Sept. 2, 2022
By Paul Krugman
Most articles on the death of Mikhail Gorbachev dwell on the political failure of his reform project. The Russian Federation, the main successor state to the Soviet Union, has not, to say the least, become a democratic, open society. Ukraine may finally have gotten there, but that very success is probably one major reason the country is now fighting for its life against Russian invasion.
What I’ve been reading has placed less emphasis on the economic failures of post-Gorbachev Russia. Yet those failures were spectacular and surely helped pave the way for Putinism. So let’s talk about how badly things went wrong in the 1990s.
First, some background: Nowadays everyone views the old Soviet Union, with its centrally planned economy, as an abject failure. But it didn’t always look that way. Indeed, in the 1950s, and even into the 1960s, many people around the world saw Soviet economic development as a success story; a backward nation had transformed itself into a major world power. (Killing millions in the process, but who’s counting?) As late as 1970, the Soviet Union’s success in converging toward Western levels of wealth seemed second only to Japan’s.
Nor was this a statistical mirage. If nothing else, Soviet performance during World War II demonstrated that its industrial growth under Joseph Stalin had been very real.
After 1970, however, the Soviet growth story fell apart, and by some measures technological progress came to a standstill.
Economic stagnation may not fully explain the rise of Gorbachev. But the increasingly obvious failure of centrally planned economics surely helped set the stage for reform. The Soviet Union crumbled; Russia turned away from socialism and toward a market economy.
And the results were disastrous.
I don’t know if it’s widely appreciated just how poorly the Russian economy performed during the Boris Yeltsin years. But the numbers are sobering. Real gross domestic product per capita fell more than 40 percent:
The Yeltsin depression.Credit…Our World in Data
That’s substantially worse than America’s decline during the worst of the Great Depression:
Worse than America’s Great Depression.Credit…FRED
In the early 1990s, Russia also suffered from extreme inflation, reaching a peak of more than 2,000 percent at an annual rate. No, I didn’t accidentally add extra zeros:
Now, that’s inflation.Credit…statbureau.org
I’ve seen some suggestions that the economic plunge in Russia and other formerly planned economies wasn’t as bad as the numbers say, because statistics from the Communist era, when the economy may have been producing a lot of stuff nobody actually wanted, may have inflated the true level of output. But there’s plenty of other evidence for a collapse in living standards. Among other things, there was a plunge in life expectancy:
When bad economics kills.Credit…Our World in Data
Nor can we say that these short-run costs were an inevitable consequence of the transition from socialism to capitalism. As a 2001 I.M.F. paper pointed out, Russia’s performance after liberalization was far worse than that of other “transition” economies:
Russia did it worst.Credit…Gérard Roland, “Ten Years After … Transition and Economics”
So what went wrong? There were intense debates about that issue in the late 1990s and early 2000s, which as far as I can tell never reached a consensus; then everyone moved on to other issues. But there were a few plausible stories, not mutually exclusive. They include the following:
How much did each of these factors contribute to the post-Gorbachev economic disaster? I don’t know, and suspect few, if any, other people do either. But Russia in the 1990s clearly offers an object lesson in how not to transition to a market economy.
The problems of the 1990s culminated in a financial crisis in 1998. After that, the Russian economy finally stabilized and resumed growth; unfortunately, it did so under the leadership of a guy named Vladimir Putin. It’s doubtful whether economic recovery required the fall of democracy, but that’s how it worked out.
This story may not be over. (Are such stories ever over?) I hope, of course, that Ukraine will defeat this invasion; if it does, one large part of the former Soviet Union may finally have achieved a durable democracy. And it’s possible to imagine a democratic Ukraine growing increasingly integrated with the European economy, showing a way to combine democracy with prosperity.
But that’s for the future. The sad historical truth is that Gorbachev’s political legacy was, to an important degree, poisoned by Russia’s economic failure.
