Perchè la politica estera di Joe Biden è un fallimento,

di Jeffrey D. Sachs

Quando si arriva alla politica estera, il Presidente degli Stati Uniti ha due ruoli essenziali. Il primo è tenere a freno il complesso militare-industriale, il MIC, che spinge sempre per la guerra. Il secondo è tenere a freno gli alleati degl Stati Uniti, che si aspettano che questi vadano in guerra per loro conto. Alcun Presidenti esperti hanno successo, ma la maggior parte falliscono. Joe Biden è certamente un fallimento.

Uno dei Presidenti più esperti fu Dwight Eisenhower. Nel lontano 1956 egli si misurò con due crisi simultanee. La prima fu una guerra disastrosamente sbagliata lanciata dal Regno Unito, la Francia e Israele per rovesciare il Governo egiziano e riprendere il controllo del Canale di Suez, a seguito della sua nazionalizzazione da parte dell’Egitto. Eisenhower costrinse  gli alleati a interrompere il loro attacco sfrontato e illegale, anche tramite una risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite appoggiata dagli Stati Uniti. La seconda crisi fu la rivolta ungherese contro il dominio sovietico dell’Ungheria. Mentre Eisenhower simpatizzava per la rivolta, saggiamente tenne gli Stati Uniti fuori dall’Ungheria ed evitò una pericolosa resa dei conti militare con l’Unione Sovietica.

Lo storico discorso di addio di Eisenhower al popolo americano del gennaio del 1961 metteva in guardia l’opinione pubblica contro il potere crescente del complesso militare-industriale:

“Nei consigli del Governo, noi dobbiamo guardarci dalla acquisizione di ingiustificata influenza, cercata o non cercata, da parte del complesso militare-industriale. Il potenziale per la disastrosa ascesa di un potere mal riposto esiste ed esisterà.

Noi non dobbiamo mai  permettere che il peso di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà o il processo democratico. Non dovremmo considerare niente come garantito. Soltanto una cittadinanza vigile e bene informata può imporre la corretta combinazione del vasto apparato militare e industriale della difesa con i nostri metodi e obbiettivi pacifici, in modo che la sicurezza e la libertà possano prosperare assieme.” 

Persino Eisenhower non tenne pienamente a freno il complesso militare-industriale, specialmente la Agenzia Centrale di Intelligence (CIA). Nessun Presidente lo ha fatto interamente. La CIA venne creata nel 1947 con due ruoli distinti. Il primo e meritevole era una agenzia di intelligence. Il secondo, disastroso, era quello di un esercito segreto a disposizione del Presidente. Nella seconda versione, la CIA ha provocato un fallimento dopo l’altro dall’epoca di Eisenhower sino ad oggi, compresi golpe, assassinii e l’orchestrazione di “rivoluzioni colorate”, tutte le quali hanno prodotto caos e distruzione a non finire.

Seguendo Eisenhower, John F. Kennedy risolse in modo brillante la Crisi Cubana dei Missili del 1962, evitando per poco una Armageddon nucleare fronteggiando i suoi stessi consiglieri bellicisti,  per raggiungere una soluzione pacifica con l’Unione Sovietica. L’anno successivo egli negoziò con successo il  Trattato per la parziale messa al bando degli esperimenti nucleari con l’Unione Sovietica,  contro le obiezioni del Pentagono, e poi ottenne la ratifica del Senato, allontanando di conseguenza gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica dall’abisso della guerra. Molti credono che le iniziative di pace di Kennedy portarono al suo assassinio per mano di ufficiali felloni della CIA. Biden si è aggiunto alla lunga lista di Presidenti che hanno mantenuto classificati o censurati migliaia di documenti che avrebbero portato più luce sull’assassinio.

Sessanta anni dopo, il complesso militare-industriale ha un controllo ferreo della politica estera americana. Come ho recentemente descritto, la politica estera è diventata un giro per addetti ai lavori, con il complesso militare-industriale che controlla la Casa Bianca, il Pentagono, il Dipartimento di Stato, le Commissioni sui servizi armati del Congresso, e ovviamente la CIA, il tutto in una stretta collaborazione con i principali appaltatori di armi. Solo un Presidente eccezionale potrebbe resistere all’infinito affarismo di guerra di questa mastodontica macchina bellica.

Ahimè, Biden neppure ci prova. Nella sua lunga carriera politica, Biden è stato appoggiato dal complesso militare-industriale e in cambio ha entusiasticamente sostenuto guerre deliberate, massicce vendite di armi, golpe appoggiati dalla CIA e l‘allargamento della NATO.

Il bilancio militare di Biden del 2024 supera tutti i record, raggiungendo almeno 1.500 miliardi di dollari in esborsi per il Pentagono, la CIA, la sicurezza interna, i programmi di armi nucleari non del Pentagono, le vendite sussidiate di armamenti stranieri, altre spese collegate con il settore militare ed il pagamento degli interessi su passati debiti connessi con guerre. In cima a questa montagna di spese militari, Biden sta cercando 50 miliardi di dollari aggiuntivi per “finanziamenti supplementari di emergenza” per la “base industriale della difesa” dell’America, per continuare a spedire munizioni all’Ucraina ed a Israele.

