Branko Milanovic
There has been an enormous talk about new inequalities wrought by covid-19 between and within countries: in mortality and morbidity, vaccination rates, style of life (those who had to show up physically at work vs those who could stay at home), unemployment rates, genders, age etc. But it is only now that actual information about income inequality in year 2020, the year I of covid, is becoming available. A couple of months ago, US micro data from the Current Population Survey, harmonized by Luxembourg Income Study, showed a significant decrease in disposable income inequality in 2020. US inequality went down by 1.7 Gini points which is the largest annual drop in at least thirty years. The decrease in inequality was driven by very generous government transfers (2020 CARES Act alone disbursed funds equal to 11% of GDP) whose objective was to help individuals and businesses that were most affected by the epidemic. Since the support was (very broadly) income tested, it helped much more those in the lower income brackets.
Chinese National Bureau of Statistics has also published (in the Statistical Yearbook for 2021 available here), the data on incomes and distribution in rural and urban areas and for China as a whole. The Chinese data that are provided are rather minimalist (as usual, the Yearbook publishes per capita incomes of only five quintiles for rural and urban areas, and all-China), but they do allow us to see the effects of the crisis, especially when we compare the developments in 2020 with the previous years. It is important to recall that for China, year 2020 was much less traumatic than for almost the entire rest of the world. China’s real GDP per capita rose by almost 2% while more than 100 countries in the world experienced negative growth, and the global real GDP shrank by more than 5%.
It is therefore not surprising that the average per capita incomes went up in both rural and urban areas, by respectively 6.5 and 3.8 percent (and for all-China by 5%). The faster growth in rural areas also slightly reduced the gap in average incomes between urban and rural areas from 2.7 to 2.6 (i.e., the average per capita income in urban areas is 2.6 times greater than the average per capita income in rural areas). As graph below shows, growth was stronger in rural areas across income distribution: income of every rural quintile increased by more than that of a corresponding urban quintile. Most interesting is what happened to the poorest (first) quintile in the two areas: poorest rural incomes went up by more than 7%, while poorest urban incomes registered slight negative growth.
If one looks more carefully at what happened to urban incomes (in red), it becomes apparent that growth in 2020 was pro-rich, in the sense that percentage growth was higher for richer income groups (2,3% for the top group vs. -2,1% for the lowest-income group). In the rural areas, the situation was more mixed, with the poorest, as we have seen, growing the most, while for the others quintiles growth rates were broadly the same. High growth rates among the rural poor may be related to the government explicit policy to eliminate rural poverty that was particularly actively pursued in 2020.
The overall impact of such changes was that the rural Gini remained unchanged, while the urban Gini increased. It is important to highlight that these Ginis are calculated from only five data points (five quintiles) and thus probably understate the “true” Gini by several Gini points. China is unusual because its rural inequality is consistently higher than urban. As we note here (graph below), rural Gini is about 35, urban around 32. To obtain the all-China Gini, one needs also to include the differences in mean incomes between rural and urban areas. Since 2013 (when China unified its rural and urban household surveys), overall inequality was, according to the official sources, remarkably stable at just under 40 Gini points.
For the years for which we have more detailed micro data, and/or rural and urban ventiles, we can compare such results with the ones that we obtain from the much more compressed data published in China’s Statistical Yearbook: in 2013, China’s overall Gini was 43 (based on micro data) and 40 (based on government published quintiles); in 2018, it was 47 vs. 40. The published results therefore underestimate inequality by at least several Gini points.
Government statistics also provide information on aggregate consumption. Here, the interesting result is that per capita consumption decreased in urban areas by 4.5% and increased, by the Chinese standards, by the modest 2.7% in rural areas. Overall real per capita consumption, for the first time since 1978 when such results have been published, recorded a decline of 2.2% (see Table 3.1 in the 2021 Statistical Yearbook). It will be noticed that the decrease in consumption occurred while real incomes went up by 5%. Thus obviously—if all these numbers are mutually consistent—the share of savings in household incomes must have increased substantially.
Overall, based on the published numbers, 2020 certainly was not a “normal” year in China either. Household income growth slowed down (from around 8% per capita to 5% per capita), the poor in urban areas saw negative real growth (very unusual), while the incomes of the poor in rural areas increased by more than 7%. Urban inequality slightly increased. The typical features of China’s distribution, namely that rural incomes are more unequally distributed than urban, and that they are much lower on average, remained unchanged.
