With the death of Elizabeth II, it is tempting to talk about the immutability of British institutions, in contrast to France and its many revolutions and constitutions. In reality, things are more complex, and the two countries are closer than they sometimes imagine, including when it comes to their political systems and institutions. The United Kingdom has seen its share of constitutional revolutions and upheavals, including the fall of the House of Lords, which has been without real power since the People’s Budget crisis of 1909. Deprived of its Lords, who until then had been the backbone of the government and of executive and legislative power (most of the prime ministers had come from them), the British monarchy has been nothing more than a facade, governed entirely by its House of Commons, at least until the shock of the Brexit referendum in 2016.
Let’s start at the beginning. The country had its first « French revolution » in 1530, with Henry VIII’s dissolution of the monasteries. In the same way as in France after 1789, but more than two centuries before, the Church’s land was sold to nobles and the bourgeoisie – those who could afford to buy them. This meant the state could be bailed out, while contributing to the creation of a new class of powerful and unified private owners, ready to embark unhindered on agrarian and then industrial capitalism. After the beheading of Charles I in 1649 and then a brief period of republicanism, the Crown had no choice during the « Glorious Revolution » of 1688 but to submit to the power of Parliament, clearly dominated by the House of Lords. In the 19th century, societal and labor uprisings and the rise of universal suffrage reinforced the House of Commons’s legitimacy. The conflict between the two Houses became inevitable and was played out in two stages.
In the 1880s, Lord Salisbury, leader of the Tories and the House of Lords, unwisely put forward the « referendum » theory: The Lords would have not only the moral and political right but also the duty, if they thought it good for the country, to veto legislation passed by the Commons – except in cases where legislation had been shown to the country before the vote. As a result, in 1894, the Lords vetoed Gladstone’s (the leader of the Liberals) plans for new legislation on Ireland, a moderately popular reform that had not been explicitly put before voters. This allowed the Conservatives to win the 1895 election and return to power. But Salisbury’s recklessness soon became apparent.
Back in power under Lloyd George, the Liberals had their famous People’s Budget adopted by the Commons in 1909, with an explosive cocktail of measures: the creation of a progressive tax on total income (the supertax, which was added to the quasi-proportional taxes that had been imposed on different categories of income since 1842); an increase in inheritance tax on the largest inheritances; and an increase in property tax, particularly on large landed estates.
The whole package made it possible to finance a new series of social measures, in particular concerning workers’ pensions, in an electoral context in which it was necessary to make promises to the working classes. The whole thing was perfectly calibrated to gain public support, while at the same time being an unacceptable provocation for the Lords, especially since Lloyd George did not miss an opportunity to publicly mock the idleness and uselessness of the aristocratic class. The Lords fell for it and vetoed the « People’s Budget. »
Lloyd George then chose to double down by passing a new law in the Commons, this time a constitutional one, whereby the Lords would no longer be able to amend finance laws and their power to block other legislation would be limited to one year. The Lords unsurprisingly vetoed this planned suicide, and a new election was called, which resulted in another Liberal victory. Under the Salisbury Convention, and under pressure from the king to appoint a new batch of Lords if they reneged on their promise (a nuclear weapon rarely used in history but decisive in a crisis), the Lords were forced to pass the new Constitution Act in 1911. It was at this point that the House of Lords lost all real legislative power. Since 1911, popular opinion is expressed at the ballot box and in the House of Commons, and that is the law of the land in the United Kingdom, while the Lords have had only a purely advisory and largely ceremonial role. In 1945, the working class party won the election and set up the National Health Service. At the same time, the French senate also lost its veto power, after decades of blocking many essential social reforms (starting with women’s right to vote, adopted by the Chamber of Deputies in 1919).
With Brexit and arrival of Liz Truss into Downing Street, the two countries seem to be drifting apart again. But we can bet that protests and the social crises to come will continue to hold many surprises for us. France and the United Kingdom will continue to learn from each other and may one day meet again if the European Union finally succeeds in its social and democratic revolution. God save democracy!
Una Regina senza nessun lord?
Di Thomas Piketty
Con la morte di Elisabetta II, si è tentati di parlare della immutabilità delle istituzioni inglesi, all’opposto della Francia e delle sue molte rivoluzioni e costituzioni. In realtà, le cose sono più complesse, e i due paesi sono più vicini di quanto talvolta si immagina, compreso quando si tratta dei loro sistemi politici e delle loro istituzioni. Il Regno Unito ha sempre avuto la sua parte di rivoluzioni e di sollevazioni, compresa la caduta della Camera dei Lord, che dal momento della crisi del ‘Bilancio del Popolo’ del 1909 è rimasto senza potere reale. Privata dei suoi Lord, che fino ad allora erano stati la spina dorsale del potere esecutivo e legislativo (la maggioranza dei Primi Ministri erano venuti da loro), la monarchia britannica non è stata niente di più che una facciata, governata interamente dalla sua Camera dei Comuni, almeno sino allo shock del referendum della Brexit nel 2016.
