Christopher Clark’s The Sleepwalkers retells the story of the outbreak of the first world war. Mapping a multipolar world enthralled by imperialism and paranoia, Clark refuses to pin the blame on a single power. Instead, he explains how political leaders narrowed the prospects for peace one misstep at a time, and sleepwalked into a global catastrophe that left around 20 million people dead.
Today, once more, our political leaders are stumbling through crisis after crisis to convince themselves that war is the only solution. The principal difference is that this time they are not sleepwalking into war. They are doing so with their eyes wide open.
For months, millions of us have demonstrated for a ceasefire in Gaza to stop the loss of life, end the perpetual cycle of violence and prevent a wider escalation. We have been ignored, maligned and demonised. Last week, Israel conducted missile strikes against Iran in a fast-widening conflict across the Middle East. Even without the involvement of more global players, the human, economic and environmental consequences of all-out war with Iran would be catastrophic for the entire world.
We need not imagine the worst-case scenario in order to put the brakes on. As the Israeli government weighed up its options in response to Iran’s attack on 14 April, bombs continued to fall on Palestinians in Gaza. Over the past few months, human beings have been forced to endure a level of horror that should haunt us for ever. Entire families have been wiped out – and survivors will face lifelong mental health consequences for generations to come. Neighbourhoods have been completely obliterated, strewn with corpses and limbs. Doctors are performing amputations without anaesthesia. Children are gathering sticks and leaves from the ground and fashioning “bread” from animal feed to stay alive. If the unfolding genocide of the Palestinian people does not already constitute a worst-case scenario, what does?
Back in October, many of us warned that we were witnessing the beginning of the total annihilation of Gaza and its people, and we pleaded with political leaders on both sides to call out war crimes that were being committed before their very eyes. Today, some politicians have finally started to backtrack, frightened by the electoral consequences of their inhumanity. If they had any integrity, they would weep for the 33,000 Palestinians who have been killed, starved or buried under the rubble by their moral and political cowardice.
Today, schoolchildren are taught about history’s worst crimes against humanity. They are asked to reflect on how these crimes could have possibly occurred. And they learn the names of political figures that endorsed or enabled such atrocities. In the near future, our history books will shame those who had the opportunity to stop this massacre but chose to cheer on war instead. They will be immortalised for their inability to treat Israeli and Palestinian lives with equal worth. They will be remembered for their failure to prevent genocide.
In the aftermath of horror, we need politicians with the ability and willingness to actively facilitate de-escalation and diplomacy. Instead, their thirst for war is endangering us all. Our government could have called for a ceasefire from the very beginning. Instead, it paved a path to escalation by launching military strikes against Yemen, one of the poorest countries in the world, and doubling down on the policy of arms exports to Israel, fuelling a wider global arms industry that profits from death. All with the support of His Majesty’s official opposition, signalling a continuation of an unethical and inconsistent foreign policy that treats some people as innocent civilians and others as collateral damage.
Hundreds of thousands of us continue to march because human beings continue to die – and we will be there once again in London on Saturday, for another National March for Palestine. We will be demonstrating for a ceasefire and for the only path to a just and lasting peace: the end to the occupation of Palestine. We are guided by hope, not hate. Our demonstrations are made up of people of all ages, faiths and backgrounds, united in a desire to end human suffering. And we are part of a wider movement that wants to see an end to all wars: in Ukraine, Yemen, Sudan, West Papua, the Democratic Republic of the Congo and elsewhere.
Many of us have spent our entire lives defending human rights for everyone, everywhere, often in the face of great opposition. Our critics know this. What they really oppose is our desire to build a more equal, sustainable and peaceful world for all.
Real security isn’t destroying your neighbour, it’s getting on with your neighbour. It’s having enough food on the table, a roof over your head, and a sustainable planet. Political leaders may take pride in their militaristic jingoism, knowing that it’s somebody else’s children who will pay the price. The truth is, however, that their thirst for war is endangering us all. If our politicians care about the legacy they leave behind, they may want to ask themselves: if they fail to pave a path to peace, who will be around to remember them?
I nostri leader sembrano risoluti a dare un senso alla guerra. La loro sete di conflitto ci mette in pericolo tutti.
Di Jeremy Corbin
Nel libro “I sonnambuli” Christopher Clark racconta di nuovo la storia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Tracciando il quadro di un mondo multipolare incantato dall’imperialismo e dalla paranoia, Clark rifiuta di dare la colpa ad una singola potenza. Egli spiega, invece, come i leader politici restrinsero, un passo falso alla volta, le prospettive della pace, ed entrarono come sonnambuli in una catastrofe globale lasciando morire circa 20 milioni di persone.
Oggi, ancora una volta, i nostri leader politici si fanno strada una crisi dopo l’altra, convincendosi che la guerra è l’unica soluzione. La differenza principale è che questa volta non stanno addentrandosi nella guerra come sonnambuli. Lo stanno facendo con gli occhi bene aperti.
Per mesi, milioni di noi hanno partecipato a dimostrazioni per un cessate il fuoco a Gaza per interrompere la perdita di vite umane, per porre fine al ciclo infinito della violenza e impedire una più ampia escalation. Siamo stati ignorati, calunniati e demonizzati. La scorsa settimana, Israele ha indirizzato un attacco missilistico contro l’Iran, in un conflitto che si allarga rapidamente a tutto il Medio Oriente. Anche senza il coinvolgimento di altri attori globali, le conseguenze umane, economiche ed ambientali di una guerra senza quartiere con l’Iran sarebbero catastrofiche per il mondo intero.