L’incubo dopo Gorbacev,
di Paul Krugman
La maggior parte degli articoli sulla morte di Michail Gorbacev si soffermano sul fallimento politico del suo progetto di riforma. La Federazione Russa, il principale Stato succeduto all’Unione Sovietica, non è diventata, per dire il minimo, una società democratica e aperta. L’Ucraina forse finalmente ci è arrivata, ma proprio quel successo è probabilmente una importante ragione per la quale il paese adesso sta combattendo per la sua sopravvivenza contro l’invasione russa.
Quello che sto leggendo colloca una enfasi minore sui fallimenti economici della Russia dopo Gorbacev. Tuttavia quei fallimenti furono spettacolari e certamente contribuirono a preparare la strada al putinismo. Parliamo dunque di quanto malamente le cose andarono per il peggio negli anni ’90.
Anzitutto, un po’ di contesto: al giorno d’oggi tutti considerano la vecchia Unione Sovietica, con la sua economia centralmente pianificata, come un umiliante fallimento. Ma essa non venne sempre considerata in quel modo. Negli anni ’50, e persino negli anni ’60, molte persone nel mondo consideravano lo sviluppo dell’economia sovietica come una storia di successo; una nazione arretrata si era trasformata in una importante potenza mondiale (ammazzando strada facendo milioni di persone, ma chi li conta?) Alla fine degli anni ’70, il successo dell’Unione Sovietica nel convergere verso livelli di ricchezza occidentali pareva secondo solo al Giappone.
E non era neanche un miraggio statistico. Se non altro, la performance sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale dimostrava che la sua crescita industriale sotto Giuseppe Stalin era stata ben concreta.
Dopo il 1970, tuttavia, la storia della crescita sovietica cadde a pezzi, e secondo alcune misurazioni il progresso tecnologico giunse ad un punto morto.
Forse la stagnazione economica non spiega interamente l’ascesa di Gorbacev. Ma la crescente evidenza del fallimento dell’economia centralmente pianificata contribuì a preparare il terreno alla riforma. L’Unione Sovietica si sgretolava; la Russia si allontanò dal socialismo e si indirizzò verso un’economia di mercato.
E i risultati furono disastrosi.
No so se sia generalmente riconosciuto quanto furono misere le prestazioni dell’economia russa negli anni di Boris Yeltsin. Ma i dati fanno riflettere. Il prodotto interno lordo reale procapite cadde di più del 40 per cento:
La depressione di Yeltsin. Fonte: Il nostro mondo in dati
Quel declino fu sostanzialmente peggiore di quello dell’America durante la Grande Depressione:
Peggio della Grande Depressione dell’America. Fonte: FRED [1]
Agli inizi degli anni ’90, la Russia soffrì anche un’inflazione molto forte, raggiungendo un picco di più del 2000 per cento ad un tasso annuale. E no, non ho aggiunto per errore nessuno zero:
Ed ecco l’inflazione. Fonte: statbureau.org
Ho letto alcune indicazioni secondo le quali il crollo economico in Russia ed in altre economie centralmente pianificate non fu così negativo come dicono i dati, giacché le statistiche dell’epoca comunista, quando l’economia veniva producendo molti oggetti che effettivamente non voleva nessuno, potevano gonfiare il livello effettivo della produzione. Ma c’è un gran quantità di altre prove di un collasso nei livelli di vita. Tra le altre cosa, ci fu un crollo nelle aspettative di vita:
Quando un’economia negativa uccide le persone. Fonte: Il nostro Mondo in dati [2]
Né si può sostenere che questi costi nel breve periodo furono una conseguenza inevitabile della transizione dal socialismo al capitalismo. Come mette in evidenza un saggio del 2001 del FMI, la performance della Russia dopo la liberalizzazione fu assai peggiore di quella della “transizione” di altre economie:
La Russia fece peggio. Fonte: Gérard Roland, “Dieci anni dopo ,,, transizione ed economia”
Cosa ci fu dunque di sbagliato? Ci furono intensi dibattiti sul tema degli ultimi anni ’90 e dei primi anni del 2000; che da quanto capisco non hanno mai portato ad un consenso; poi tutti si spostarono verso altre tematiche. Ma ci furono alcune spiegazioni plausibili, che non si escludono reciprocamente. Esse includono la seguente:
agli inizi, la Russia si spostò solo parzialmente ad un’economia di mercato, e la privatizzazione parziale non fu sistematica. Il risultato fu una terribile combinazione di imprenditoria statale e privata che fu il peggiore di entrambi i sistemi.
