumatori sono soprattutto un fenomeno globale, e non il risultato della politica statunitense? Sì, certamente, se non altro perché è la verità. E spero che i resoconti dei media illustreranno lo stesso argomento.

Ma di sicuro vale il vecchio detto: “Se stai dando spiegazioni, vuol dire che stai perdendo”. I democratici possono essere capaci di ridurre il danno dell’inflazione, ma realisticamente non saranno nelle condizioni entro novembre di spuntarla nel dibattito popolare. Per adesso, i democratici hanno bisogno di insistere sui temi sociali – e sulla minaccia che il moderno Partito Repubblicano costituisce per la democrazia e per i valori fondanti dell’America.

 

 

 

 

 

[1] Negli Stati Uniti ci sono due comuni misure di inflazione: l’Indice dei Prezzi al Consumo (CPI) rilasciato dall’Ufficio delle Statistiche del Lavoro e l’Indice dei Prezzi sulle spese per i Consumi Personali (PCE) rilasciato dall’Ufficio dell’Analisi Economica. Per quanto seguano tendenze simili, le due misure non sono identiche: in genere, la prima tende a segnalare una inflazione in qualche misura più elevata.

La tabella seguente – a cura della Fed di Cleveland –  indica i diversi risultati delle due misure di inflazione negli anni dal 2000 al 2015 (in blu la CPI ed in grigio la PCE):

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Le differenze tecniche tra CPI e PCE non devono essere confuse con le differenze tra inflazione “headline” e “core”, che di solito vengono tradotte con “inflazione complessiva” e “inflazione sostanziale o sottostante”. Queste due diverse metodiche – che consistono nel primo caso nel valutare gli aumenti dei prezzi di un intero paniere di prodotti, e nel secondo di depurarli degli aumenti dei prezzi più volatili, di solito destinati ad essere recuperati nel breve periodo, ovvero dei prodotti energetici ed alimentari – si possono applicare infatti sia alla CPI che alla PCE.

Dunque, quando nell’articolo troviamo l’espressione di “inflazione sottostante o sostanziale” (“underlying”) ci si riferisce alla inflazione di solito calcolata dalle autorità statunitensi – ovvero a quella CPE – nella versione “core”.

 

[2] Un gallone americano corrisponde a 3,7854 litri. Un euro corrisponde a 1,07 dollari statunitensi.

 

 

 

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