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L’autoinflitta catastrofe economica dell’India, di Jayati Gosh (da Project Syndicate, 20 ottobre 2022)

 

Oct 20, 2022

India’s Self-Inflicted Economic Catastrophe

JAYATI GHOSH

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NEW DELHI – Nearly 80% of the estimated 70 million people around the world who fell into extreme poverty at the onset of COVID-19 in 2020 were from India, a recent World Bank report has revealed. But even this shocking figure could be an underestimate, as the lack of official data makes it difficult to assess the pandemic’s human costs.

What accounts for this alarming rise in Indian poverty? COVID-19 was undoubtedly India’s worst health calamity in at least a century. But the pandemic’s economic and social consequences go beyond the direct effects on health and mortality. As I argue in my recent book, The Making of a Catastrophe: The Disastrous Economic Fallout of the COVID-19 Pandemic in India, very significant policy failures – owing to government action and inaction – were responsible for widespread and significant damage to Indian livelihoods and for the country’s decline in terms of many basic indicators of economic well-being.

This judgment may seem excessively harsh. After all, India’s government did not cause the pandemic, and many other countries experienced economic setbacks after they failed to control the virus. But the devastating impact of the pandemic on India has been compounded by economic policies that reflected the country’s deeply-embedded inequalities.

To be sure, the pandemic did not create India’s many economic vulnerabilities. But it did highlight India’s many societal fissures and fault lines. And while the country already suffered from glaring inequalities of income, wealth, and opportunities long before COVID-19, the government’s pandemic response has taken them to unimaginable extremes.

Even as Indian workers faced poverty, hunger, and ever-greater material insecurity due to the pandemic, money and resources continued to flow from the poor and the middle class to the country’s largest corporations and wealthiest individuals. The intersecting inequalities of caste, gender, religion, and migration status have become increasingly marked and oppressive. The result has been a major setback to social and economic progress.

The grim state of affairs reflects the priorities of the ruling Bharatiya Janata Party (BJP) response. At the beginning of the pandemic, the central government imposed a prolonged nationwide lockdown with little notice. It then adopted containment strategies that were clearly unsuited to the Indian context, with immediately devastating effects on employment and livelihoods.

Instead of using the breathing space provided by the lockdown to bolster local health systems, the central government left state authorities to manage as best they could with minimal and inadequate resources. And when the resulting economic disaster threatened to spiral out of control, the government eased restrictions to “unlock” the economy even as the number of cases mounted, thereby putting more people at risk.

But at the heart of India’s self-inflicted economic catastrophe is the government’s decision to provide very little compensation or social protection, even as COVID-19 lockdowns deprived hundreds of millions of their livelihoods for several months. At a time when governments worldwide were significantly increasing public spending to fight the pandemic and mitigate its economic impact, the Indian government preferred to control expenditures (after adjusting for inflation) as its revenues declined.

But in a country where median wages are too low to provide more than the most basic subsistence, losing even a week’s income could lead millions to the brink of starvation. Given that more than 90% of all workers in India are informal – without any legal or social protection – and that around half of those are self-employed, the effect was immediate and devastating.

The government’s decision not to increase spending aggravated the shock of the lockdown, generating a humanitarian crisis that disproportionately affected women and marginalized groups, including millions of migrant workers who were forced to return home under harrowing conditions.

But the effects of the official response to the pandemic are only one side of the story. COVID-19 safety measures have been a natural fit for the country’s still-pervasive caste system, which has long relied on forms of social distancing to enforce the socioeconomic order and protect those at the top. It also further entrenched India’s persistent patriarchy.

Instead of taking appropriate countermeasures, like providing greater support to the population, the BJP used the pandemic to consolidate its power and suppress dissent. This, in turn, limited the central government’s ability to generate the widespread social consensus and public trust needed to contain the virus.

None of this was inevitable. Even within India’s deep-seated social and political constraints, there is scope for a different economic strategy that would enable a just, sustainable, and more equitable recovery. To ensure that most Indians, not just the stock market or large companies, benefit from growth, India’s voters must reject the BJP’s policies, which threaten to impoverish them further.

 

L’autoinflitta catastrofe economica dell’India,

di Jayati Gosh

 

NUOVA DEHLI – Un recente rapporto della Banca Mondiale ha rivelato che circa l’80% degli stimati 70 milioni di persone che sono cadute in povertà estrema con l’insorgere del Covid-19, sono stati in India. Ma persino questo dato impressionante, potrebbe essere sottostimato, dato che la mancanza di dati ufficiali rende difficile valutare i costi umani della pandemia.

Cosa spiega questa allarmante crescita della povertà indiana? Indubbiamente, il Covid-19 è stato la peggiore calamità sanitaria dell’India in almeno un secolo. Ma le conseguenze economiche e sociali della pandemia vanno oltre gli effetti diretti sulla salute e sulla mortalità. Come sostengo in un mio libro recente, “La creazione di una catastrofe: la disastrosa ricaduta della pandemia del Covid-19 in India”, fallimenti politici molto significativi – dovuti alle iniziative ed alla mancanza di iniziative del Governo – sono stati responsabili di un danno generalizzato e rilevante ai mezzi di sostentamento indiani e al declino del paese per molti indicatori fondamentali del benessere economico.