Dove privatizzava, la Russia lo faceva senza le istituzioni delle quali un’economia di mercato ha bisogno per funzionare – cose come la regolamenti di sicurezza, le regole contro i comportamenti predatori e un generale Stato di diritto.
La privatizzazione disordinata creò una proliferazione di monopoli, i cui sforzi per sfruttare tutto il possibile da tutti gli altri li trasformarono nell’equivalente moderno dei ‘padroni del vapore’ – i vecchi padroni, non gli industriali dell’Età Dorata [3] – che inquinò i commerci su tutta la linea.
La privatizzazione caotica creò anche una classe di oligarchi, uomini di vaste ricchezze, non guadagnate. “La proprietà è un furto!”, dichiarava l’anarchico Pierre-Joseph Proudhon; ebbene, nella Russia di Yeltsin essa in buona parte lo era. E il potere degli oligarchi certamente distorse la politica economica.
Quanto ciascuno di questi fattori contribuirono al disastro economico dopo Gorbacev? Non lo so, e sospetto che poche altre persone, ammesso che ce ne sia qualcuno, lo sappiano. Ma la Russia negli anni ’90 offre chiaramente una lezione pratica su come non fare una transizione ad una economia di mercato.
I problemi degli anni ’90 ebbero il loro culmine in una crisi finanziaria nel 1998. Dopo quella, l’economia russa alla fine si stabilizzò e riprese a crescere; sfortunatamente, lo fece sotto la guida di un individuo dal nome di Vladimir Putin. È dubbio se la ripresa economica richiedesse la caduta della democrazia, ma è ciò che avvenne .
Forse la storia non è finita (storie del genere finiscono mai?). Io spero, naturalmente, che l’Ucraina sconfigga l’invasione; se lo fa, una gran parte della passata Unione Sovietica potrebbe finalmente aver realizzato una democrazia durevole. Ed è possibile immaginare che un’Ucraina democratica che cresca sempre più integrata con l’economia europea, mostrando un modo per combinare democrazia e prosperità.
Ma questo vale per il futuro. La triste verità storica è che l’eredità politica di Gorbacev, in misura importante, venne avvelenata dal fallimento economico della Russia.
[1] La tabella mostra l’andamento del PIL reale americano negli anni ’30; come si vede il crollo fu di circa il 25 per cento rispetto al 1929, inferiore al 40 per cento russo della tabella precedente.
[2] Come si vede, l’aspettativa media di vita passò dai circa 65 anni nei primi anni 2000 ad oltre i 72 anni nel 2010.
[3] Il termine “robber barons” – letteralmente “baroni rapinatori” – si riferisce ai signorotti del Medioevo tedesco, che imponevano con la forza pedaggi a tutti coloro che trasportavano merci sul fiume Reno. Con una approssimativa somiglianza, lo traduco con “padroni del vapore”, che nella storia italiana indicano una categoria di industriali che nell’ottocento sfruttavano soprattutto la risorsa idrica per produrre in modi privatistici e monopolistici energia (ma senza l’uso medioevale della forza militare, che renderebbe semmai un po’ più somigliante il caso di Ghino di Tacco, che però … rubava e basta). Anche l’assimilazione americana agli industriali dell’Età Dorata, del resto, è approssimativa; la somiglianza deriva da un giudizio morale.
By mm
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