I redditi delle famiglie e l’ineguaglianza in Cina nell’anno primo del Covid,
di Branko Milanovic
C’è stato un grandissimo dibattito sulle nuove ineguaglianze provocate dal Covid-19 tra i paesi e al loro interno: in termini di mortalità e di incidenza della malattia, di tassi di vaccinazione, di stili di vita (quelli che dovevano presentarsi fisicamente al lavoro in rapporto a coloro che dovevano restare a casa), di tassi di disoccupazione, genere, età etc. Ma è soltanto adesso che sta diventando disponibile l’effettiva informazione sulla ineguaglianza dei redditi nell’anno 2020. Un paio di mesi orsono, i micro dati statunitensi dell’Ultimo Sondaggio sulla Popolazione, armonizzato con lo Studi su Redditi del Lussemburgo [1], ha dimostrato un significativo decremento della ineguaglianza del reddito disponibile nel 2020. L’ineguaglianza negli Stati Uniti è calata di 1,7 punti Gini [2], che è la più ampia caduta annuale in almeno trent’anni. La riduzione dell’ineguaglianza è stata guidata da trasferimento del Governo molto generosi (la legge CARES da sola ha sborsato finanziamenti pari al’11% del PIL), il cui obbiettivo era aiutare gli individui e le imprese che erano più danneggiati dall’epidemia. Dal momento che il sostegno era (molto in generale) sottoposto al controllo del reddito, esso ha aiutato molto di più coloro che erano negli scaglioni più bassi di reddito.
Anche l’Ufficio Nazionale Cinese di Statistica ha pubblicato (nell’Annuario Statistico per il 2021, disponibile in questa connessione [3]) i dati sui redditi e la distribuzione per le aree urbane e rurali e per la Cina nel suo complesso. I dati cinesi che vengono forniti sono abbastanza minimalisti (come al solito, l’Annuario pubblica i redditi procapite di soli cinque quintili per le aree urbane e rurali, e per tutta la Cina), ma ci consentono di osservare gli effetti della crisi, in particolare quando si confrontano gli sviluppi nel 2020 con gli anni precedenti. È importante ricordare che l’anno 2020, per la Cina, è stato molto meno traumatico di quasi l’intero resto del mondo. Il PIL reale procapite della Cina è cresciuto di quasi il 2%, mentre più di cento paesi al mondo hanno conosciuto una crescita negativa e il PIL reale globale si è ridotto del 5%.
Di conseguenza non è sorprendente che la media dei redditi procapite sia salita sia nelle aree rurali che urbane, rispettivamente del 6,5 e del 3,8 per cento (e per l’intera Cina del 5%). La crescita più rapida nelle aree rurali ha anche ridotto leggermente il divario tra aree urbane e rurali dal 2,7 al 2,6 (ovvero, il reddito medio procapite nelle aree urbane è 2,6 volte più grande del reddito medio procapite delle aree rurali). Come mostra il grafico sotto, la crescita è stata più forte nelle aree rurali per l’intera distribuzione del reddito: il reddito di ogni quintile rurale è cresciuto di più di quello del corrispondente quintile urbano. Maggiormente interessante è quello che è avvenuto per il quintile più povero (il primo) nelle due aree: i redditi rurali più poveri sono saliti di più del 7%, mentre i redditi urbani più poveri hanno registrato una leggera crescita negativa.
Se si guarda più attentamente a quello che è successo ai redditi urbani (in rosso), diventa chiaro che la crescita nel 2020 è stata a favore dei ricchi, nel senso che la crescita percentuale è stata superiore per i gruppi di reddito più ricchi (2,3% per il gruppo più ricco contro -2,1% per il gruppo più povero). Nelle aree rurali la situazione è stata più composita, con i più poveri, come abbiamo visto, che crescono maggiormente, mentre i tassi di crescita degli altri quintili sono quasi gli stessi. Gli alti tassi di crescita tra i poveri delle campagne possono essere connessi alla esplicita politica del Governo per l’eliminazione della povertà rurale che è stata perseguita in modo particolarmente attivo nel 2020.