Questo giudizio può apparire eccessivamente severo. Dopo tutto, non è stato il Governo dell’India a provocare la pandemia, e molti altri paesi hanno conosciuto arretramenti economici dopo che non erano riusciti a controllare il virus. Ma l’impatto devastante della pandemia sull’India è stato aggravato da politiche economiche che riflettevano le ineguaglianze profondamente radicate del paese.

Di certo, non è stata la pandemia a creare molte vulnerabilità economiche del paese. Ma essa ha messo in evidenza molte divisioni sociali e vere e proprie linee di frattura dell’India. E mentre il paese già soffriva di clamorose ineguaglianze di reddito, di ricchezza e di opportunità ben prima del Covid-19, la risposta del Governo alla pandemia le ha condotte a estremi inimmaginabili.

Anche mentre i lavoratori fronteggiavano povertà, fame ed una insicurezza materiale maggiore di sempre a seguito della pandemia, soldi e risorse  hanno continuato a scorrere dalle classi povere e medie alle più grandi società del paese ed agli individui più ricchi. Le interconnesse ineguaglianze di casta, di genere, di religione e la condizione emigratoria sono diventate sempre più notevoli e opprimenti. Il risultato è stato una importante battuta d’arresto del progresso sociale ed economico.

La difficile condizione della cosa pubblica riflette le priorità della risposta del Bharatiya Janata Party (BJP) [1] al potere. Agli inizi della pandemia,  il governo centrale impose un prolungato blocco su scala nazionale con scarso preavviso. Esso poi adottò strategie di contenimento che erano chiaramente inadatte al contesto indiano, con effetti nell’immediato devastanti sull’occupazione e sui mezzi di sostentamento.

Invece di utilizzare la tregua fornita dal lockdown per incoraggiare i sistemi sanitari locali, il governo centrale lasciò con minime e inadeguate risorse le autorità statali a gestire come meglio potevano. E quando il conseguente disastro economico minacciava di aumentare vertiginosamente senza controllo, il Governo allentò le restrizioni per “sbloccare” l’economia anche se cresceva il numero dei casi, di conseguenza mettendo a rischio più persone.

Ma al cuore della auto inflitta catastrofe economica dell’India si colloca la decisione del Governo di fornire compensi o protezione sociale molto scarsi, anche se il Covid-19 privava centinaia di milioni di persone dei loro mezzi di sostentamento per vari mesi. In un momento nel quale i governi di tutto il mondo stavano aumentando significativamente la spesa pubblica per combattere la pandemia e mitigare il suo impatto economico, il Governo indiano, mentre le sue entrate erano in calo (una volta corrette per l’inflazione), preferiva controllare le spese.

Ma in un paese nel quale i salari medi sono troppo bassi per fornire qualcosa di più che la fondamentale sussistenza di base, perdere persino il reddito di una settimana può portare milioni di persone sulle soglie della fame. Dato che più del 90% di tutti i lavoratori indiani non hanno contratti – senza alcuna protezione legale o sociale – e che circa la metà di quelli sono autonomi, l’effetto è stato immediato e devastante.

La decisione del Governo di non aumentare a spesa ha aggravato il trauma del lockdown, provocando una crisi umanitaria che ha colpito in modo sproporzionato le donne e i gruppi marginalizzati, compresi milioni di lavoratori immigrati che sono stati costretti a tornare a casa in condizioni strazianti.

Ma gli effetti della risposa delle autorità alla pandemia sono stati solo un aspetto della storia. Le misure di sicurezza er il Covid-19 sono calzate a pennello per il sistema ancora pervasivo nel paese delle caste, che si è a lungo basato su forme di distanziamento sociale per far rispettare l’ordine socioeconomico e proteggere i più benestanti. Esso ha anche ulteriormente consolidato il persistente patriarcato dell’India.

Invece di prendere contromisure appropriate, come fornire un maggiore sostegno alla popolazione, il BJP ha utilizzato la pandemia per consolidare il suo potere e sopprimere il dissenso. Questo, a sua volta, ha limitato la capacità del Governo centrale di generare il complessivo consenso sociale e la fiducia dell’opinione pubblica per contenere il virus.

Niente di questo era inevitabile. Persino all’interno delle limitazioni sociali e politiche profondamente radicate dell’India, c’è margine per una diversa strategia economica che permetterebbe un ripresa giusta, sostenibile e più equa. Per garantire che la maggioranza degli indiani, non solo il mercato azionario e le grandi società, traggano benefici dalla crescita, gli elettori dell’India debbono respingere le politiche del BJP, che minacciano di impoverirli ulteriormente.

 

 

 

 

 

[1] Il Bharatiya Janata Party, traducibile come “Partito del Popolo Indiano”, BJP, è un partito politico dell’India. Fondato nel 1980, è il maggior partito conservatore del Paese, fautore di una politica nazionalista e di difesa dell’identità induista. Ha governato il Paese, in una coalizione che comprendeva anche altri partiti, tra il 1998 e il 2004, con Atal Bihari Vajpayee come primo ministro. È stato il maggior partito di opposizione al Partito del Congresso Indiano di Sonia Gandhi fino alle Elezioni parlamentari in India del 2014. Dal 26 maggio 2014 il suo leader Narendra Modi è divenuto primo ministro dell’India. Nel maggio 2021, il BJP perde le elezioni locali in diversi stati indiani, in quella che viene considerata una punizione degli elettori per la gestione della pandemia da parte di Modi. Wikipedia.

 

 

 

 

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