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Le tariffe sulle tecnologie pulite cinesi mettono a repentaglio la transizione verde, di Jeffrey Frankel (da Project Syndicate, 25 giugno 2024)

 

Jun 25, 2024

Tariffs on Chinese Cleantech Jeopardize the Green Transition

JEFFREY FRANKEL

zzz 360

CAMBRIDGE – With historic heat waves sweeping across the United States and other parts of the Northern Hemisphere, June is expected to be the 13th consecutive month of record-breaking global temperatures. The primary cause, of course, is the enormous amount of greenhouse gases (GHGs) in the atmosphere. Despite the existential threat posed by rising atmospheric concentrations of GHGs, emissions continue to increase at a faster pace than previously anticipated.

On one front, however, progress in the fight against climate change has exceeded expectations. Amid the global shift from internal combustion engines to electric vehicles (EVs) and the accelerated adoption of solar and wind power, demand for renewable energy is rapidly increasing in the US and the European Union.

This increased demand has been fueled by significant declines in the real prices of solar panels, wind turbines, batteries, and EVs. In the US, this can be attributed in part to the clean-energy subsidies included in President Joe Biden’s Inflation Reduction Act and, more significantly, to low-cost Chinese imports.

Alarmingly, new tariffs imposed by the US and the EU on imports of solar panels, EVs, and other equipment, threaten to derail this progress. While estimating the cost of the clean-energy transition is a difficult task, even conceptually, the global electricity sector alone is projected to require $3.5 trillion in capital investment annually between 2021 and 2050. Western countries have demanded that China pay its fair share of these costs, but their own trade policies are starkly at odds with their objectives.

Although the disproportionate targeting of cleantech imports from China dates back more than a decade, the trend accelerated significantly under former US President Donald Trump and has continued under Biden. In May, the Biden administration imposed a 100% tariff on Chinese EVs, along with new levies on a range of other Chinese goods, including solar cells and lithium-ion batteries.

These measures aim to protect American workers and critical domestic industries. But they risk undermining the administration’s climate agenda, particularly its efforts to raise the share of renewables to 100% of US electricity by 2035 and the share of EVs to 50% of new car sales by 2030.

The new US tariffs could extend beyond China’s national borders. In response to Western tariffs, some Chinese manufacturers have moved to Southeast Asia in recent years. Earlier this month, the US International Trade Commission decided to investigate claims by American solar-cell companies seeking to impose countervailing and anti-dumping duties on Southeast Asian manufacturers. This decision comes despite opposition from US solar-power developers who rely on imported equipment for domestic production.

Meanwhile, the European Commission has imposed provisional tariffs on Chinese EVs after an eight-month investigation found that China’s “unfair subsidization” of its EV industry undercuts EU competitors. The new EU tariffs, while not prohibitive, average 31%, which is substantially higher than the duties on conventional car imports from other trading partners.

To be sure, while historically low labor costs and economies of scale have helped reduce the price of Chinese solar panels and EVs, generous government subsidies – often in the form of cheap credit – have also played a significant role. But it remains unclear how blocking these low-cost imports, as many Western politicians propose, would benefit workers and consumers in the US and the EU. Do American and European policymakers prefer that their own taxpayers, instead of Chinese citizens, bear the costs of clean-energy subsidies? Recall that Western countries wanted China to pay its fair share of the energy transition.

Admittedly, promoting climate policies by emphasizing their potential to create green jobs for domestic workers could be an effective political strategy. But we should recognize that these arguments are political, not economic.

Although US tariffs may help create jobs in the solar-panel industry, those would be offset by job losses in the solar-energy installation sector, which relies on low-cost equipment. Similarly, some EV production jobs would disappear if tariffs led to higher prices for battery imports. Meanwhile, many export jobs would be cut when China and other countries inevitably retaliate against Western restrictions.

With US unemployment at 4%, policymakers and voters are currently more concerned about inflation than jobs. Removing tariffs is the surest way for Western governments to lower energy and transportation prices, thereby reducing inflation. This is yet another example of how international trade could lower the costs of the clean-energy transition – if we were to embrace it.

 

Le tariffe sulle tecnologie pulite cinesi mettono a repentaglio la transizione verde,

di Jeffrey Frankel

 

CAMBRIDGE – Con storiche ondate di caldo che si diffondono rapidamente egli Stati Uniti e in altre parti dell’emisfero settentrionale, ci si aspetta che giugno sia il 13° mese consecutivo di temperature globali che superano ogni record. La causa primaria, ovviamente, è l’enorme quantità di gas serra (GHG) nell’atmosfera. Nonostante la minaccia esistenziale di crescenti concentrazioni atmosferiche di GHG, le emissioni continuano a crescere ad un ritmo più veloce di quanto era precedentemente previsto.

Su un fronte, tuttavia, i progressi nella lotta contro il cambiamento climatico hanno superato le aspettative. Nel mezzo dello spostamento globale dai motori a combustione interna ai veicoli elettrici (EV) ed alla accelerata adozione dell’elettricità dal solare e dall’eolico, negli Stati Uniti e nell’Unione Europea sta rapidamente crescendo la domanda per le energie rinnovabili.