Noi non abbiamo bisogno di immaginarci lo scenario peggiore allo scopo di mettere un freno. Nel mentre il Governo israeliano soppesava le sue opzioni di risposta all’attacco dell’Iran del 14 aprile, le bombe hanno continuato a cadere sui palestinesi a Gaza. Nel corso di pochi mesi, esseri umani sono stati costretti a sopportare un livello di orrore che dovrebbe perseguitarci per sempre. Famiglie intere sono state spazzate via – ed i sopravvissuti affronteranno per tutta la vita conseguenze di salute mentale per generazioni avvenire. Quartieri sono stati completamente cancellati, cosparsi di cadaveri e di arti umani. I dottori stanno eseguendo amputazioni senza anestesia. I bambini stanno raccogliendo stecchi e foglie dalla terra e fabbricando “pane” col foraggio degli animali per restare vivi. Se il genocidio in svolgimento del popolo palestinese non costituisce già lo scenario peggiore possibile, cosa è mai?
Nel passato ottobre, molti di noi misero in guardia che stavamo assistendo al totale annientamento di Gaza e della sua gente, e implorammo i leader politici di entrambi gli schieramenti ad intervenire sui crimini di guerra che venivano commessi proprio davanti ai loro occhi. Oggi, alcuni politici hanno finalmente cominciato a tornare sui loro passi, spaventati dalle conseguenze elettorali della loro inumanità. Se avessero qualche dignità, piangerebbero per i 33.000 palestinesi che sono stati ammazzati, uccisi per fame o seppelliti sotto le macerie della loro viltà morale e politica.
Oggi, ai bambini nelle scuole vengono insegnati i peggiori crimini della storia contro l’umanità. Si chiede loro di riflettere su come questi crimini siano potuti accadere. Ed essi imparano i nomi dei personaggi politici che appoggiarono o resero possibili tali atrocità. Nel prossimo futuro, i nostri libri di storia svergogneranno coloro che avevano l’opportunità di fermare questo massacro ma scelsero invece di incoraggiare la guerra. Essi saranno immortalati per la loro incapacità di trattare le vite degli israeliani e dei palestinesi con lo stesso valore. Saranno ricordati per il loro fallimento nell’impedire il genocidio.
Dopo il disastro dell’orrore, abbiamo bisogno di politici con la capacità e la disponibilità a facilitare attivamente la de-escalation e la diplomazia. Invece, la loro sete di guerra ci mette in pericolo tutti. Il nostro Governo avrebbe potuto pronunciarsi sin dall’inizio per il cessate il fuoco. Invece, ha preparato la strada alla escalation lanciando attacchi militari contro lo Yemen, uno dei paesi più poveri al mondo, e raddoppiando la politica della esportazione delle armi a Israele, alimentando una più ampia industria globale degli armamenti che trae profitto dalla morte. Tutto con il sostegno del secondo più grande partito all’opposizione nella Camera dei Comuni [1], segnalando una prosecuzione di una politica estera immorale e incoerente, che tratta alcune persone come civili innocenti ed altre come ‘danni collaterali’.
Centinaia di migliaia di noi continuano a marciare perché gli esseri umani continuano a morire – e saremo ancora una volta sabato a Londra, per un’altra Marcia Nazionale per la Palestina. Dimostreremo per un cessate il fuoco e per l’unica soluzione per una pace giusta e duratura: la fine dell’occupazione della Palestina. Siamo guidati dalla speranza, non dall’odio. Le nostre manifestazioni sono composte da persone di tutte le età, le fedi e le storie personali, unite del desiderio di porre fine alle sofferenze umane. E siamo parte di un movimento che vuole vedere una fine per tutte le guerre: in Ucraina, nello Yemen, nel Sudan, a Papua Occidentale, nella Repubblica Democratica del Congo e altrove.
Molti di noi hanno speso le loro intere esistenze nella difesa dei diritti umani di tutti, dappertutto, spesso a fronte di una grande opposizione. I nostri critici questo lo sanno. Ciò a cui essi realmente si oppongono è il nostro desiderio di costruire per tutti un mondo più eguale, sostenibile e pacifico.
La vera sicurezza non è il distruggere il nostro vicino, è andare d’accordo col nostro vicino. È avere abbastanza cibo sul tavolo, un tetto sopra le nostre teste ed un pianeta sostenibile. I leader politici possono inorgoglirsi per il loro sciovinismo militaristico, sapendo che saranno i figli di qualcun altro che pagheranno il prezzo. Tuttavia, la verità è che la loro sete di guerra ci sta mettendo in pericolo tutti. Se i nostri politici si curano dell’eredità che lasceranno alle loro spalle, potrebbero chiedersi: se falliranno nel preparare un sentiero di pace, chi ci sarà ancora in giro a ricordarglielo?
[1] La letterale espressione “opposizione ufficiale di Sua Maestà” – che fuori dal Regno Unito non sarebbe forse di immediata comprensione – significa, sostanzialmente e ‘tecnicamente’ – il più grande partito dell’opposizione, composto da membri del Parlamento che non sono al Governo.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"