Biden non ha alcun piano realistico per l’Ucraina e nel marzo del 2022 respinse persino un accordo di pace tra Russia ed Ucraina che avrebbe posto fine al conflitto sulla base di una neutralità ucraina per effetto dell’interruzione dell’inutile tentativo dell’Ucraina di aderire alla NATO (inutile, perché la Russia non lo accetterà mai). L’Ucraina è un grande affare per decine di società del complesso militare-industriale e potenzialmente per centinaia di miliardi di dollari di contratti sulle armi, per strutture produttive in tutti gli Stati Uniti, per l’opportunità di sviluppare e di testare nuovi sistemi di armamento – dunque Biden continua la guerra nonostante la distruzione dell’Ucraina sul campi di battaglia e le tragiche e inutili morti di centinaia di migliaia di ucraini. Il complesso militare-industriale, e di conseguenza Biden, continuano ad eludere negoziati, anche se negoziati diretti tra Stati Uniti e Russia sulla NATO e su altri temi di sicurezza (come le collocazioni di missili statunitensi nell’Europa Orientale) potrebbero porre fine alla guerra.

In Israele, il fallimento di Biden è ancora più manifesto. Israele è guidata da un Governo estremista che oltraggia la soluzione dei due Stati, secondo la quale israeliani e palestinesi dovrebbero vivere gli uni accanto agli altri in due Stati sovrani pacifici e sicuri, oppure qualsiasi soluzione che garantisca ai palestinesi i loro diritti politici. La soluzione dei due Stati è saldamente incorporata nella legge internazionale, comprese le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, in apparenza, la politica estera statunitense. I leader arabi ed islamici sono impegnati a normalizzare e garantire relazioni sicure con Israele nel contesto della soluzione dei due Stati.

Tuttavia Israele è guidata da violenti fanatici che avanzano la pretesa messianica secondo la quale Dio avrebbe affidato ad Israele tutto il territorio dell’odierna Palestina, compresa la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Questi fanatici di conseguenza insistono sul dominio politico di milioni di palestinesi in mezzo a loro, o sul loro annichilimento o la loro espulsione. Netanyahu ed i suoi colleghi non nascondono persino le loro intenzioni genocide, sebbene la maggioranza degli osservatori stranieri non comprendano pienamente i riferimenti biblici che i leader israeliani invocano per giustificare la perdurante carneficina di massa del popolo palestinese.

Israele adesso è di fronte a credibili accuse di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia in un procedimento sollevato dal Sudafrica. Il materiale documentario presentato dal Sudafrica e da altri è altrettanto chiaro che agghiacciante. La politica di Israele non è la politica del pragmatismo e certamente non è la politica della pace. È la politica dell’apocalisse biblica.

Cionondimeno, Biden fornisce ad Israele le munizioni per mettere in pratica i suoi massicci crimini di guerra. Anziché agire come Eisenhower e fare pressioni su Israele perché ponga termine alla sua carneficina in contravvenzione on la legge internazionale inclusa la Convenzione sui Genocidi, Biden continua a spedire munizioni, persino aggirando [1] il controllo congressuale sulle quantità massime che gli sono consentite. Il risultato è l’isolamento diplomatico degli Stati Uniti dal resto del mondo ed il crescente coinvolgimento dell’esercito statunitense in una guerra che si sta rapidamente e sin troppo prevedibilmente espandendo nel Libano, in Siria, nell’Iraq, nell’Iran e nello Yemen. Nella recente votazione della Assemblea Generale delle Nazioni Unite a sostegno dell’autodeterminazione del popolo della Palestina, gli Stati Uniti e Israele sono rimasti soli, salvo due voti: la Micronesia (tenuta per trattato a votare con gli Stati Uniti) e Nauru (popolazione di 12.000 abitanti).

La politica estera dell’America è senza timone, con un Presidente la cui unica ricetta di politica estera è la guerra. Con gli Stati Uniti già impegnati sino al collo nelle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente, Biden intende anche spedire più armi a Taiwan, nonostante le insistenti obiezioni della Cina secondo le quali gli Stati Uniti stanno di conseguenza violando gli impegni di lunga data degli Stati Uniti verso la politica di Una sola Cina; compreso l’impegno assunto 42 anni orsono nel Comunicato Congiunto Stati Uniti-Repubblica Popolare Cinese secondo il quale il Governo statunitense “non cerca di mettere in pratica una politica a lungo termine di vendite di armi a Taiwan”. La tragica profezia di Eisenhower è stata confermata. Il complesso militare-industriale minaccia la nostra libertà, la nostra democrazia e precisamente la nostra sopravvivenza.