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Il nostro debito verso le future generazioni, di Joseph E. Stiglitz (da Project Syndicate, 14 giugno 2023)

 

Jun 14, 2023

Our Debt to Future Generations

JOSEPH E. STIGLITZ

Stiglitz

NEW YORK – Conservatives often make a big show of worrying about the debt burden that we are passing on to our children. This moral argument featured prominently in congressional Republicans’ refusal to support a routine increase to the US debt ceiling. The GOP supposedly is so committed to reducing spending that it is willing to hold the global economy hostage and risk permanent damage to America’s reputation.

No one argues that we should not think about future generations. The real question is what current policies and fiscal commitments will better serve the interests of our children and grandchildren. Viewed from this perspective, it is clear that it is the Republicans who are exhibiting a reckless disregard for the consequences of their actions.

Anyone with economic bona fides knows that one must always look at both sides of the balance sheet. What really matters is the difference between assets and liabilities. If debt increases but assets rise even more, the country is better off – and so, too, are future generations. This is true whether one invests in infrastructure, education, research, or technology. But even more important is natural capital: the value of our environment, water, air, and soil. If our air and water are polluted and our soil is contaminated, we are passing on a greater burden to our children.

Financial debt is just something we owe to each other. It is a matter of pieces of paper that can be shuffled around to adjust entitlements to goods and services. If we default on our debt, our reputation will be tarnished, but our physical, human, and natural capital will remain unchanged. Bondholders will find themselves poorer than they thought, and some taxpayers may end up richer than they would be if the debt was repaid, but our overall “wealth” will not have changed.

“Environmental debt” is different. It is a burden that cannot be eliminated with the stroke of a bankruptcy judge’s pen. Damage done today may take decades to repair and require spending money that could have been used to enrich the country. By the same token, wise spending to protect and rehabilitate the environment – like investments to reduce greenhouse-gas emissions – will leave future generations better off even if financed by debt.

Suppose we could estimate the direct benefits of such investments – for example, the increased output (or the reduced costs of repairing damage caused by wildfires, hurricanes, and other extreme weather events), and the value of improved health and longevity from reduced air pollution – in money terms. What rate of return should we demand? The US government is currently trying to answer this question, and whatever it comes up with will have far-reaching consequences. If we require a high rate of return (as the Trump administration did when it set the bar at as much as 7% per year), there will be little investment in climate-change mitigation, and future generations will roast in a world where temperatures have increased by 3° Celsius or more.

Given the inevitable consequences of inaction, investments in climate mitigation should be seen as a kind of insurance. The payoffs are highest when the effects of climate change are most adverse, and when the value of money is particularly high. The required returns on “insurance investments” ought to be lower than the safe real (inflation-adjusted) interest rate. That rate has actually been negative in recent years; but even taking a much longer-term perspective, it has been around 1%, plus or minus 0.5%. The appropriate “discount rate” therefore should be markedly lower than 7%, lower even than the 2.5-5% rate used by the Obama administration, and possibly even negative.

To consider the matter from another angle, we can ask what discount rate is required to achieve the internationally agreed goal of limiting global warming to 1.5-2°C. Allowing temperatures to rise permanently beyond this threshold poses unacceptable risks. The fires, hurricanes, floods, droughts, frosts, and other disasters that we have been enduring are merely a preview of what this future would hold. Calculations using high discounts – even the discounts used by the Obama administration – won’t enable us to meet the 1.5° goal.

We could also view the matter from the perspective of “future generations.” What value do we place on our children? What are their rights? If we value them as much as we value ourselves (and there is no ethical reason not to), we must account for how damage done to the environment today will affect their well-being. Since we are obviously living beyond planetary limits, we have an urgent moral obligation to reduce all forms of pollution.

Around the world, children and young adults are demanding that today’s leaders enact the policies needed to preserve their future. They are claiming this as a basic right, and in some jurisdictions – including the United States, where a federal judge in Oregon recently ruled that a constitutional climate lawsuit filed by 21 young Americans can proceed and a similar suit is already proceeding against the State of Montana – children are going to court to fight for their interests. Shouldn’t their elders be doing the same?

 

Il nostro debito verso le future generazioni,

di Joseph E. Stiglitz

 

NEW YORK – I conservatori spesso mettono in mostra grandi sceneggiate di inquietudine sul peso del debito che staremmo trasferendo ai nostri figli. Questa argomentazione morale si è manifestata in modo chiarissimo nel rifiuto dei repubblicani del Congresso di sostenere un ordinario aumento del tetto del debito statunitense. Il Partito Repubblicano è apparso così impegnato a ridurre la spesa da essere disponibile a tenere in ostaggio l‘economia globale e da rischiare un danno permanente alla reputazione dell’America.

Nessuno sostiene che non dovremmo pensare alle generazioni future. La vera domanda è quali delle attuali politiche e degli impegni della finanza pubblica serviranno meglio gli interessi dei nostri figli e nipoti. Considerato in questa prospettiva, è chiaro che sono i repubblicani che stanno mostrando un avventato disprezzo per le conseguenze delle loro azioni.

Chiunque sia in buona fede con l’economia sa che si deve sempre guardare ad entrambi i versanti di un equilibrio patrimoniale. Ciò che realmente conta sono le differenze tra le proprietà e le passività. Se il debito cresce ma gli asset crescono anche di pù, il paese sta meglio, e così anche le generazioni future. Questo è vero se si investe in infrastrutture, educazione, ricerca o tecnologia. Ma il capitale naturale è ancora più importante: il valore del nostro ambiente, dell’acqua, dell’aria e del suolo. Se la nostra aria ed acqua sono inquinate e il nostro suolo è contaminato, noi stiamo trasferendo un peso più grande sui nostri figli.

Il debito finanziario è solo qualcosa che dobbiamo gli uni agli altri. È una faccenda di pezzi di carta che possono essere rimescolati tra di loro per correggere quotazioni a beni e servizi. Se noi non onoriamo il nostro debito, la nostra reputazione ne sarà danneggiata, ma il nostro capitale fisico, umano e naturale resterà immutato. I possessori di obbligazioni si ritroveranno più poveri di quello che pensavano, e alcuni contribuenti potrebbero finire più ricchi di quello che sarebbero stati se il debito fosse ripagato, ma la nostra “ricchezza” complessiva non sarà cambiata.

Il “debito ambientale” è un’altra cosa. Esso è un onere che non può essere eliminato con un tratto di penna di un giudice fallimentare. Ci possono volere decenni per riparare un danno fatto oggi e il farlo può richiedere  spendere soldi che avrebbero potuto essere usati per arricchire il paese. Per lo stesso motivo, spendere con saggezza per proteggere e per recuperare l’ambiente – come negli investimenti per ridurre le emissioni dei gas serra – lascerà la future generazioni in condizioni migliori anche se viene finanziato col debito.

Supponiamo di poter stimare in termini monetari i benefici diretti di tali investimenti – ad esempio, l’accresciuta produzione (o i costi ridotti nel riparare i danni prodotti dagli incendi, dagli uragani e da altri eventi atmosferici estremi), e il valore della salute e della longevità migliorate dal ridotto inquinamento atmosferico. Quale tasso di rendimento dovremmo chiedere? Il Governo statunitense sta attualmente cercando di rispondere a questa domanda, e in qualsiasi modo ne verrà a capo le conseguenze saranno di vasta portata. Se richiediamo un elevato tasso di rendimento (come fece l’Amministrazione Trump quando fissò l’asticella a non meno del 7% all’anno), ci saranno pochi investimenti nella attenuazione del cambiamento climatico, e le future generazioni arrostiranno in un mondo ne quale le temperature saranno cresciute di 3 gradi Celsius o più.

Date le inevitabili conseguenze dell’inazione, gli investimenti nella mitigazione del cambiamento del clima dovrebbero essere considerati come un sorta di assicurazione. I vantaggi sono più elevati quando gli effetti del cambiamento climatico sono più avversi, e quando il valore del denaro è particolarmente alto. I rendimenti richiesti sugli “investimenti assicurativi” dovrebbero essere più bassi di un sicuro tasso di interesse reale (corretto per l’inflazione). Questo tasso è stato effettivamente negativo negli anni recenti; ma persino assumendo una prospettiva ad un termine molto più lungo, esso è stato attorno all’1%, più o meno lo 0,5%. Di conseguenza, l’appropriato “tasso di sconto” [1] dovrebbe essere significativamente più basso del 7%, più basso anche del 2,5-5% utilizzato dalla Amministrazione Obama, e forse persino negativo.

Per considerare la questione da un’altra angolazione, possiamo chiederci quale tasso di sconto sia richiesto per realizzare l’obbiettivo internazionalmente concordato di limitare il riscaldamento globale ad 1,5-2 gradi Celsius. Consentire che le temperature crescano permanentemente oltre questa soglia comporta rischi inaccettabili. Gli incendi, gli uragani, le inondazioni, le siccità, le gelate e gli altri disastri che stiamo patendo sono semplicemente un assaggio di quello che potrebbe serbare il futuro. I calcoli che utilizzano elevati tassi di sconto – persino quelli usati dalla Amministrazione Obama – non ci permetteranno di soddisfare l’obbiettivo degli 1,5 gradi.

Potremmo anche considerare la questione nella prospettiva delle “future generazioni”. Quale valore collochiamo sui nostri figli? Quali sono i loro diritti? Se li valutiamo altrettanto di quello che valutiamo noi stessi (e non c’è nessuna ragione etica di non farlo), dobbiamo tener conto di quanto il danno fatto oggi all’ambiente influenzerà il loro benessere. Dal momento che stiamo evidentemente vivendo oltre i limiti del pianeta, abbiamo un obbligo morale urgente di ridurre tutte le forme dell’inquinamento.

In tutto il mondo, i bambini ed i giovani stanno chiedendo che i dirigenti di oggi mettano in atto le politiche necessarie a preservare il loro futuro. Essi lo stanno sostenendo  alla stregua di un diritto fondamentale, e in alcune giurisdizioni (compresi gli Stati Uniti, dove un giudice federale nell’Oregon ha recentemente stabilito che una causa costituzionale sul clima presentata da 21 giovani americani può aver corso, ed una causa simile sta già avendo corso contro lo Stato del Montana) i bambini stanno andando nei tribunali per combattere per i loro interessi. Non dovrebbero fare lo stesso gli anziani?

 

 

 

 

 

 

[1] Il “tasso di sconto” è il tasso di interesse per determinare il valore presente dei futuri flussi di cassa. Esso contribuisce a stabilire se i futuri flussi di cassa da un progetto di investimento avranno un valore superiore all’esborso di capitale necessario per finanziare al presente un progetto di investimento.

 

 

 

 

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