L’impatto complessivo di tali cambiamenti è stato che il Gini rurale è rimasto immutato, mentre il Gini urbano è cresciuto. È importante mettere in evidenza che questi sono calcolati soltanto sulla base di cinque raggruppamenti di dati (i cinque quintili) e quindi probabilmente sottovalutano il “Gini effettivo” di vari punti Gini. La Cina è inconsueta perché la sua ineguaglianza rurale è consistentemente più elevata di quella urbana. Come si può notare (nel diagramma sotto), il Gini rurale è circa 35, quello urbano è circa 32. Per ottenere il Gini di tutta la Cina, si devono anche includere le differenze nei redditi medi tra le aree rurali e urbane. A partire dal 2013 (quando la Cina unificò i suoi sondaggi sulle famiglie rurali ed urbane), l’ineguaglianza complessiva è stata, secondo le fonti ufficiali, considerevolmente stabile, appena sotto i 40 punti Gini.
Per gli anni nei quali abbiamo micro dati più dettagliati, e/o ventili rurali ed urbani, possiamo confrontare tali risultati con queli che otteniamo dai dati molto più sintetici pubblicati nell’Annuario Statistico della Cina: nel 2013, il Gini complessivo della Cina era 43 (basandsi sui micro dati) e 40 (basandosi sui quintili pubblicati dal Governo); nel 2018, era 47 contro 40. I risultati pubblicati, di conseguenza, sottostimano l’ineguaglianza almeno di vari punti Gini.
Le statistiche del Governo forniscono anche una informazione sui consumi aggregati. In questo caso, il risultato interessante è che il consumo procapite è diminuito nelle aree urbane del 4,5% ed è cresciuto di un modesto, per gli standard cinesi, 2,7% nelle aree rurali. Il consumo complessivo procapite, per la prima volta dal 1978 quando tali risultati vennero pubblicati, ha registrato un declino del 2,2% (vedi la Tabella 3.1 nell’Annuario Statistico del 2021). Si osserverà che il decremento nei consumi è intervenuto mentre i redditi reali aumentavano del 5%. Quindi ovviamente – se tutti questi dati sono reciprocamente coerenti – la quota dei risparmi delle famiglie si è accresciuta sostanzialmente.
Complessivamente, basandosi su dati pubblicati, il 2020 non è stato neanche in Cina un anno “normale”. La crescita del reddito delle famiglie è rallentata (da circa l’8% procapite al 5% procapite), mentre i redditi dei poveri nelle aree urbane hanno conosciuto una crescita reale negativa (molto inusuale), mentre i redditi dei poveri nelle aree rurali sono cresciuti di più del 7%. L’ineguaglianza urbana è leggermente aumentata. Le caratteristiche tipiche della distribuzione della Cina, precisamente quella secondo le quali redditi rurali sono distribuiti in modo più ineguale di quelli urbani, e quella secondo la quale in media sono molto più bassi, sono rimaste immutate.
[1] “Lussemburgo” è il nome di un gruppo internazionale di ricerca, al quale – se non sbaglio – Milanovic aderisce.
[2] Quando si parla di indice o coefficiente Gini ci si riferisce ad un modo generalmente utilizzato per calcolare gli indici di ineguaglianza, nei singoli paesi o nel mondo intero (il termine convenzionale “Gini” deriva dal nome di uno statistico italiano degli inizi del secolo scorso). Quell’indice è calcolato su una scala di percentili, che va da 0 a 100. L’indice 0 è quello nel quale tutti sono esattamente uguali (ovviamente, in pratica non esiste); l’indice 100 è quello nel quale tutto il reddito va alla categoria più elevata, ovvero al centesimo percentile dei più ricchi, e anche questo, fortunatamente, non esiste ancora.
Quando al posto dei percentili di parla di decili o di ventili, significa che la scala è stata ridotta a dieci o venti categorie, anziché a 100, in pratica si sono raggruppate categorie più numerose. L’Annuario Statistico Cinese raggruppa i redditi per “quintili”, ovvero presenta una graduatoria certamente ancora significativa, ma assai più sommaria di quelle organizzate per ventili o addirittura per percentili.
[3] Per chi volesse consultarlo, la connessione è operativa nel testo inglese di questo articolo.
By mm
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