Partiamo dagli inizi. Il paese ebbe la sua prima “rivoluzione francese” nel 1530, con lo scioglimento dei monasteri di Enrico VIII. Nello stesso modo che nella Francia dopo il 1789, ma più di due secoli prima, le terre della Chiesa vennero vendute ai nobili e alla borghesia – almeno a coloro che potevano permettersi di acquistarle. Questo comportò il salvataggio dello Stato, contribuendo al tempo stesso alla creazione di una nuova classe di proprietari privati potente e unita, pronta a imbarcarsi senza più impedimenti nel capitalismo agrario e poi industriale. Dopo la decapitazione di Carlo I nel 1649 e poi di un breve periodo di repubblicanesimo, la Corona non ebbe altra scelta durante la “Gloriosa Rivoluzione” del 1688 che sottomettersi al potere del Parlamento, chiaramente dominato dalla Camera dei Lord. Nel diciannovesimo secolo, le rivolte sociali e del lavoro e l’ascesa del suffragio universale rafforzarono la legittimazione della Camera dei Comuni. Il conflitto tra le due Camere divenne inevitabile e si svolse in due fasi.
Negli anni ’80 di quel secolo, Lord Salisbury, leader dei Tories e della Camera dei Lord, non saggiamente propose la teoria del “referendum”: i Lord non avevano solo il diritto morale e politico ma anche il dovere, se pensavano fosse positivo per il paese, di mettere un veto alla legislazione approvata dei Comuni – ad eccezione di quei casi nei quali le leggi fossero state illustrate al paese prima delle votazioni. Come risultato, nel 1894, i Lord misero il veto ai progetti di Gladstone (il leader dei liberali) per una nuova legge sull’Irlanda, una riforma moderatamente popolare che non era stata esplicitamente illustrata in precedenza agli elettori. Questo permise ai conservatori di vincere alle elezioni del 1895 e di tornare al potere. Ma divenne subito evidente l‘avventatezza di Salisbury.
Tornati al potere con Lloyd George, i liberali ebbero il loro famoso ‘Bilancio del Popolo’ adottato dai Comuni nel 1909, con un cocktail esplosivo di misure: la creazione di una tassa progressiva sui redditi totali (la supertassa, che venne aggiunta alle tasse quasi proporzionali che erano state imposte alle diverse categorie di reddito sin dal 1842); un aumento della tassa di successione sulle più grandi eredità; e un aumento della tassa sui patrimoni, in particolare sule ampie proprietà immobiliari.
Il nuovo pacchetto rese possibile il finanziamento di una nuova serie di misure sociali, in particolare riguardanti le pensioni dei lavoratori, in un contesto elettorale nel quale era necessario fare promesse alle classi lavoratrici. L’intera cosa venne perfettamente calibrata per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica, ma allo stesso tempo per i Lord risultò una provocazione inaccettabile, dal momento che Lloyd George non perse nessuna occasione per deridere pubblicamente l’indolenza e l’inutilità della classe aristocratica. I Lord caddero nell’inganno e misero il veto al ‘Bilancio del Popolo’.
Lloyd George scelse allora di raddoppiare approvando una nuova legge ai Comuni, questa volta una legge costituzionale, per la quale i Lord non avrebbero più avuto la possibilità di emendare le leggi finanziarie e il loro potere di bloccare le altre leggi sarebbe stato limitato ad un anno. Non sorprendentemente i Lord misero il veto a questo suicidio programmato, e vennero convocate nuove elezioni, che si conclusero con un’altra vittoria liberale. Con la Convenzione Salisbury, e sotto la pressione del Re di nominare un nuovo gruppo di Lord, se essi si fossero rimangiati la loro promessa (un’arma nucleare raramente usata nella storia ma decisiva in una crisi), i Lord nel 1911 furono costretti ad approvare la nuova Legge Costituzionale. Fu a questo punto che la Camera dei Lord perse ogni reale potere legislativo. A partire dal 1911, l’opinione popolare si espresse nelle urne ed alla Camera dei Comuni, e nel Regno Unito quella è la legge dello Stato, mentre i Lord hanno soltanto una funzione di consulenza e in gran parte cerimoniale. Nel 1945, il partito della classe lavoratrice vinse le elezioni e organizzò il Servizio Sanitario Nazionale. Nello stesso tempo, anche il Senato francese perdeva il suo potere di veto, dopo decenni di blocco di molte essenziali riforme sociali (a partire dal diritto di voto alle donne, adottato dalla Camera dei Deputati nel 1919).
Con la Brexit e l’arrivo a Downing Street di Liz Truss, i due paesi sembrano nuovamente allontanarsi. Ma possiamo scommettere che le proteste e le crisi sociali continueranno a riservarci molte sorprese. La Francia e il Regno Unito continueranno ad imparare l’uno dall’altro e forse un giorno si incontreranno ancora, se l’Unione Europea alla fine avrà successo nella sua rivoluzione sociale e democratica. Dio salvi la democrazia!
By mm
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