L’accresciuta domanda è stata alimentata da declini significativi dei prezzi dei pannelli solari, delle turbine eoliche, delle batterie e dei veicoli elettrici. Negli Stati Uniti, questo può in parte essere attribuito ai sussidi alle energie pulite compresi nella legge per la Riduzione dell’inflazione di Joe Biden e, più significativamente, nei bassi costi delle importazioni cinesi.

In modo allarmante, le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti e dall’UE sulle importazioni dei pannelli solari, sui veicoli elettrici e su altre attrezzature, minacciano di far deragliare questo progresso. Mentre stimare il costo della transizione alle energie pulite è un compito arduo, anche concettualmente, il settore dell’elettricità globale da solo è previsto richieda annualmente 3.500 miliardi di dollari di investimenti di capitale tra il 2021 ed il 2050. I paesi occidentali hanno richiesto che la Cina paghi la sua giusta quota di questi costi, ma proprio le loro politiche commerciali sono nettamente in contrasto con i loro obiettivi.

Sebbene lo sproporzionato accanimento sulle importazioni di tecnologie pulite dalla Cina dati da più di un decennio, la tendenza si è accelerata significativamente con il passato Presidente Donald Trump ed è proseguita con Biden. A maggio, l’Amministrazione  Biden ha imposto una tariffa del 100% sui veicoli elettrici cinesi, assieme con nuove imposte su una gamma di altri prodotti cinesi, comprese le cellule solari e le batterie agli ioni di litio.

Queste misure sono rivolte a proteggere i lavoratori americani e fondamentali industrie nazionali. Ma esse rischiano di mettere a repentaglio l’agenda climatica della Amministrazione, i particolare i suoi sforzi per elevare la quota delle rinnovabili al 100%  dell’elettricità statunitense entro il 2035 e la quota dei veicoli elettrici al 50% delle nuove vendite di automobili entro il 2030.

Le nuove tariffe statunitensi potrebbero estendersi al di là dei confini nazionali della Cina. Il risposta alle tariffe occidentali, alcune imprese manifatturiere cinesi si sono spostate negli anni recenti verso l’Asia sud orientale. Agli inizi di questo mese, la Commissione Internazionale sul Commercio statunitense ha deciso di indagare sui reclami di società americane di panelli solari che mirano ad imporre imposte compensative ed anti-dumping sulle società manifatturiere del sud est asiatico. Questa decisione arriva nonostante l’opposizione dei costruttori degli impianti elettrici solari statunitensi che per la produzione nazionale si basano su attrezzature importate.

Nel frattempo, la Commissione Europea ha imposto tariffe provvisorie sui veicoli elettrici cinesi dopo che una indagine di otto mesi aveva scoperto che gli “ingiusti sussidi” della Cina erodevano i margini dei competitori dell’UE. Le nuove tariffe dell’UE, sebbene non proibitive, si collocano in media al 31%, ovvero sostanzialmente più in alto delle imposte sulle importazioni convenzionali di auto da altri partner commerciali.

Di sicuro, mentre i costi del lavoro storicamente bassi e le economie di scala hanno aiutato a ridurre i prezzi dei pannelli solari e dei veicoli elettrici, anche i generosi sussidi del Governo – spesso nella forma di prestiti convenienti – hanno giocato un ruolo significativo. Ma resta non chiaro come bloccando queste importazioni a basso costo, come propongono molti politici occidentali, i lavoratori ed i consumatori negli Stati Uniti e nell’UE ne trarrebbero beneficio. Le autorità americane ed europee  preferiscono che siano i loro contribuenti, anziché i cittadini cinesi, a sopportare i costi dei sussidi all’energia pulita? Si ricordi che i paesi occidentali volevano che la Cina pagasse la sua giusta parte della transizione energetica.

Si può ammettere che promuovere le politiche climatiche enfatizzando il loro potenziale nel creare posti di lavoro verdi per i lavoratori del paese possa essere una efficace strategia politica. Ma si dovrebbe riconoscere che si tratta di argomenti politici, non economici.

Sebbene le tariffe statunitensi possono contribuire a creare posti di lavoro nell’industria dei pannelli solari, quelli sarebbero bilanciati dalla perdita di posti di lavoro nel settore dell’installazione dell’energia solare, che si basa su attrezzature a basso costo. In modo simile, alcuni posti di lavoro nella produzione di veicoli elettrici scomparirebbero se le tariffe portassero a prezzi più alti nelle importazioni di batterie. Nel contempo, molti posti di lavoro in settori dell’esportazione sarebbero tagliati quando la Cina ed altri paesi inevitabilmente si rivalessero contro le restrizioni occidentali.

Con la disoccupazione statunitense al 4%, i politici e gli elettori sono attualmente più preoccupati dell’inflazione che dei posti di lavoro. Rimuovere le tariffe è il modo più sicuro per i Governi occidentali per abbassare i prezzi dell’energia e dei trasporti, di conseguenza per ridurre l’inflazione. Malgrado tutto, questo è un altro esempio di come il commercio internazionale potrebbe abbassare i costi della transizione alle energie pulite – se noi dovessimo abbracciarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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