JUL 25 5:22 PM
Paul Krugman
Like many people, I have a sick sense of anger over what just happened in the Senate, which just voted to proceed on a health care bill without any information on what will be in the bill. There’s still hope that in the next few hours, moderates who just caved in will balk at the horrible things they’re being asked to vote for. And I do mean hours: there will be no time for reflection or serious debate.
But nobody should have any confidence that they will. And I think we can almost take it for granted that John McCain will first vote for something terrible, then give a grandstanding speech about making our politics better.
The important thing to realize is WHY the Senate is doing this — rushing to pass legislation that will have a vast impact on American lives, the economy, and more without a single hearing, without time for a proper analysis of the bill, and with crucial Ivotes taken on behalf of legislation yet to be determined. It’s not some arbitrary failure of procedure: it’s a coverup.
The fact is that Republicans have no good ideas on health; everything they want to do will make huge numbers of people worse off, to the benefit of a wealthy few. And they know this. They know that the campaign against Obamacare was based on lies from the beginning, that all their complaints about things like high deductibles were hypocritical. They know that what they’re about to do is terrible. But they’re trying to do it anyway — and the only way they have a chance is by breaking every rule of good governance, by making the process so rushed and secretive that nobody has a chance to say “Wait a minute– what are we doing?”
At a deep level McConnell’s determination to pass a health bill by breaking all norms is quite similar to Trump’s determination to shut down an investigation into his own corruption and possible collusion. Both men are trying to cover up what they know would outrage voters if they knew about it, and they don’t care what rules get broken along the way.
And the Senators who caved on health today are pretty much the same people who are enabling Trump’s abuse of his office. The moral rot in the Republican party runs wide as well as deep. All we need to save America is a few good men — but apparently all we have are two decent women. And that’s not enough.
La grande secretazione sulla assistenza sanitaria
di Paul Krugman
Come molte persone, ho una sensazione nauseante di rabbia per quello che è appena accaduto al Senato, che ha appena votato per andare avanti con la proposta di legge sulla assistenza sanitaria senza avere alcuna informazione di cosa ci sarà in quella proposta di legge. C’è ancora la speranza che nelle prossime poche ore i moderati che sono appena collassati si tireranno indietro dinanzi alle cose terrificanti che si chiede loro di votare. E intendo proprio ore: non ci sarà tempo per una riflessione e per un serio dibattito.
Ma nessuno dovrebbe avere fiducia che lo faranno. E penso che possiamo quasi dare per certo che John McCain dapprima voterà per qualcosa di tremendo, salvo poi tenere un discorso alla tribuna su come rendere migliore la nostra politica.
La cosa importante da comprendere è perché il Senato lo stia facendo – precipitandosi a votare una legge che avrà un grande impatto sulla vita degli americani, sull’economia, e in più senza uno straccio di audizione, senza avere il tempo per una analisi appropriata sulla proposta di legge, e con voti cruciali offerti in nome di una legge ancora da determinare. Non si tratta di un qualche arbitrario difetto della procedura: è una forma di secretazione.
Il fatto è che i repubblicani non hanno alcuna buona idea sulla salute; tutto quello che vogliono fare farà star peggio un gran numero di persone, a beneficio di pochi benestanti. Sanno che sin dall’inizio la campagna contro la riforma di Obama era basata su bugie, che tutte le loro lamentele su cose come l’elevata esclusione di varie prestazioni erano ipocrisia. Sanno che quello che stanno per fare è orribile. Ma cercano in qualche modo di farlo – e il solo modo in cui possono farlo è rompere ogni regola di buongoverno, rendendo il procedimento così accelerato e secretato che nessuno può nemmeno dire “Aspetta un attimo – cosa stiamo facendo?”
Ad un livello profondo, la determinazione di McConnell di fare approvare un progetto di legge sanitaria rompendo con tutte le regole è quasi simile alla determinazione di Trump di chiudere un’indagine sulla corruzione e probabile collusione che lo riguarda in prima persona. Entrambi stanno cercando di nascondere quello che sanno scandalizzerebbe gli elettori se fossero messi al corrente, e non si preoccupano di quali regole fanno saltare lungo il procedimento.
E i Senatori che hanno oggi ceduto sulla sanità sono proprio le stesse persone che stanno permettendo l’abuso della sua carica da parte di Trump. Il guasto morale nel Partito Repubblicano procede ampio e profondo. Tutto quello di cui avremmo bisogno per salvare l’America sarebbero poche persone per bene – ma sembra che abbiamo soltanto due donne decenti [1]. E non è abbastanza.
[1] Ovvero le due Senatrici che alla fine hanno effettivamente votato contro. Assieme, all’ultimo momento, con il Senatore John McCain.
luglio 24, 2017
JUL 22 12:56 PM
Paul Krugman
Right now, there are two huge crises in American politics, but one is clearly bigger than the other. Yet looking at my recent columns, and to a large extent my blogging and tweeting, I’ve been focusing mainly on the lesser crisis. A few thoughts about why.
Clearly the most important thing happening in and to America right now is the constitutional crisis. Not potential crisis: it’s already here. The president’s inner circle is under investigation for possible collusion with a hostile foreign power, collusion that may have put him in office; he himself, whether or not he’s currently a direct target of that investigation, is clearly suspect. Yet he has already made clear his determination to block any investigation that gets too close.
This is way worse than Nixon – yet all indications are that the moral rot of the Republican Party now runs so deep that the constitutional answer to a rogue president is null and void. This is an existential threat to the republic, and it can be hard to focus on anything else.
Yet if Trump-Putin-treason weren’t in the news, we’d all be focused on health care, where Republicans are still trying to ram through a disgusting bill, inflicting immense harm, under cover of secrecy and lies. In the process they are bringing conspiracy theorizing to the heart of politics: every attempt at objective analysis, every statement of plain facts, just shows that you’re an enemy.
So, what to write about? In my case, I’m mainly doing health care. Why?
First, personal comparative advantage. I’m not a national security or legal expert. That won’t stop me from weighing in when I think other pundits are, for whatever reason, failing to see the obvious – as was the case long ago when I stuck my neck out to argue that we were being lied into the Iraq war. But Trump-Putin-treason is in fact getting plenty of attention.
Meanwhile, health economics is close enough to my home areas of expertise that I think I know what I’m talking about (and who to consult); so it’s an area where I think I can still add significant value to the discussion.
Equally important, health care is an area where punditry can make a difference, either by helping to stop the Republican bum’s rush or by helping to ensure that those responsible for destroying health care pay the appropriate price. For now, by contrast, Trump-Putin-treason is largely in the hands of Robert Mueller and Trump himself.
Investigative reporting can help move the situation along, and it will be all hands on deck if and when Trump fires Mueller (which seems more likely than not). But for now, it seems to me that I personally best serve the public interest by focusing on the lesser but still great evil.
Un po’ di autoreferenzialità da commentatore sulle nostre crisi gemelle
di Paul Krugman
In questo momento ci sono due grandi crisi nella politica americana, ma una è chiaramente più grande dell’altra. Tuttavia, guardando i miei recenti articoli, e in larga misura il mio blog e i miei interventi su Twitter, mi sto concentrando principalmente sulla crisi minore. Poche riflessioni sulla ragione di tutto questo.
Chiaramente la cosa più importante che sta succedendo in questo momento, in America e all’America, è la crisi costituzionale. Non una crisi potenziale; essa è già in atto. La cerchia ristretta del Presidente è sotto indagine per una possibile collusione con una potenza straniera ostile, collusione che potrebbe aver collocato lui stesso nella sua carica; che sia o meno oggetto di tale indagine, egli è chiaramente sospetto. Tuttavia ha già messa in chiaro la sua determinazione a bloccare ogni indagine che lo lambisca.
Si tratta di una vicenda peggiore di quella di Nixon – tuttavia il marciume morale del Partito Repubblicano opera talmente nel profondo che la risposta costituzionale a un Presidente ribaldo è nulla. Si tratta di una minaccia all’esistenza della Repubblica, e può essere difficile concentrarsi su qualcos’altro.
Eppure se il tradimento Trump-Putin non fosse tra le notizie, ci saremmo tutti concentrati sulla assistenza sanitaria, dove i repubblicani stanno ancora cercando di far approvare in tutti i modi una proposta di legge disgustosa, che provoca un danno enorme, nascondendola con la segretezza e le menzogne. In quel procedimento stanno portando la teoria della cospirazione al cuore della politica: ogni tentativo di analisi oggettiva, ogni proposizione di semplici fatti, mostra soltanto che si è dei nemici.
Dunque, di che scrivere? Per quello che mi riguarda, io sto principalmente occupandomi di assistenza sanitaria. Perché?
In primo luogo per un vantaggio comparativo personale. Io non sono un esperto di sicurezza nazionale o legale. Ciò non mi impedirebbe dall’intervenire qualora pensassi, per qualsiasi ragione, che altri commentatori non riescono a vedere ciò che è evidente, come quando nel passato mi esposi a sostenere che ci venivano propinate menzogne sulla guerra in Iraq. Ma il tradimento Trump-Putin sta di fatto ottenendo molta attenzione.
Nel frattempo, l’economia sanitaria è abbastanza vicina ai miei settori di competenza, cosicché penso di sapere di cosa sto parlando (e chi consultare); dunque è un’area nella quale penso di poter ancora aggiungere un valore significativo al dibattito.
Egualmente importante, l’assistenza sanitaria è un’area nella quale gli esperti possono fare la differenza, o aiutando a fermare il benservito repubblicano, o collaborando a garantire che i responsabili della distruzione della assistenza sanitaria paghino un prezzo adeguato. Per adesso, all’opposto, il tradimento di Trump-Putin è largamente nelle mani di Robert Mueller e di Trump stesso.
Il giornalismo investigativo può aiutare a spostare in avanti la situazione, e tutto andrà a pieno regime se e quando Trump licenzierà Mueller (la qual cosa sembra piuttosto probabile) [1]. Ma per adesso, mi pare di poter servire nel modo migliore il pubblico interesse concentrandomi sulla malefatta minore, seppur sempre grande.
[1] Robert Mueller, avvocato e Direttore dell’FBI, è attualmente incaricato della direzione delle indagini sulla Russia-connection. Se Trump, che chiaramente non lo sopporta, dovesse licenziarlo si arriverebbe ad una situazione del tutto simile a quella che caratterizzo il tentativo di licenziamento di Archibald Cox da parte del Presidente Nixon. Cox era il Procuratore Speciale dell’indagine sul Watergate; il suo tentato licenziamento venne annullato di un giudice e fu abbastanza decisivo nella disfatta finale di Nixon.
luglio 20, 2017
JUL 17 11:34 AM
Paul Krugman
The important things to understand about the Republican health care bill are that it is (a) a cruel assault on the health and financial security of tens of millions of Americans (b) being sold via a campaign of lies that is unprecedented in US politics. Defeating this bill, and/or making its supporters pay a massive political price, is priority #1.
But there are a number of secondary questions, involving how Republicans got to this point. Some of these are big and long-term: how did a whole party succumb to such moral rot? Others are more tactical: how did they get into this immediate political mess?
So I was struck by today’s report in Politico suggesting that leading Republicans — in Congress as well as the Trump administration — thought repealing Obamacare would be quick and easy:
The longer Republican efforts to repeal Obamacare flounder, the clearer it becomes that President Donald Trump’s team and many in Congress dramatically underestimated the challenge of rolling back former President Barack Obama’s signature achievement.
The Trump transition team and other Republican leaders presumed that Congress would scrap Obamacare by President’s Day weekend in late February, according to three former Republican congressional aides and two current ones familiar with the administration’s efforts.
How could they have believed this? Anyone who paid the least attention to health issues knew that the ACA had dramatically reduced the number of uninsured, and that rolling it back would have devastating effects on many people — including many working-class whites. Never mind the morality: It should have been obvious that the political cost of repeal would be very high.
But apparently nobody with influence in the GOP saw the obvious. Why?
The answer, I think, is that they were living in a bubble created out of their own ignorance and cynicism.
They had spent years attacking Obamacare for things they had no intention of fixing — in fact, had every intention of making worse — like high deductibles. They appear never to have considered what would happen if they were called upon to deliver on their promises to make these things better.
They also appear to have been so wrapped up in their own propaganda that they never noticed the good Obamacare was doing. You saw that when the Indiana GOP asked for “Obamacare horror stories” and were flooded with testimonials instead.
Truly, Republicans, you know nothing. And it’s finally starting to matter.
La debacle dell’assistenza sanitaria: i ruoli dell’ignoranza e della malvagità,
di Paul Krugman
Le cose importanti da capire sulla proposta di legge repubblicana sulla assistenza sanitaria sono che essa si caratterizza: (a) come un attacco crudele alla salute e alla sicurezza economica di decine di milioni di americani e che viene rivenduto (b) attraverso una campagna di menzogne che non ha precedenti nella politica americana. Sconfiggere questa proposta di legge e/o fare in modo che i suoi sostenitori paghino un grande prezzo politico, è la priorità numero 1.
Ma c’è un certo numero di questioni secondarie che riguardano il modo in cui i repubblicani sono arrivati a questo punto. Alcune sono grandi questioni di lungo termine: come ha fatto un Partito a soccombere a tale decomposizione morale? Altre sono più tattiche: come hanno fatto a entrare in questo istantaneo casino politico?
Sono dunque rimasto sconcertato dal resoconto di oggi su Politico che suggerisce che i dirigenti repubblicani – nel Congresso come nella Amministrazione Trump – pensavano che l’abrogazione dell’Obamacare sarebbe stata veloce e facile:
“Più a lungo gli sforzi dei repubblicani per abrogare la riforma di Obama hanno annaspato, più chiaro è diventato che la squadra del Presidente Donald Trump e molti nel Congresso sottovalutavano in modo clamoroso la sfida di azzerare la realizzazione distintiva del precedente Presidente Barack Obama.
Secondo tre passati assistenti repubblicani nel Congresso e due attuali che hanno consuetudine con gli sforzi dell’Amministrazione, la squadra di transizione di Trump ed altri leader repubblicani presumevano che il Congresso avrebbe rottamato la riforma di Obama già per il fine settimana del giorno del Presidente, alla fine di febbraio.”
Come potevano credere una cosa del genere? Chiunque avesse prestato almeno attenzione alle tematiche sanitarie sapeva che la Legge sulla Assistenza Sostenibile aveva ridotto in modo spettacolare il numero dei non assicurati, e che tornare indietro avrebbe avuto effetti devastanti su molte persone – inclusi molti bianchi della classe lavoratrice. Lasciamo perdere la moralità: avrebbe dovuto essere evidente che il costo dell’abrogazione sarebbe stato molto alto.
Ma a quanto pare nessuno che avesse un po’ di influenza nel Partito Repubblicano vedeva questa evidenza. Perché?
Credo che la risposta sia che vivevano in una bolla creata dalla loro stessa ignoranza e dal loro cinismo.
Avevano passato anni per attaccare la riforma di Obama su aspetti che non avevano alcuna intenzione di rimediare – di fatto, avevano tutta l’intenzione di rendere peggiori – come le elevate prestazioni escluse nei piani assicurativi. Pare che non avessero mai messo nel conto che cosa sarebbe accaduto se gli fosse stato chiesto di mantenere le proprie promesse di migliorare questi aspetti.
Pare anche che si fossero talmente incartati nella loro propaganda che non si erano accorti del buono che la riforma di Obama stava producendo. Si è visto quando il Partito Repubblicano dell’Indiana ha chiesto alla gente di raccontare “le storie dell’orrore” della riforma di Obama, ed è stato inondato invece da testimonianze positive.
In realtà, repubblicani, voi non sapete niente. E questo finalmente comincia ad essere importante.
luglio 19, 2017
JULY 14, 2017 4:31 PM
Paul Krugman
The title of this post comes from a once-famous book about the senior British officials who, it turned out, spied for Stalin. I found myself thinking about that book’s title while watching the conservative movement react to news that yes, the Trump campaign was in contact with Russian agents, and was willing, indeed eager, to engage in collusion.
With very few exceptions, this reaction has taken two forms: defining collusion down, or celebrating it. Some are arguing that saying “I love it!” when Russian agents offer damaging information about your opponent doesn’t count as collusion unless it’s sustained (which it might have been, by the way – we just don’t know yet), or unless it determined the election outcome. By that standard, of course, Kim Philby did nothing wrong, since the West ended up winning the Cold War.
Others are basically saying that cooperating with a foreign dictator is no big deal if it protects us against real threats, like universal health care.
The important thing to notice is that almost the entire conservative movement has bought into one or both of these arguments. After all the flag-waving, all the attacks on Democrats’ patriotism, essentially the whole GOP turns out to be OK with the moral equivalent of treason if it benefits their side in domestic politics. Which raises the question: what happened to these people?
One answer might be that right-wing ideology, the commitment to tax cuts for the rich and pain for the poor, has such a grip on conservative minds that nothing else matters. But while this is true for some apparatchiks, my guess is that it’s not nearly as true for many – certainly not for the Republican base in the general public. So why has partisanship become so extreme that it trumps patriotism?
Well, I have a thought inspired by something my CUNY colleague Branko Milanovic wrote recently about civil wars. Branko – who knows something about Yugoslavia! – argues against the view that civil wars are caused by deep divisions between populations who don’t know each other. The causation, he argues, goes the other way: when a civil war begins for whatever reason, that’s when the lines between the groups are drawn, and what may have been minor, fairly benign differences become irreconcilable gulfs.
My suggestion is that something like this happened to America, minus the mass bloodshed (so far, anyway).
The radicalization of the GOP began as a top-down affair, driven by big-money interests that financed campaigns and think tanks, pushing the party to the right. But to win elections, the forces engaged in this push cynically appealed to darker impulses – racism first and foremost, but also culture war, anti-intellectualism, and so on. To make this appeal, they created a media establishment – Fox News, talk radio, and so on – which drew in many working-class whites. This meant that a large segment of the population was no longer hearing the same news – basically not experiencing the same account of reality – as the rest of us. So what had been real but not extreme differences became extreme differences in political outlook.
And political figures either adapted or were pushed out. There once were Republicans who would have reacted with horror to Trump’s embrace of Putin, but they’ve left the scene, or are no longer considered Republicans.
This has troubling implications for both the short and the long run. In the short run, it probably means that no matter how bad the Trump revelations get, most Republicans, both in the base and in Congress, will stick with him – because taking him down would be a victory for liberals, who are worse than anything.
In the long run, it makes you wonder whether and how we can get the country we used to be back. As Branko says, there was a time when Serbs and Croats seemed to get along fairly well, indeed intermarrying at a high rate. But could anyone now put Yugoslavia back together? At this rate, we’ll soon be asking the same question about America.
Il nuovo clima del tradimento, di Paul Krugman
Il titolo di questo post deriva da un libro un tempo famoso su ufficiali inglesi di grado elevato che, si scoprì, erano spie per conto di Stalin. Mi sono ritrovato a riflettere sul titolo di quel libro nel mentre osservavo le reazioni del movimento conservatore alle notizie secondo le quali, in effetti, nella campagna elettorale di Trump ci furono contatti con gli agenti russi, e c’era la disponibilità, addirittura l’ansia, di impegnarsi ad operare in combutta con loro.
Con minime eccezioni, questa reazione ha preso due forme: ridimensionare quella collusione, oppure esaltarla. Alcuni sostengono che il dire “mi piace tanto!”, quando agenti russi offrono informazioni dannose sull’altro candidato non è collusione, a meno che essa non sia confermata (la qual cosa, ovviamente, potrebbe essere avvenuta – semplicemente, noi non lo sappiamo ancora), o a meno che essa non abbia determinato il risultato delle elezioni. Con questo criterio, naturalmente, Kim Philby [1] non fece niente di sbagliato, dal momento che l’Occidente alla fine vinse la Guerra Fredda.
Altri fondamentalmente sostengono che cooperare con un dittatore straniero non è una faccenda così disdicevole, se ci protegge da minacce reali, come una assistenza sanitaria universalistica.
La cosa importante da notare è che quasi l’intero movimento conservatore ha fatto propri uno o entrambi questi argomenti. Alla fine di tutto lo sventolare bandiere, di tutti gli attacchi al patriottismo dei democratici, si scopre che sostanzialmente l’intero Partito Repubblicano è a suo agio con l’equivalente morale di un tradimento, se esso avvantaggia il proprio schieramento nelle vicende interne. Il che solleva la domanda: cosa è successo a questa gente?
Una risposta potrebbe essere che l’ideologia della destra, l’impegno per sgravi fiscali ai ricchi e per distribuire sofferenze ai poveri, ha una tale presa sulle menti dei conservatori che non conta nient’altro. Ma mentre questo è vero per alcuni burocrati di apparato, la mia impressione è che sia tutt’altro che vero per molti altri – certamente non per la basa repubblicana dentro la complessiva opinione pubblica. Dunque, perché la faziosità è divenuta così radicale da surclassare il patriottismo?
Ebbene, ho un pensiero ispirato da qualcosa che il mio collega all’Università della città di New York Branko Milanovic ha scritto di recente sulle guerre civili. Branko – che ne sa qualcosa per l’esperienza della Jugoslavia! – si oppone al punto di vista secondo il quale le guerre civili sono provocate dalle profonde divisioni tra popolazioni che non si conoscono l’una con l’altra. Le cause, sostiene, procedono in un altro senso: quando comincia, per una qualsiasi ragione, una guerra civile, ovvero quando le demarcazioni tra i gruppi sono segnate, e quelle che potevano essere differenze secondarie, abbastanza benigne, diventano abissi irreconciliabili.
La mia impressione è che in America sia accaduto qualcosa del genere, pur senza un massiccio spargimento di sangue (del resto, almeno sinora).
La radicalizzazione del Partito Repubblicano ebbe inizio come un fenomeno dall’alto in basso, guidato dagli interessi di grandi ricchezze che finanziavano campagne elettorali e gruppi di ricerca, spingendo il partito a destra. Ma per vincere le elezioni, le forze impegnate in questa spinta fecero appello ad impulsi più oscuri – il razzismo anzitutto e soprattutto, ma anche la cultura della guerra, l’anti intellettualismo, e cose del genere. Per realizzare questa attrazione, crearono fondazioni mediatiche – Fox News, spettacoli radiofonici ed altro – che attrassero molti lavoratori bianchi. Questo comportò che un ampio segmento della popolazione non attingeva più alle stesse notizie di tutti noi – giacché in sostanza non faceva esperienza della stessa narrazione di cose reali. Dunque, quelle che erano state differenze reali ma non incolmabili, divennero differenze radicali nell’atteggiamento politico.
E i personaggi della politica o si adattarono o vennero esclusi. Una volta c’erano repubblicani che avrebbero reagito con orrore all’abbraccio di Putin da parte di Trump, ma lasciarono la scena, oppure adesso non sono più considerati repubblicani.
Questo ha implicazioni problematiche sia nel breve che nel lungo periodo. Nel breve, probabilmente comporta che non sono importanti le rivelazioni su Trump, per quanto possano essere negative, la maggioranza dei repubblicani, sia alla base che nel Congresso, gli staranno vicini – perché abbatterlo sarebbe una vittoria dei progressisti, che sono peggio di tutto il resto.
Nel lungo periodo, tutto questo porta a chiedersi se e come potremo riavere il paese a cui eravamo abituati. Come dice Branko, ci fu un tempo nel quale i Serbi ed i Croati sembravano procedere assieme abbastanza bene, in effetti avevano un tasso di matrimoni misti elevato. Ma oggi chi potrebbe rimettere assieme la Jugoslavia? A questo ritmo, presto ci porremo la stessa domanda sull’America.
[1] Kim Philby, all’anagrafe Harold Adrian Russell Philby, talora indicato col suo acronimo H.A.R. Philby è stato un agente segreto britannico, che acquisì la cittadinanza sovietica nel 1963. Wikipedia
luglio 17, 2017
JULY 10, 2017 4:23 PM
Paul Krugman
Taking a break from health care, treason, and all that to read David Glasner on the price-specie-flow mechanism. The exposition of this mechanism by David Hume in his 1752 “Of the balance of trade“, was a landmark in the development of economics — arguably the first real economic model, making sense of the real world (and giving important policy guidance) via a simplified thought experiment, basically a model despite the absence of explicit math. Glasner argues, however, that it had ceased to be a good model by the 19th century due to the rise of fractional reserve banking and central bank discretion.
I think this critique may go both too far and not far enough. In systems where bank reserves still took the form of specie — and bank notes were backed by specie, as in the United States — a lot of the specie-flow mechanism remained in place for most of the 19th century. On the other hand, the simple link between trade balances and specie flows was broken by the rise of widespread capital mobility: when British investors were buying lots of US railroad bonds, we were no longer in Hume’s world.
But that doesn’t mean that Hume was wrong about *his* world. And reading Glasner made me think of a category of economic ideas that’s crucial, I’d argue, in making sense of part of the history of economic thought — the category of “formerly true” ideas. That is, ideas that were either good descriptions of the world the classical economists lived in, or had been good descriptions of the world just before the classicals wrote.
Pride of place here surely goes to Malthusian economics. You still see people saying flatly that Malthus was wrong. But over the roughly 60 centuries that have passed since civilization emerged in Mesopotamia, the Malthusian proposition — population pressure swallows up any gains in productivity, so that most people live on the edge of subsistence — was true for 58. It just so happens that the two centuries for which the proposition didn’t hold were the two centuries after Malthus wrote.
Actually, of course, this wasn’t an accident. Malthus didn’t kill Malthusian economics; but the rise of intellectual curiosity, of systematic hard thinking, of the scientific attitude, gave rise both to people like Malthus — who tried to approach economics in a recognizably modern manner — and to the dramatic acceleration of technological progress that took us out of the 58-century Malthusian trap.
Similarly, I don’t think there can be any doubt that something like Hume’s specie-flow mechanism did indeed operate through all of history from the first introduction of metallic money to sometime in the late 18th or early 19th century. How did Spanish silver end up fueling a rise in prices all across Europe? As Hume himself said, because silver raised Spanish prices, leading to trade deficits, and the silver flowed out to Spain’s trading partners.
Eventually, however, people — especially the Scots! — developed modern banking and learned to invest capital across borders. These commercial innovations were part of a general spirit of inquiry and innovation that produced, among other things, David Hume and Adam Smith.
Are there other examples? The self-correcting economy — in which unemployment leads to deflation, which increases the real money supply, and thus restores full employment — is another thing that probably did work for most of history, but began to fall apart as agrarian economies gave way to industrialized economies with less flexible prices. David Ricardo’s rejection of the possibility of demand shortfalls eventually turned out to be very wrong — and was surely already wrong in Britain by 1817 — but had been true in the past.
Is there a moral to this story? Maybe it is that things economic do change. By and large they change more slowly than many people think; understanding the 1930s was still immensely valuable to understanding the world after 2008. But economic “laws” — I generally hate that term — aren’t immutable, and good economists can be both right about the past and wrong for today.
I now return you to our regularly scheduled Trump coverage.
Teorie originariamente vere (per esperti e con indulgenza verso me stesso)
di Paul Krugman
Prendendomi una pausa dall’assistenza sanitaria, dal tradimento [1] e tutto il resto per leggere David Glasner sul meccanismo del flusso monetario del prezzo [2]. L’esposizione di questo meccanismo da parte di David Hume nel suo libro del 1752 “Della bilancia commerciale” fu una pietra miliare nello sviluppo dell’economia – probabilmente il primo vero modello economico, che fornisce significato al mondo reale (e offre una importante guida economica) attraverso un semplificato esperimento di pensiero, fondamentalmente un modello nonostante l’assenza di matematica vera e propria. Glasner sostiene, tuttavia, che esso cessò di essere un buon modello economico col diciannovesimo secolo a seguito della riserva frazionale del sistema bancario [3] e della riservatezza delle banche centrali.
Io penso che questa critica allo stesso tempo vada oltre il limite e non vada abbastanza lontano. Nei sistemi nei quali le riserve delle banche presero tuttavia la forma delle monete – e le banconote furono sostenute dalla moneta, come negli Stati Uniti – un bel po’ del meccanismo del flusso monetario rimase all’opera per gran parte del 19° Secolo. D’altra parte, il semplice collegamento tra bilance commerciali e flussi di moneta fu interrotto dalla crescita della generalizzata mobilità del capitale: quando gli investitori inglesi vennero acquistando molte obbligazioni delle ferrovie statunitensi, non eravamo più nel mondo di Hume.
Ma questo non significa che Hume sbagliasse rispetto al “suo” mondo. E il leggere Glasner mi fa riflettere su una categoria delle idee economiche che, secondo me, è fondamentale nel rendere comprensibile una parte della storia del pensiero economico – la categoria delle idee “originariamente corrette”. Ovvero, idee che erano buone descrizioni del mondo in cui vivevano gli economisti classici, oppure che erano buone descrizioni del mondo proprio prima che i classici scrivessero.
In questo caso, il primo posto va certamente all’economia malthusiana. Si notano ancora persone che dicono insensatamente che Malthus aveva torto. Ma nel corso dei circa 60 secoli che erano passati dal momento in cui la civiltà era emersa in Mesopotamia, l’idea malthusiana – la pressione della popolazione inghiotte ogni guadagno nella produttività, cosicché gran parte della popolazione vive al limite della sussistenza – fu vera per 58 di quei secoli. Si dà solo il caso che i due secoli nei quali quell’idea non resse furono quelli successivi agli scritti di Malthus.
Per la verità, come è ovvio, non si trattò di un incidente. Non fu Malthus ad ammazzare l’economia malthusiana, ma lo sviluppo della curiosità intellettuale, della sistematica faticosa riflessione, della attitudine scientifica, fecero crescere sia le persone come Malthus – che cercarono un approccio all’economia in termini riconoscibilmente moderni – e portarono ad una spettacolare accelerazione del progresso tecnologico che ci portò fuori dalla trappola malthusiana durata 58 secoli.
In modo simile, non penso possa esserci alcun dubbio che qualcosa come il meccanismo del flusso monetario in Hume operò effettivamente per tutta la storia sin dalla prima introduzione della moneta metallica, sino a una certa fase del tardo 18° secolo e del primo 19° secolo. Come l’argento spagnolo finì per accendere una crescita dei prezzi in tutta l’Europa? Come disse Hume stesso, dipese dal fatto che l’argento alzò i prezzi spagnoli, portando a deficit commerciali, e l’argento si riversò fuori ai partner commerciali della Spagna.
Alla fine, tuttavia, le persone – specialmente gli Scozzesi – svilupparono un sistema bancario moderno e impararono ad investire i capitali oltre i confini. Queste innovazioni commerciali furono parte di uno spirito generale di indagine e di innovazione che produsse, tra le altre cose, David Hume e Adam Smith.
Ci sono altri esempi? Una economia che si corregge per suo conto – nella quale la disoccupazione porta alla deflazione, che accresce la reale offerta di moneta e quindi restaura la piena occupazione – è un’altra cosa che probabilmente funzionò per gran parte della storia, ma cominciò ad andare a pezzi nel momento in cui le economie agrarie cedettero il passo ad economie industrializzate con prezzi meno flessibili. Il rigetto di David Ricardo della possibilità di deficit della domanda alla fine si dimostrò del tutto sbagliato – ed era certamente già sbagliato nell’Inghilterra del 1817 – ma era stato vero nel passato.
C’è una morale in questa storia? Forse che le cose dell’economia subiscono per davvero modifiche. In generale esse cambiano più lentamente di quanto non pensino molte persone; comprendere gli anni ’30 ha avuto ancora un grandissimo valore per comprendere il mondo dopo il 2008. Ma le “leggi” dell’economia – una espressione che in generale io odio – non sono immutabili, e i buoni economisti possono aver ragione rispetto al passato e nello stesso tempo torto rispetto all’oggi.
E adesso torno ai miei regolarmente programmati articoli su Trump.
[1] Ovvero dalle notizie sullo scandalo russo di Trump.
[2] Meccanismo classico, elaborato da Hume, di riequilibrio della Bilancia dei pagamenti. Il nesso tra aggiustamento esterno e variazioni dei prezzi interni ed esterni è offerto dalla teoria quantitativa della moneta e dalla connessione tra saldi di bilancia dei pagamenti e stock di moneta. La variazione nella quantità di mezzi monetari modifica i prezzi interni, facendoli diminuire nel Paese che registra un deficit. Tende così a ristabilirsi l’equilibrio se la somma delle elasticità al prezzo delle importazioni e delle esportazioni è maggiore dell’unità.
[3] Ovvero alla regola per la quale nelle banche deve esserci costantemente un adeguato rapporto tra depositi e prestiti, nella forma di riserve che consentano di soddisfare picchi improvvisi di richiesta di denaro.
luglio 16, 2017
di Paul Krugman
JULY 9, 2017 3:00 PM
A few days late, but a few thoughts on Bret Stephens’s column about the intellectual decline of conservatism. As you might guess, I agree completely with his take on the modern degeneracy of the movement. But Stephens harks back to a golden age of deep thought; and my question is, when was this age, exactly?
William F. Buckley is a problematic icon. Surely one needs to mention his spirited defense of white supremacy in the South, and National Review’s weird infatuation with Generalissimo Francisco Franco. I’d also note that while God and Man at Yale castigated my alma mater for its downgrading of religion, he seemed equally dismayed by the fact that it was teaching Keynesian economics — you know, the stuff that has been so thoroughly vindicated these past few years.
But leave that aside. When did conservatives have good ideas, and when did they stop? Let’s talk about four areas I know pretty well: macroeconomics, environment, health care, and inequality.
In macroeconomics, there’s no question that Milton Friedman and, initially, Robert Lucas performed a useful service by challenging the case for policy activism, especially fiscal activism. Circa 1976 the track record of Chicago macroeconomics was impressive indeed.
But then it all fell apart. Lucas-type models failed the test of events in the 1980s, while updated Keynesianism held up. Rather than admitting that they had overreached, however, conservative macroeconomists just dug themselves deeper into the rabbit hole — effectively turning their back on Friedman-style monetarism as well as Keynesianism. Vigorous monetary expansion to fight a deep slump, originally a conservative idea, became anathema on the right even as it was welcomed on the left. What was once a good conservative idea was incorporated by liberals while rejected by the right.
On environment, a similar turn took place a bit later. The use of markets and price incentives to fight pollution was, initially, a conservative idea condemned by some on the left. But liberals eventually took it on board — while cap-and-trade became a dirty word on the right. Crude slogans –Government bad! — plus subservience to corporate interests trumped analysis.
On health care, ObamaRomneycare — relying on mandates, regulation, and subsidies rather than a single-payer system — was, famously, a conservative idea developed at the Heritage Foundation. But liberals took it on board — pretty quickly, actually — while conservatives began denouncing their own side’s clever idea as evil incarnate.
Finally, on inequality, conservative intellectuals were terrible from the very beginning. I wrote a long piece in 1992 detailing their evasions and distortions, many of which remain unchanged to this day. It wasn’t just that they were wrong; as I wrote at the time,
the combination of mendacity and sheer incompetence displayed by the Wall Street Journal, the U.S. Treasury Department, and a number of supposed economic experts demonstrates something else: the extent of the moral and intellectual decline of American conservatism.
Remember, this was a quarter-century ago.
So when was the golden age of conservative intellectuals? Actually, there never was one. Certainly, the supposed era in which only conservatives had all the interesting ideas while liberals rehashed tired dogma never happened in any field I know well. That said, there was a period when conservatives contributed some useful stuff to the discourse. But that era ended a long, long time ago.
Quale fu il periodo aureo degli intellettuali conservatori?
di Paul Krugman
Alcune riflessioni, sia pure con alcuni giorni di ritardo, sull’articolo di Bret Stephens sul declino intellettuale del conservatorismo. Come potete immaginarvi, concordo pienamente con la sua presa di posizione sulla moderna degenerazione del movimento. Ma Stephens risale ad una età aurea di pensiero profondo; e la mia domanda è, quale fu quel periodo, esattamente?
William F. Buckley è una icona problematica [1]. Di sicuro si dovrebbe ricordare la sua vivace difesa della supremazia bianca nel Sud, e l’infatuazione della National Review per il Generalissimo Francisco Franco. Osserverei anche che mentre il suo libro Dio e l’uomo a Yale se la prendeva con la mia Università di provenienza per la sua scarsa considerazione della religione, egli sembrava anche sconcertato dal fatto che in essa si insegnava economia keynesiana – sapete, quella roba che è stata così completamente risarcita negli ultimi anni.
Ma lasciamo da parte questi argomenti. Quando i conservatori ebbero buone idee, e quando smisero di averne? Consentitemi di parlare di quattro aree che conosco abbastanza bene: la macroeconomia, l’ambiente, l’assistenza sanitaria e l’ineguaglianza.
In macroeconomia non c’è dubbio che Milton Friedman e, inizialmente, Robert Lucas fecero un servizio utile mettendo alla prova l’argomento dell’attivismo politico, in particolare dell’attivismo in materia di finanza pubblica. In effetti, attorno al 1976, i risultati della macroeconomia di Chicago erano impressionanti.
Ma poi andò tutto in frantumi. Negli anni ’80 i modelli del genere di Lucas non superarono la prova dei fatti, mentre un keynesismo aggiornato resse. Tuttavia, piuttosto che ammettere di essersi spinti troppo oltre, i macroeconomisti conservatori si rintanarono più a fondo nella buca del coniglio – in sostanza voltando le spalle sia al monetarismo sul genere di Friedman che al keynesismo. Una vigorosa espansione monetaria per combattere una profonda recessione, originariamente un’idea conservatrice, divenne a destra un anatema, persino quando era bene accolta a sinistra. Si trattò di una precedente buona idea conservatrice che era stata incorporata dai progressisti, nel mentre veniva rigettata dalla destra.
Sull’ambiente, un po’ dopo si manifestò una svolta simile. L’uso dei mercati e degli incentivi dei prezzi per combattere l’inquinamento era stata, inizialmente, un’idea conservatrice, condannata da alcuni a sinistra. Ma alla fine i progressisti la accolsero – mentre la politica del “cap-and-trade” [2] per la destra divenne un espressione sconcia. Puri e semplici slogan – il Governo è il Male! – oltre alla sottomissione agli interessi delle grandi società, prevalsero sull’analisi.
Sulla assistenza sanitaria, le riforme di Obama e di Romney [3] – che si basavano sull’obbligo ad acquistare una assicurazione, sui regolamenti e sui sussidi anziché su un sistema centralizzato di pagamenti – furono, come è noto, un’idea sviluppata presso la Fondazione Heritage. Ma i progressisti la fecero propria – in effetti, abbastanza rapidamente – mentre i conservatori cominciarono a denunciare l’idea intelligente prodotta dal loro stesso schieramento come un’incarnazione del Male.
Infine, sull’ineguaglianza gli intellettuali conservatori sono stati terribili sin dall’inizio. Io scrissi nel 1992 un lungo articolo per dettagliare le loro ambiguità e le loro distorsioni, molte delle quali restano immutate sino ai giorni nostri. Non era solo il fatto che sbagliavano; come scrissi a quel tempo la combinazione di menzogne e di pura e semplice incompetenza mostrata dal Wall Street Journal, dal Dipartimento del Tesoro e da un certo numero di presunti esperti di economia dimostrano qualcos’altro: la misura del declino morale e intellettuale del conservatorismo americano.
Ricordiamo che questo accadeva un quarto di secolo fa.
Dunque, quale fu il periodo aureo degli intellettuali conservatori? Effettivamente, non ce n’è mai stato uno. Certamente, la presunta epoca nella quale soltanto gli intellettuali conservatori avevano tutte le idee interessanti mentre i progressisti rimasticavano stanchi dogmi, non c’è mai stata in nessun campo che io conosco bene. Ciò detto, ci fu un periodo nel quale i conservatori fornirono il contributo di qualche cosa di utile al dibattito. Ma quell’epoca terminò molto tempo fa.
[1] William Frank Buckley Junior (New York, 24 novembre 1925 – Stamford, 28 febbraio 2008) è stato un saggista, giornalista e conduttore televisivo statunitense. Probabilmente viene definito “icona problematica” considerato che – oltre ai particolari segnalati nel post, dopo una pur ricca carriera di studi – trovò il modo di fare esperienze più singolari, come diventare membro di una setta chiamata “Teschio ed ossa” e lavorare per la CIA in Messico.
[2] Letteralmente, del “mettere un limite e consentire gli scambi” in materia di inquinamento ambientale – ovvero mettere un limite all’inquinamento e premiare chi sta sotto quel limite, anche permettendogli di ‘vendere’ il proprio comportamento virtuoso a chi resta provvisoriamente indietro (l’acquisto di ‘punti’ dai più virtuosi – e talora anche di tecnologie – essendo un modo provvisorio per restare nella legalità).
[3] Come si è varie volte segnalato, Krugman insiste nel mettere sullo stesso piano le due riforme – quella di Obama e la precedente del repubblicano Romney nello Stato del Massachusetts – perché c’era una effettiva somiglianza. Romney non poté mai vantarsene, perché nel periodo di tempo trascorso da quando era Governatore di quello stato a quando divenne candidato repubblicano, i repubblicani ormai la consideravano una bestemmia.
giugno 27, 2017
JUN 23 3:24 AM
The Senate version of Trumpcare – the Better Care Reconciliation Act – is out. The substance is terrible: tens of millions of people will experience financial distress if this passes, and tens if not hundreds of thousands will die premature deaths, all for the sake of tax cuts for a handful of wealthy people. What’s even more amazing is that Republicans are making almost no effort to justify this massive upward redistribution of income. They’re doing it because they can, because they believe that the tribalism of their voters is strong enough that they will continue to support politicians who are ruining their lives.
In this sense – and in only this sense – what we’re seeing now is a departure from previous Republican practice.
In the past, laws that would take from the poor and working class while giving to the rich came with excuses. Tax cuts, their sponsors declared, would unleash market dynamism and make everyone more prosperous. Deregulation would increase efficiency and lower prices. It was all voodoo; the promises never came true. But at least there was some pretense of working for the common good.
Now we have none of this. This bill does nothing to reduce health care costs. It does nothing to improve the functioning of health insurance markets – in fact, it will send them into death spirals by reducing subsidies and eliminating the individual mandate. There is nothing at all in the bill that will make health care more affordable for those currently having trouble paying for it. And it will gradually squeeze Medicaid, eventually destroying any possibility of insurance for millions.
Who benefits? It’s all about the tax cuts, almost half of which will go to people with incomes over $1 million, the great bulk to people with incomes over 200K.
So, is this bill good for you? Yes, if you meet the following criteria:
1.Your income is more than $200,000 a year
2.You have a job that comes with good health insurance
3.You can’t imagine any circumstances under which you lose that job or income
4.You don’t have any family members or friends who don’t meet those criteria
5.You have zero empathy for anyone else
The set of people who can check all these boxes is not a winning political coalition. But Republican leaders believe that their voters are tribal enough, sufficiently walled off from information, that they’ll ignore the attack on their lives and keep voting R – indeed, that as they lose health care, get hit with crushing out-of-pocket bills, see their friends and neighbors face ruin, they’ll blame it on Democrats.
I wish I were sure that this belief was false.
Vera e propria lotta di classe, con disprezzo in aggiunta,
di Paul Krugman
La versione del Senato della riforma della assistenza di Trump – la Legge di Riconciliazione di una Assistenza Migliore – è pubblica. La sostanza è tremenda: se essa verrà approvata decine di milioni di persone faranno i conti con problemi finanziari angoscianti, e decine se non centinaia di migliaia moriranno per decessi prematuri, il tutto nell’interesse di sgravi fiscali per una manciata di ricchi. Quello che è persino più stupefacente è che i repubblicani non stanno facendo quasi nessuno sforzo per giustificare questa massiccia redistribuzione dei redditi verso l’alto. Lo stanno facendo perché hanno il potere di farlo, perché credono che la faziosità dei loro elettori sia forte abbastanza da continuare a sostenere i politici che stanno rovinando le loro esistenze.
In questo senso – e solo in questo senso – quello a cui stiamo adesso assistendo diverge dalla precedente pratica repubblicana.
Nel passato, le leggi che avrebbero tolto ai poveri ed alla classe lavoratrice per favorire i ricchi erano accompagnate da pretesti. Gli sgravi fiscali, dichiaravano i loro sostenitori, avrebbero liberato il dinamismo del mercato ed avrebbero reso tutti più prosperi. La deregolamentazione avrebbe aumentato l’efficienza e abbassato i prezzi. Era tutta economia voodoo; le promesse non si avveravano mai. Ma c’era almeno qualche pretesa di funzionamento per il bene comune.
Ora non abbiamo niente di questo. Questa proposta di legge non fa niente per ridurre i costi della assistenza sanitaria. Non fa niente per migliorare il funzionamento dei mercati delle assicurazioni sanitarie – di fatto, li porterà a spirali fatali riducendo i sussidi ed eliminando l’obbligo alla assicurazione per i singoli utenti. Nella proposta di legge non c’è assolutamente niente che renderà l’assistenza sanitaria più sostenibile per coloro che attualmente hanno problemi a pagarla. E gradualmente schiaccerà Medicaid, alla fine distruggendo ogni possibilità di assicurazione per milioni di persone.
Chi ne trae vantaggi? I vantaggi vanno tutti in sgravi fiscali, quasi la metà dei quali andranno a persone con redditi superiori a 1 milione di dollari, la gran parte degli individui con redditi superiori ai 200 milia dollari.
Dunque, è positiva nel vostro caso questa proposta di legge? Sì, se soddisfate i seguenti criteri:
1 – Il vostro reddito è superiore ai 200.000 dollari all’anno;
2 – Avete un posto di lavoro che fornisce anche una buona assicurazione sanitaria;
3 – Non potete immaginare nessuna circostanza nella quale perdere quel posto di lavoro o quel reddito,
4 – Non avete nessun componente della famiglia o amico che non soddisfa quei criteri;
5 – Avete empatia zero per tutti gli altri.
Il complesso di persone che possono spuntare tutte quelle caselle non costituisce una coalizione politica vincente. Ma i dirigenti repubblicani credono che i loro elettori siano sufficientemente faziosi, sufficientemente impermeabili alle informazioni, da ignorare l’attacco alle loro esistenza e continuare a votare repubblicano – in sostanza, che al momento in cui perderanno l’assistenza sanitaria, prenderanno un colpo con un devastante esborso di tasca propria, vedranno i loro amici e vicini far fronte ad un disastro, essi daranno la colpa ai democratici.
Vorrei esser certo che quel convincimento sia falso.
giugno 20, 2017
JUN 16 11:19 AM
Paul Krugman
The actual text of the Senate version of Trumpcare is still a secret, even from almost all the Senators who are expected to vote for it. But that’s actually a secondary issue: never mind the precise details, what’s the organizing idea? What is the bill supposed to do, and how is it supposed to do it?
The answer — which I’ve been suggesting for a while — is that they have no idea, and more broadly, no ideas in general. Now Vox confirms this, by interviewing a series of Republican senators:
With the bill’s text still not released for public view, Vox asked GOP senators to explain their hopes for it. Who will benefit from the legislation? What problems is this bill trying to solve?
The answers, universally, were “Er. Ah. Um.”
Time was when even the worst legislation came with some kind of justification, when you could count on the hacks at Heritage to explain why eating children will encourage entrepreneurship, or something. On the right, these explanations have descended into ever deeper voodoo; the Kansas experiment was based on obvious nonsense, and has turned out even worse than cynics might have suggested. And you might have thought that this was as bad as it can get.
But now we have legislation that will change the lives of millions, and they haven’t even summoned the usual suspects to explain what a great idea it is. If hypocrisy is the tribute vice pays to virtue, Republicans have decided that even that’s too much; they’re going to try to pass legislation that takes from the poor and gives to the rich without even trying to offer a justification.
And they’ll try to do it by dead of night, of course.
This has nothing to do with Trump, who is, as I’ve been saying, an ignorant bystander — yes, he’s betraying every promise he made, but what else is new? It’s about Congressional Republicans.
Which Congressional Republicans? All of them. Remember, three senators who cared even a bit about substance, legislative process, and just plain honesty with the public, could stop this. So far, it doesn’t look as if there are those three senators.
This is a level of corruption that’s hard to fathom. Yet it’s the reality of one of our two parties.
Il silenzio dei pennivendoli,
di Paul Krugman
Il testo attuale nella versione del Senato della riforma della assistenza di Trump è ancora segreto, persino per quasi tutti i senatori che ci si aspetta lo votino. Ma questo è un aspetto effettivamente secondario: non contano i precisi dettagli, qual è l’idea di fondo? Che cosa si suppone che produca la proposta di legge, e come?
La risposta – che vengo suggerendo da un po’ – è che essi non hanno nessuna idea, come non hanno, in senso più generale, nessuna idea su niente. Ora Vox lo conferma, intervistando una serie di Senatori repubblicani:
“Con il testo della proposta di legge ancora non rilasciato alla opinione pubblica, Vox ha chiesto a Senatori del Partito Repubblicano le speranze che nutrono su di esso. Chi trarrà beneficio dalla legislazione? Quali problemi la proposta di legge sta cercando di risolvere?”
Le risposte, all’unanimità, sono state: “Mah, ah, chissà”.
C’era un tempo nel quale persino la peggiore legge era provvista di una giustificazione di qualche genere, quando si poteva contare che i pennivendoli di Heritage spiegassero perché mangiare i bambini avrebbe incoraggiato l’imprenditoria, o cose del genere. Sulla destra, queste spiegazioni sono precipitate in una forma di voodoo che non era mai stato così profondo; l’esperimento del Kansas si era basato su un evidente nonsenso, e si è rivelato persino peggiore di quello che i pessimisti potevano suggerire. Avreste potuto pensare che questo fosse il massimo della negatività che si poteva avere.
Ma adesso abbiamo una legislazione che cambierà la vita a milioni di persone, ed essi non hanno neppure convocato i soliti noti a spiegare di quale grande idea si tratti. Se l’ipocrisia è il tributo che il vizio paga alla virtù, i repubblicani hanno deciso che persino quello è troppo; stanno cercando di approvare una legge che prende ai poveri per fare un regalo ai ricchi senza neppure cercare di dare una giustificazione.
E ovviamente stanno cercando di farlo nel cuore della notte.
Questo non ha niente a che fare con Trump, che è, come sto ripetendo, uno spettatore inconsapevole – è vero, sta tradendo ogni promessa che aveva fatto, ma che c’è di nuovo? È una faccenda che riguarda i congressisti repubblicani.
Quali congressisti repubblicani? Tutti loro. Si rammenti, tre Senatori che si preoccupassero appena un po’ di sostanza, del processo legislativo, di essere soltanto semplicemente onesti con l’opinione pubblica, potrebbero fermare tutto questo. Sinora, non sembra ci siano quei tre senatori.
Questo è un livello di decadenza morale che è difficile immaginare. Eppure è la realtà di uno dei nostri due Partiti.
giugno 20, 2017
JUNE 14, 2017 8:50 PM
Paul Krugman
The days when surging world trade was the big story seem like a long time ago. For one thing, trade has stopped surging, and seems to have plateaued. For another, we have more pressing issues, like the rise of authoritarianism and the attempt to sabotage health care.
But I recently gave a presentation on trade issues, have been playing around with them again, and anyway want to take occasional breaks from the horror of today’s political economy. So I find myself trying to find simple ways to talk about “hyperglobalization,” the surge in trade from around 1990 to the eve of the Great Recession. None of the underlying ideas is new, but maybe some people will find the exposition helpful.
The idea here is to think about the effects of transport costs and other barriers to trade pretty much the same way trade economists have long thought about “effective protection.”
This concept was introduced mainly as a way to understand what was really happening in countries attempting import-substituting industrialization. The idea was something like this: consider what happens if a country places a tariff on car imports, but not on imports of auto parts. What it’s really protecting, then, is the activity of auto assembly, making it profitable even if costs are higher than they are abroad. And the extent to which those costs can be higher can easily be much bigger than the tariff rate.
Suppose, for example, that you put a 20% tariff on cars, but can import parts that account for half the value of an imported car. Then assembling cars becomes worth doing even if it costs 40% more in your country than in the potential exporter: a nominal 20% tariff becomes a 40% effective rate of protection.
Now let’s switch the story around, and talk about a good an emerging market might be able to export to an advanced economy. Let’s say that in the advanced country it costs 100 to produce this good, of which 50 is intermediate inputs and 50 assembly. The emerging market, we’ll assume, can’t produce the inputs, but could do the assembly using imported inputs. There are, however, transport costs – say 10% of the value of any goods shipped.
If we were talking only about trade in final goods, this would mean that the emerging market could export if its costs were 10% less – 91, in this case. But we’ve assumed that it can’t do the whole process. It can do the assembly, and will if its final costs including inputs are less than 91. But the inputs will cost 55 because of transport. And this means that to make exporting work it must have costs less than 91-55=36, compared with 50 in the advanced country.
That is, to overcome 10% transport costs this assembly operation must be 38% cheaper than in the advanced country.
But this in turn means that even a seemingly small decline in transport costs could have a large effect on the location of production, because it drastically reduces the production cost advantage emerging markets need to have. And it leads to an even more disproportionate effect on the volume of trade, because it leads to a sharp increase in shipments of intermediate goods as well as final goods. That is, we get a lot of “value chain” trade.
This, I think, is what happened after 1990, partly because of containerization, partly because of trade liberalization in developing countries. But it’s also looking more and more like a one-time thing.
I now return you to our regularly scheduled Trump coverage.
Un esercizio a spanne sulla iperglobalizzazione,
di Paul Krugman
I giorni nei quali la grande storia era la brusca crescita del commercio mondiale sembrano passati da molto. Da una parte, il commercio ha cessato di crescere e sembra essersi stabilizzato. Dall’altra, abbiamo temi più pressanti, come la crescita dell’autoritarismo e il tentativo di sabotaggio della assistenza sanitaria.
Ma di recente ho tenuto un discorso sui temi del commercio, essendo tornato a trafficare nuovamente con essi, e in ogni modo voglio prendermi qualche occasionale pausa dall’orrore della politica economica odierna. Dunque mi ritrovo a cercare di individuare dei modi semplici per parlare della ‘iperglobalizzazione’, la crescita del commercio da circa il 1990 sino al periodo della Grande Recessione. Nessuna delle idee sottostanti è nuova, ma forse alcune persone troveranno utile l’esposizione.
In questo caso l’idea è pensare agli effetti dei costi di trasporto e ad altre barriere al commercio sostanzialmente nello stesso modo in cui gli economisti del commercio hanno a lungo riflettuto sulla “protezione effettiva” [1].
Questo concetto venne introdotto principalmente come un modo per comprendere cosa stava realmente accadendo nei paesi che cercavano l’industrializzazione attraverso una sostituzione delle importazioni. L’idea era grosso modo questa: si consideri quello che accade se un paese mette in atto una tariffa sulla importazione delle automobili, ma non sulla importazione di parti dei veicoli. Quello che esso sta effettivamente proteggendo, in quel caso, è l’attività di assemblamento delle automobili, rendendola profittevole anche se i costi sono più alti che all’estero. E la misura nella quale quei costi possono essere più alti può essere molto più grande dell’aliquota della tariffa.
Supponiamo per esempio che si stabilisca una tariffa del 20% sulle automobili, ma che si possano importare componenti che valgono la metà del valore di una macchina importata. A quel punto assemblare le automobili diventa conveniente anche se costano il 40% in più nel vostro paese che in quello di un potenziale esportatore: una tariffa nominale del 20% diventa un 40% di quota effettiva di protezione.
Adesso introduciamo un cambiamento nel nostro racconto, e ragioniamo di un bene che un mercato emergente potrebbe essere capace di esportare in una economia avanzata. Diciamo che nell’economia avanzata produrre questo bene ha un costo eguale a 100, 50 dei quali sono i contributi dei beni intermedi e 50 l’assemblaggio. Assumeremo che il mercato emergente non possa produrre quei beni (intermedi), ma potrebbe assemblarli utilizzando beni importati. Ci sono, tuttavia, i costi di trasporto – diciamo pari al 10% del valore di ogni bene spedito.
Se stessimo parlando soltanto del commercio dei beni finali, questo significherebbe che il mercato emergente potrebbe esportare se i suoi costi fossero inferiori al 10% – pari, in questo caso, a 91. Ma noi abbiamo assunto che esso non può realizzare il processo intero. Ma, a causa del trasporto, gli input costeranno 55. E questo significa che per rendere l’esportazione possibile essa dovrà avere costi inferiori a 91-55=36, a confronto dei 50 nel paese avanzato.
Ovvero, per ovviare ai costi di trasporto del 10% questa operazione di assemblaggio deve essere del 38% più economica che nel paese avanzato.
Ma a sua volta questo significa che anche un apparentemente modesto declino nei costi di trasporto potrebbe avere un ampio effetto nella localizzazione della produzione, perché esso ridurrebbe drasticamente il vantaggio nei costi di produzione di cui i mercati emergenti hanno bisogno. E questo porta ad un effetto persino più sproporzionato nel volume del commercio, giacché comporta un brusco incremento nella spedizione dei beni intermedi come dei beni finali. Ovvero, otteniamo molto commercio dalla “catena del valore”.
Questo, penso, sia quello che è successo dopo il 1990, in parte per la containerizzazione, in parte per la liberalizzazione del commercio nei paesi sviluppati.
Ora torno a i nostri regolarmente programmati resoconti su Trump.
[1] In economia, il “tasso effettivo di protezione” è una misura dell’effetto totale dell’intera struttura delle tariffe sul valore aggiunto per unità di prodotto in ciascun settore industriale, quando sia i beni intermedi che quelli finali sono importati. Questa statistica è utilizzata dagli economisti per misurare la quantità reale di protezione consentita ad un settore industriale dalle imposte sull’importazione, dalle tariffe e da altre restrizioni commerciali.
giugno 19, 2017
JUN 13 1:13 PM
Paul Krugman
It was a weird scene: Trump cabinet members speaking up, one by one, to offer effusive, groveling praise to their boss. Even if the praise had been justified (in fact, Trump has achieved amazingly little), it was deeply un-American — the kind of thing you would expect to see in an authoritarian regime, not a republic where leaders are supposed to pretend to be humble servants of the people.
But it was of a piece with everything else we’ve been seeing, not just from Trump — who doesn’t have a democratic bone in his body — but from Republicans, who have so far showed themselves willing to accept any and all abuses of power, including almost comical levels of financial self-dealing. So this isn’t just a Trump story; it’s about what happened to the GOP.
I don’t have a full explanation. But surely a starting point is the realization that while America as a whole isn’t an authoritarian regime — yet — the modern Republican party in many ways is. That is, once you’ve made the decision to become Republican, you find yourself living in your own private Pyongyang.
I mean this in a couple of senses. One is that for the great majority of Congressional Republicans, loyalty to party is all that matters for their political futures. As this chart from Nate Silver shows, there are now very few swing districts, in which a Republican can lose short of a political earthquake;
This is true of Democrats too, but the Democratic party is a field of contending interest groups, while the GOP is monolithic. So if you’re a Republican politician, you care about following the party line — full stop.
But mightn’t even Republican voters turn on you if you seem too slavish to an obviously corrupt leadership? Well, where would those voters get such an idea? For all practical purposes, Republican primary voters get their news from wholly partisan media, which quite simply present a picture of the world that bears no resemblance to what independent sources are saying. Even though most Republicans in DC probably know better, their self-interest says to pretend to believe the official line.
So if you’re Representative Bomfog from a red state, your entire career depends on being an apparatchik willing to do and say anything the regime demands. Suggestions that the president’s men, and maybe the man himself, is in collusion with a foreign power? Fake news! Firing the FBI director in an obvious obstruction of justice? Let’s make excuses! Analyses suggesting that your bill will cause mass suffering? Never mind. Party loyalty is all — even if it demands humiliating displays of obsequious deference.
This is why I don’t trust claims that firing Mueller would cross some kind of red line. All indications are that there is no line.
The one thing that might cause Rs to turn on Trump would be the more or less certain prospect of a wave election so massive that even very safe seats get lost. And at the rate things are going, that could happen. But if it does, it will be nothing like a normal political process; it will be more like a revolution within the GOP, a regime change that would shatter the party establishment.
Here’s hoping.
La loro personale Pyongyang,
di Paul Krugman
È stata una scena sconcertante: i membri del Gabinetto di Trump che intervengono, uno dopo l’altro, per offrire calorosi, servili elogi al loro capo. Persino se gli elogi fossero giustificati (di fatto, Trump ha realizzato incredibilmente poco), è una situazione molto estranea all’America – il genere di cosa che vi aspettereste di vedere in un regime autoritario, non in una repubblica nelle quale gli uomini pubblici si suppone fingano di essere umili servitori del popolo.
Ma era un aspetto di tutto il resto cui stiamo assistendo, non solo da parte di Trump – che nel suo organismo non ha niente di democratico – ma da parte dei repubblicani, che sino a questo punto i sono dimostrati disponibili ad accettare ognuno e tutti gli abusi di potere, incluso il farsi i propri interessi finanziari a livelli quasi comici. Dunque, non si tratta solo della storia di Trump; riguarda quello che è accaduto al Partito Repubblicano.
Non ho una spiegazione completa. Ma certamente il punto di partenza è la comprensione che mentre l’America nel suo complesso non è un regime autoritario – tuttavia, il Partito Repubblicano odierno lo è in molti sensi. Vale a dire che, una volta che avete preso la decisione di diventare repubblicani, vi ritrovate a vivere in una vostra personale Pyongyang.
Intendo questo in un paio di sensi. Uno è che per la grande maggioranza dei repubblicani del Congresso, la fedeltà al Partito è tutto quello che conta per il loro futuro politico. Come mostra questo grafico di Nate Silver, adesso ci sono molto pochi distretti elettorali oscillanti, nei quali un repubblicano può perdere di misura a seguito di un sommovimento politico:
Questo è vero anche per i democratici, ma il Partito Democratico è un campo di contesa per gruppi di interesse, mentre il Partito Repubblicano è un monolite. Se siete dunque un politico repubblicano, la vostra preoccupazione è quella di andare dietro la linea del Partito e nient’altro.
Ma non potrebbero anche gli elettori repubblicani cambiare direzione, se il loro candidato appare troppo servile nei confronti di una leadership evidentemente corrotta? Ebbene, dove quegli elettori prenderebbero un’idea del genere? Da un punto di vista pratico, gli elettori repubblicani derivano le loro notizie da media interamente di parte, che molto semplicemente presentano una rappresentazione del mondo che non ha alcuna somiglianza con quello che sostengono le fonti indipendenti. Anche se la maggioranza dei repubblicani a Washington probabilmente non sono così ingenui, il loro interesse personale gli dice di fingere di credere alla linea ufficiale del Partito.
Dunque, se siete il “congressista Bomfog[2]” e venite da uno Stato repubblicano, la vostra intera carriera dipende dall’essere un uomo di apparato disponibile a fare e a dire tutto quello che il regime vi impone. Le indicazioni secondo le quali gli uomini del Presidente, e forse lui stesso, sono in collusione con una potenza straniera? False notizie! Il licenziamento del direttore dell’FBI nell’ambito di un evidente tentativo di ostacolare la giustizia? Facciamogli le nostre scuse! Le analisi secondo le quali la vostra proposta di legge provocherà grandi sofferenze? