Sept. 19, 2024
By Paul Krugman
In one sense, you could say that Wednesday’s decision by the Federal Reserve to cut rates was of minimal importance. The interest rate the Fed more or less directly controls — the federal funds rate — is the rate at which banks lend one another money overnight. And it’s hard to think of any businesses or consumers who will change their plans because the annualized interest rate on one-day borrowing has fallen a half a percentage point, from around 5.5 percent to around 5 percent — which means that if you borrow $1,000, your repayment the next day falls by 1.4 cents.
Yet it was a momentous move all the same. For one thing, Fed rate changes tend to percolate into longer-term interest rates that really do matter for the economy. For example, the series of rate hikes the Fed undertook in 2022 and 2023 drove 30-year fixed mortgage interest rates up to almost 8 percent from about 3 percent.
Even more important, by beginning to cut rates, the Fed — which began raising rates in 2022 in an attempt to control surging inflation — in effect declared its belief that the war on inflation has been won.
Why should we care what the Fed thinks? Let me tell you a secret: Jerome Powell, the Fed chair, and his colleagues don’t have any inside information about the state of the economy. (OK, they might have advance warning if, say, a major bank is about to fail.) Most of their decisions are based on the same data about unemployment, inflation and so on available to anyone with an internet connection.
It’s true that the Fed has some very smart economists on its staff. But there are plenty of smart economists outside the Fed, too. The implicit declaration that inflation has been defeated won’t come as news to anyone who has, for example, been following Mark Zandi at Moody’s or Jan Hatzius at Goldman Sachs, who have been telling us for months that inflation is under control.
Yet the Fed gains some perceived gravitas from its policy role, which means that its opinion carries special weight with investors and, perhaps more important, the general public.
So it matters that the Fed is now sounding the all-clear on inflation. But this good news raises two questions.
First, if inflation is, as Powell said in his news conference, close to the Fed’s target of 2 percent, why didn’t he and his colleagues cut rates even more?
The Fed committee that sets interest rates, which meets eight times a year, normally moves those rates gradually — a quarter point at a time. The big debate before this meeting was whether this would be a standard quarter-point cut or, what we actually got, a “jumbo” half-point cut.
But instead of thinking in terms of increments, suppose we just ask what interest-rate level makes sense at this point. Inflation appears to be under control; labor markets appear to be weakening, with unemployment still fairly low but up significantly from its low point last year and hiring falling off. Overall, as Powell said in his news conference, the labor market looks a bit cooler than it was on the eve of the pandemic.
Yet the overnight rate was 1.75 percent at the end of 2019. There are some iffy arguments to the effect that we can maintain full employment at a somewhat higher interest rate now; participants in Wednesday’s committee meeting projected on average that the interest rate will settle at 2.9 percent. But I haven’t seen any plausible case for a “neutral” rate higher than 4 percent at the most. Yet despite the jumbo cut, rates are still at 5 percent. Shouldn’t the Fed be moving more quickly to normalize rates (and minimize the risk of a recession)?
Second, will the Fed’s all-clear do anything to persuade more Americans to re-evaluate President Biden’s economic record? We did experience a temporary burst of inflation in the aftermath of the Covid-19 pandemic, but so did almost every other major economy, while we have generally had much stronger growth than our peers have. And as White House economists have pointed out, our success in getting inflation back down has defied the expectations of commentators who insisted that disinflation would require a big rise in unemployment.
I know that some people aren’t satisfied with returning to low inflation; they want to see us get the level of consumer prices back to what it was before the pandemic. But we can’t, and even trying would be a really bad idea. Over the past century, only one president has presided over a significant decline in consumer prices; his name was Herbert Hoover.
Wednesday’s Fed move is, of course, good for Kamala Harris. It will give consumers some direct relief on interest costs, and it will signal that high inflation is in the rear view mirror. And having Powell say, as he did in his news conference, that the economy is in “good shape” has to be helpful for a candidate who is part of the administration presiding over that economy.
And almost too predictably, Donald Trump jumped in to suggest that the Fed might be “playing politics.”
But while the Fed’s action will surely have political consequences, it wasn’t a political decision. The straight economic case for a rate cut was overwhelming; the case for a big cut was very strong. Not cutting would have been political. And the Fed didn’t let itself be bullied into inaction.
Il grande taglio del tasso della Fed non è stato politico. Dal punto di vista economico era un’ovvietà.
Di Paul Krugman
In un senso, si potrebbe affermare che la decisione di mercoledì della Fed di tagliare i tassi sia stata di importanza minima. Il tasso di interesse che la Fed controlla più o meno direttamente – il tasso sui finanziamenti federali – è il tasso al quale le banche prestano denaro l’una all’altra da un giorno all’altro. Ed è difficile pensare che una qualsiasi impresa o consumatore cambi i propri piani perché il tasso di interesse annualizzato sull’indebitamento di un giorno è calato di mezzo punto percentuale, da circa il 5,5 per cento a circa il 5 per cento – il che comporta che se prendete in prestito 1.000 dollari, la vostra restituzione il giorno successivo cala di 1,4 centesimi.
Tuttavia, essa è stata comunque una mossa fondamentale. Da una parte, i cambiamenti della Fed tendono a scaricarsi nei tassi di interesse a più lungo termine che sono realmente importanti per l’economia. Ad esempio: le serie di rialzi dei tassi che la Fed ha intrapreso nel 2022 e nel 2023 hanno spinto i tassi di interesse fissi sui mutui trentennali a quasi l’8 per cento, da circa il 3 per cento.
Ancora più importante, cominciando a tagliare i tassi, la Fed – che iniziò ad elevare i tassi nel 2022 nel tentativo di controllare l’inflazione in crescita – in sostanza ha dichiarato il suo convincimento che la guerra sull’inflazione è stata vinta.
Perché dovremmo curarci di quello che pensa la Fed? Permettetemi di rivelarvi un segreto: Jerome Powell, il Presidente della Fed, ed i suoi colleghi non hanno alcuna informazione riservata sullo stato dell’economia (è solo vero che essi potrebbero essere avvertiti in anticipo se, ad esempio, una banca importante è prossima a fallire). La maggior parte delle loro decisioni sono basate sui dati sulla disoccupazione, sull’inflazione e via dicendo disponibili per ciascuno con una connessione internet.
È vero che la Fed ha nel suo staff alcuni economisti molto intelligenti. Ma c’è una gran quantità di economisti intelligenti anche fuori dalla Fed. L’implicita affermazione che l’inflazione è stata sconfitta non rappresenterà una novità per nessuno che, ad esempio, sia venuto seguendo Mark Zandi di Moody’s o Jan Hatzius di Goldman Sachs, che ci stavano dicendo da mesi che l’inflazione era sotto controllo.
Tuttavia la Fed detiene una dignità percepita per il suo ruolo politico, il che comporta che la sua opinione comporta un peso particolare presso gli investitori e, forse più importante ancora, presso l’opinione pubblica generale.
Dunque, è importante che adesso la Fed dia il cessato allarme sull’inflazione. Ma questa buona notizia solleva due domande.
La prima domanda, se l’inflazione, come Powell ha detto nella sua conferenza stampa, è vicina all’obbiettivo della Fed del 2%, perché lui ed i suoi colleghi non hanno tagliato i tassi anche di più?
Il comitato della Fed che stabilisce i tassi di interesse, che si riunisce otto volte all’anno, normalmente sposta quei tassi gradualmente – un quarto di punto alla volta. Il grande dibattito prima di questo incontro era se questa volta sarebbe stato un consueto taglio di un quarto di punto, oppure quello che effettivamente abbiamo avuto, una taglio “jumbo” di mezzo punto.
Ma anziché pensare in termini di incrementi, supponiamo di chiederci semplicemente quale livello del tasso di interesse abbia senso a questo punto. L’inflazione sembra essere sotto controllo; i mercati del lavoro sembra stiano indebolendosi, con la disoccupazione ancora abbastanza bassa ma significativamente in rialzo dal suo punto basso dell’anno passato e le assunzioni che si riducono. Complessivamente, come ha detto Powell nella sua conferenza stampa, il mercato del lavoro sembra un po’ più freddo di quello che era alla vigilia della pandemia.
Tuttavia il tasso di interesse overnight [1] alla fine del 2019 era l’1,75 per cento. Ci sono alcuni argomenti dubbi secondo i quali adesso possiamo mantenere la piena occupazione ad un tasso di interesse un po’ più alto; i partecipanti all’incontro del comitato di mercoledì hanno previsto che il tasso di interesse in media si collocherà sul 2,9 per cento. Ma io non ho sentito alcun plausibile argomento per un tasso di interesse “neutrale” più elevato del 4 per cento al massimo. Tuttavia, nonostante il taglio jumbo, i tassi sono ancora al 5 per cento. La Fed non dovrebbe muoversi più rapidamente per normalizzare i tassi (e minimizzare il rischio di una recessione)?
La seconda domanda: il cessato allarme della Fed avrà un qualche effetto nel persuadere più americani a rivalutare la prestazione economica del Presidente Biden? Abbiamo avuto l’esperienza di uno scoppio temporaneo di inflazione a seguito della pandemia del Covid-19, ma ciò è accaduto a quasi tutte le altre importanti economie, mentre noi in generale abbiamo avuto una crescita molto più forte delle economie simili. E come gli economisti della Casa Bianca hanno messo in evidenza, il nostro successo nel riportare in basso l’inflazione ha sfidato le aspettative dei commentatori che insistevano che la disinflazione avrebbe richiesto una grande crescita della disoccupazione.
Io so che alcune persone non sono soddisfatte per il ritorno ad una bassa inflazione; vorrebbero vedere il livello dei prezzi al consumo tornare a quello che era prima della pandemia. Ma non possiamo, e persino provarci sarebbe una pessima idea. Nel secolo passato, soltanto un Presidente governò nel corso di un significativo declino dei prezzi al consumo; il suo nome era Herbert Hoover.
La mossa della Fed di mercoledì è, ovviamente, positiva per Kamala Harris. Essa darà ai consumatori un qualche sollievo diretto sui costi degli interessi, e segnalerà che l’alta inflazione è alle nostre spalle. Inoltre, avere Powell che dice, come ha detto nella conferenza stampa, che l’economia è in una “buona forma” non può non aiutare un candidato che è parte della amministrazione che ha governato su quella economia.
Ed anche troppo prevedibilmente, Donald Trump è saltato a suggerire che la Fed potrebbe stare “facendo politica”.
Ma mentre l’iniziativa della Fed avrà sicuramente conseguenze politiche, essa non è stata una decisione politica. La diretta argomentazione economica per un taglio dei tassi era schiacciante; l’argomento per un grande taglio era molto forte. Non fare tagli sarebbe stato politico. E la Fed non ha consentito di farsi intimidire sino all’inazione.
[1] Ovvero a ‘brevissimo termine’ – o ‘nottetempo’, la durata degli scambi monetari con finalità fondamentalmente di mera sistemazione contabile, tra le banche.
By mm
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