EDINBURGH – Pakistan’s catastrophic floods last year not only reminded us of the perils of climate change. They also exposed the fact that tens of millions of children are being systematically betrayed.
The torrential monsoon rains destroyed as many as 27,000 schools and brought students’ education to a halt. Worse, despite diligent efforts by United Nations agencies and NGOs, millions of children remain out of school to this day. And with millions of young Pakistanis already excluded from access to education before last year’s disaster, the Indian subcontinent now has the largest out-of-school population in the world.
The link between climate change, forced displacement, and education has never been more glaring. Climate change is increasingly displacing populations on a massive scale, with devastating knock-on effects in the form of school closures and other interruptions to education.
Even though developing countries have contributed very little to climate change, it is their children who will suffer the most from it. Almost half of the world’s children live in the 33 countries classified as being at “extremely high risk” of being severely affected by climate change. Entire generations face the threat of being uprooted by floods, droughts, or wildfires, all of which will result in a loss of learning and potentially a loss in their lifetime prospects.
In 2021, 95% of all internal displacement occurred in countries on the front line of climate change. In Somalia, for example, drought and famine-like conditions have forced some 2.9 million people from their homes, triggering conflicts over access to food, water, and livelihoods, and adding to the critical need for psychosocial and mental-health support. Nor is Somalia alone. Millions more are being affected in similar ways elsewhere.
Official figures tell us that prior to the recent floods in Pakistan, weather-related events were already affecting ten million children around the world each year. But some estimates have painted an even bleaker picture, putting the number at nearly 40 million per year.
Children displaced because of climate change thus represent a growing share of the 222 million crisis-hit boys and girls who require educational support. These children are increasingly missing out on a quality education, and thus are left without basic literacy or numeracy skills, let alone the additional qualifications they will need to enter the workforce.
The rapidly worsening education crisis challenges us to develop more innovative strategies for ensuring that all children are in school and learning. We will need to devise better, more imaginative ways to deliver education to people on the move. For example, curricula and other materials should be tailored more for a mix of online and in-person delivery, and school buildings should be used more efficiently by introducing double shifts. We also should encourage more safe-school initiatives like those pioneered in Nigeria after the kidnapping of hundreds of schoolgirls.
Once proven effective, these creative solutions will then need to be replicated and scaled up to support refugees and displaced children everywhere.
To that end, we also will need to mobilize sufficient financing for vehicles like Education Cannot Wait, the UN’s global fund designed specifically to address the link between climate change, forced displacement, and education. ECW has successfully rolled out education programs in dozens of crisis-affected countries in recent years, and it remains fully committed to addressing “the obstacles that have prevented humanitarian and development actors from delivering quality education in humanitarian crises.”
ECW’s replenishment summit on February 16-17 thus provides a timely opportunity not just to help children displaced by climate change and conflict, but also to emphasize that progress on the global education agenda is central to achieving the Sustainable Development Goals. SDG4 calls on the international community to ensure, by 2030, that “all girls and boys complete free, equitable, and quality primary and secondary education.” To help reach the 222 million young people whose learning has been affected by conflicts and disasters, ECW aims to raise $1.5 billion for the 2023-26 period – a mere rounding error compared to what governments spend on arms and fossil-fuel subsidies.
To have any hope of achieving SDG4, progress toward returning internally displaced and refugee children to school is essential. With millions of children’s futures hanging in the balance, we must ensure access to education in emergencies and support a global fund that works.
La nuova linea del fronte della crisi dell’istruzione,
di Gordon Brown
EDIMBURGO – Le catastrofiche inondazioni del Pakistan dell’anno passato non ci hanno solo ricordato i pericoli del cambiamento climatico. Esse ci hanno anche posto dinanzi al fatto che decine di milioni di bambini sono stati sistematicamente traditi.
Le piogge monsoniche torrenziali hanno distrutto qualcosa come 27.000 scuole e costretto a bloccare l‘educazione degli studenti. Peggio ancora, nonostante gli sforzi diligenti delle agenzie delle Nazioni Unite e delle ONG, ancora oggi milioni di bambini restano senza la scuola. E con milioni di giovani pakistani già esclusi dall’accesso all’istruzione prima del disastro dell’ultimo anno, il sub continente indiano adesso ha la più grande popolazione non scolarizzata nel mondo.
Il collegamento tra cambiamento climatico, sfollamento coatto della popolazione ed educazione non è mai stato più lampante. Il cambiamento climatico sta sempre di più portando a sfollamenti massici le popolazioni, con effetti a catena nella forma di chiusure delle scuole e di altre interruzioni dell’istruzione.
Anche se i paesi in via di sviluppo hanno contribuito minimamente al cambiamento climatico, sono i loro bambini che soffrono maggiormente per esso. Quasi la metà dei bambini del mondo vivono nei 33 paesi classificati a “rischio estremamente elevato” di essere gravemente colpiti dal cambiamento climatico. Generazioni intere sono dinanzi alla minaccia di non venire protette da alluvioni, siccità o incendi dei boschi, il che comporterà per tutti una perdita di istruzione e potenzialmente una perdita nelle loro prospettive di vita.
Nel 2021, il 95% di tutti gli sfollamenti all’interno dei paesi sono avvenuti in luoghi in prima linea nel cambiamento climatico. In Somalia, ad esempio, la siccità e le condizioni da carestia hanno allontanato 2,9 milioni di persone dalle loro case, innescando conflitti sull’accesso al cibo, all’acqua ed ai mezzi di sostentamento, e aggiungendosi al bisogno fondamentale di sostegno psicosociale e di salute mentale. E la Somalia non è sola. Milioni di persone sono colpite in modo simile altrove.
Personaggi in ruoli di direzione ci dicono che prima delle recenti alluvioni nel Pakistan, eventi connessi con il clima stavano già interessando dieci milioni di bambini all’anno in tutto il mondo. Ma alcune stime hanno dipinto un quadro persino più cupo, portando il dato a quasi 40 milioni all’anno.
I bambini sfollati dal cambiamento climatico rappresentano quindi una quota crescente dei 222 milioni di ragazzi e ragazze colpiti dalla crisi che hanno bisogno di sostegno educativo. Questi bambini stanno sempre più perdendo un’educazione di qualità, e quindi sono lasciati senza l’alfabetizzazione di base e le competenze aritmetiche, per non dire delle qualifiche aggiuntive delle quali avranno bisogno per entrare nella forza lavoro.
La crisi dell’educazione in rapido peggioramento ci sfida a sviluppare strategie più innovative per garantire che tutti i bambini vadano a scuola e apprendano. Avremo bisogno di ideare modi migliori, più fantasiosi per fornire l’educazione alle persone che si spostano. Ad esempio, i curricola ed altri aspetti materiali dovrebbero essere confezionati su misura per un mix di fornitura on-line e di persona, e gli edifici scolastici dovrebbero essere utilizzati con più efficienza introducendo i doppi turni. Dovremmo anche incoraggiare più iniziative sulle ‘scuole sicure’ come quelle nelle quali la Nigeria è stata all’avanguardia dopo il rapimento di centinaia di studentesse.
Una volta mostratesi efficaci, queste soluzioni creative dovranno poi essere replicate e incrementate per sostenere dappertutto i rifugiati ed i bambini sfollati.
A questo fine, avremo anche bisogno di mobilitare finanziamenti sufficienti per strumenti come L’istruzione non può attendere (ECW), il fondo globale delle Nazioni Unite concepito particolarmente per affrontare il collegamento tra cambiamento climatico, sfollamento coatto ed educazione. L’ECW ha messo in atto programmi educativi in dozzine di paesi colpiti negli anni recenti dalla crisi, e resta pienamente impegnata ad affrontare “gli ostacoli che hanno impedito agli attori degli interventi umanitari e dello sviluppo di fornire educazione di qualità nelle crisi umanitarie”.
Il summit del 16-17 febbraio per il rifinanziamento dell’ECW fornisce dunque una opportunità tempestiva non solo per aiutare i bambini sfollati dal cambiamento climatico e dai conflitti, ma anche per mettere l’accento sul fatto che il progresso nell’agenda globale sull’educazione è centrale per realizzare gli Obbiettivi dello Sviluppo Sostenibile (SDG). La quarta versione degli SDG chiama la comunità internazionale a garantire, per il 2030, a “tutte le ragazze ed i ragazzi una educazione primaria e secondaria completamente gratuita, equa e di qualità”. Per contribuire a raggiungere i 222 milioni di giovani il cui apprendimento è stato colpito dai conflitti e dai disastri naturali, l’ECW ha l’obbiettivo di raccogliere 1,5 miliardi di dollari per il periodo 2023-26 – un’inezia a fronte di quello che i Governi spendono sulle armi e sui sussidi ai combustibili fossili.
Per avere una qualche speranza di realizzare la quarta versione degli SDG, sarà essenziale il progresso verso il ritorno a scuola dei bambini sfollati nelle calamità nazionali e rifugiati. Con il futuro di milioni di bambini che è in bilico, dobbiamo garantire l’accesso all’istruzione nelle emergenze ed il sostegno ad un finanziamento globale che funzioni.
By mm
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