Project Syndicate » Selezione del Mese

Joe Biden è davvero il nuovo Jimmy Carter? Di Barry Eichengreen (da Project Syndicate, 9 gennaio 2024)

 

Jan 9, 2024

Is Joe Biden Really the New Jimmy Carter?

BARRY EICHENGREEN

eichengreen

FLORENCE – It has become fashionable of late to compare US President Joe Biden in 2023 to Jimmy Carter in 1979. Just as the events of 1979 doomed Carter’s re-election hopes the following year, developments in 2023 are said to have effectively sunk Biden’s bid for a second term in November.

Most obviously, both Carter and Biden confronted a demoralizing inflation problem. But Carter-era inflation was far worse: in November 1979, a year prior to the election, consumer price inflation in the United States was running at 12.6%. In the 12 months ending in November 2023, in contrast, CPI inflation was a modest 3.1%. But inflation does remain a political liability for Biden, regardless of whether the phenomenon is now largely in the rearview mirror.

Second, Biden, like Carter before him, has given the Federal Reserve free rein to tackle the problem. Carter selected Paul Volcker to chair the US Federal Reserve Board largely for Volcker’s inflation-fighting credentials, in full knowledge that the new chair would jack up interest rates. Despite warnings from his political adviser, Bert Lance, that Volcker’s appointment would doom the president’s re-election prospects, Carter then let Volcker go about his business. Carter’s hands-off approach during the run-up to an election was quite different from that of some of his predecessors, in particular Richard Nixon before the 1972 election.

Biden has similarly allowed Jerome Powell’s Fed to adjust interest rates as it chooses, ignoring howls of pain from homebuyers and others. And, again, Biden’s unwillingness to criticize the Fed is diametrically opposed to the stance taken by his predecessor, Donald Trump.

Then there are the two presidents’ problems on the foreign-policy front, in general and with respect to Iran in particular. In November 1979, student demonstrators stormed the US embassy in Tehran, taking 66 Americans hostage. Soon thereafter, Ayatollah Ruhollah Khomeini returned from exile in Paris, and his characterization of the US as “the Great Satan” has informed the Iranian government’s rhetoric and policy ever since.

The hostages were released minutes after Ronald Reagan’s inauguration in January 1981. The failure of Carter’s effort to rescue them the previous April had become an open political wound in the run-up to the election and a symbol of a failed foreign policy.

Today, the Biden administration similarly must cope with Iran’s provocations in Syria and Lebanon, where it provides support for Hezbollah’s missile strikes on Israel, and in the Red Sea, where it supports Houthi attacks on passing cargo ships. The hostages held by Hamas in Gaza may be mainly Israeli, along with a smaller number of American dual nationals. But the Biden administration’s inability to engineer an extended ceasefire or otherwise aid in freeing the captives creates a similar sense of impotence.

Meanwhile, US-backed Ukrainian forces’ failure to gain much ground against their Russian adversaries in their 2023 summer offensive, and the failure of US sanctions to deter aggression by Russian President Vladimir Putin, heighten the sense that American foreign policy is in disarray.

All this has translated into dismal approval ratings for Biden, worse even than Carter’s in 1979. Thus, the comparison would be suggestive even if we hadn’t just been reminded that none other than the young Biden, then a US senator, expressed doubts in the run-up to the 1980 election that it would serve the incumbent or the Democratic Party for Carter to seek a second term.

In addition to parallels, however, there is also an important difference between Biden and Carter, namely in their political positioning. Carter worried about Americans’ anxious mental state and the outlook for the country. In July 1979, he delivered what came to be known as the “Malaise Speech.” He decried Americans’ crisis of confidence and lamented “growing doubt about the meaning of our own lives” and “loss of a unity of purpose for our nation.” Americans, Carter went on, were losing faith “not only in government itself but in the ability as citizens to serve as the ultimate rulers and shapers of our democracy.” Sound familiar?

In fact, the speech was not entirely negative. But it came to be portrayed that way, specifically by Reagan, who portrayed himself as a “happy warrior,” famously asserting at the conclusion of his election eve address, “I find no national malaise.” It was a winning bet on an optimistic message. In the dark days of 1979-80, American voters preferred Reagan’s sunny confidence to Carter’s dour rumination.

Now, of course, it is the incumbent, Biden, who is the optimist, insisting that America is on the right track, while the likely challenger, Trump, claims that America is suffering from a deep-seated malaise, rages about retribution, and sees threats at every turn. History suggests that American voters prefer optimism. But it also suggests that they are full of surprises.

 

Joe Biden è davvero il nuovo Jimmy Carter?

Di Barry Eichengreen

 

FIRENZE – Di recente è diventato di moda paragonare il Presidente degli Sati Uniti Joe Biden del 2023 a Jimmy Carter del 1979. Proprio come gli eventi del 1979 condannarono le speranze di una rielezione nell’anno seguente di Carter, si sostiene che gli sviluppi del 2023 abbiano sostanzialmente affondato il tentativo di Biden di un secondo mandato a novembre.

È di tutta evidenza che sia Carter che Biden si siano misurati con un demoralizzante problema di inflazione. Ma nell’epoca di Carter l’inflazione era assai peggiore: a novembre del 1979, un anno prima delle elezioni, l’inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti stava correndo al 12,6%. Nei dodici mesi che si sono conclusi a novembre del 2023, al contrario, l’inflazione dell’Indice dei Prezzi al Consumo si collocava ad un modesto 3,1%. Eppure l‘inflazione rimane un ostacolo per Biden, a prescindere dal fatto che adesso il fenomeno sia in gran parte alle spalle.

In secondo luogo, come Carter prima di lui, Biden ha dato alla Federal Reserve mano libera  nell’affrontare il problema. Carter scelse Paul Volcker alla presidenza del Comitato della Federal Reserve in gran parte per le sue credenziali nel combattere l’inflazione, nella piena consapevolezza che il nuovo Presidente avrebbe aumentato i tassi di interesse. Nonostante gli ammonimenti da parte del suo consigliere politico, Bert Lance, secondo i quali la nomina di Volcker avrebbe condannato le prospettive di rielezione del Presidente, allora Carter permise a Volcker di por mano liberamente al suo compito. L’approccio di Carter di non mettere il becco nel periodo antecedente alle elezioni fu abbastanza diverso da quello di alcuni dei suoi predecessori, in particolare di Richard Nixon prima delle elezioni del 1972.

In modo simile, Biden ha consentito alla Fed di Jerome Powell di correggere i tassi di interesse a sua scelta, ignorando le grida di sofferenza dei proprietari di abitazioni e di altri. E, inoltre, l’indisponibilità a criticare la Fed è diametralmente opposta alla posizione assunta dal suo predecessore, Donald Trump.

Ci sono poi i problemi dei due Presidenti sul fronte della politica estera, in generale e in particolare riguardo all’Iran. Nel novembre del 1979, gli studenti delle dimostrazioni presero d’assalto l’ambasciata statunitense a Teheran, catturando 66 ostaggi americani. Subito dopo, l’ Ayatollah Ruhollah Khomeini fece ritorno dall’esilio di Parigi, e da allora la sua definizione degli Stati Uniti come “il Grande Satana”, ha dominato la propaganda e la politica del Governo iraniano.

Gli ostaggi vennero rilasciati pochi minuti dopo l’inaugurazione della presidenza di Ronald Reagan nel gennaio 1981. Il fallimento dello sforzo di Carter di metterli in salvo l’aprile precedente, era divenuta una ferita politica aperta nel periodo antecedente le elezioni e un simbolo di una politica estera fallimentare.

Oggi, in modo simile, l’Amministrazione Biden deve reagire alle provocazioni dell’Iran in Siria e nel Libano, dove essa fornisce sostegno ai lanci dei missili di Hezbollah su Israele e nel Mar Rosso, dove sostiene gli attacchi Houthi sul transito delle navi container. Gli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza possono essere principalmente israeliani, assieme ad un piccolo numero di americani con doppia nazionalità. Ma l’incapacità dell’Amministrazione Biden di realizzare un prolungato cessate il fuoco oppure di aiutare in altro modo alla liberazione dei prigionieri, determina una analoga sensazione di impotenza.

Nel frattempo, l’incapacità delle forze ucraine sostenute dagli Stati Uniti di guadagnare un gran terreno contro gli avversari russi nella loro offensiva dell’estate del 2023, nonché il fallimento della sanzioni statunitensi nello scoraggiare l’aggressione da parte del Presidente russo Vladimir Putin, accrescono la sensazione che la politica estera americana sia allo sbando.

Tutto questo si è tradotto in scarsi indici di gradimento per Biden, persino peggiori di quelli di Carter nel 1979. Quindi, il confronto sarebbe suggestivo, anche se non ricordassimo che nessun altro se non proprio il giovane Biden, allora senatore statunitense, espresse dubbi nel periodo precedente alle elezioni del 1980 sul fatto che la ricerca di un secondo mandato per Carter avrebbe aiutato il Presidente in carica o il Partito Democratico.

Un aggiunta alle somiglianze, tuttavia, c’è anche una importante differenza tra Biden e Carter, precisamente nel loro posizionamento politico. Carter si preoccupava della condizione mentale di ansia degli americani e delle previsioni per il paese. Nel luglio del 1979, egli pronunciò quello che sarebbe divenuto famoso come il “Discorso del malessere”. Descriveva la crisi di fiducia degli americani e lamentava i “dubbi crescenti sul significato delle nostre esistenze” e la “perdita di una unità sui fini della nostra nazione”. Gli americani, proseguiva Carter, stavano perdendo fiducia “non solo nel Governo stesso ma nella loro capacità come cittadini di essere d’aiuto come, in ultima istanza, i governanti che danno forma alla nostra democrazia”. Vi suona familiare?

Di fatto, il discorso non era interamente negativo. Ma finì con l’essere descritto in quel modo, in particolare da parte di Reagan, che si definì come un “combattente sereno”, notoriamente sostenendo alla conclusione del suo discorso alla vigilia delle elezioni: “io non vedo nessun malessere nazionale”. Fu una scommessa vincente basata su un messaggio ottimistico. Nei giorni cupi del 1979-80, gli elettori americani preferirono la fiducia solare di Reagan alla tetra meditazione di Carter.

Oggi, evidentemente, è il titolare Biden che è l’ottimista, insistendo che l’America è sulla strada giusta, mentre il probabile sfidante, Trump, sostiene che l’America sta soffrendo di un malessere profondo, si infuria per il castigo e vede minacce ad ogni piè sospinto. La storia suggerisce che gli elettori americani preferiscono l’ottimismo. Ma suggerisce anche che sono pieni di sorprese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"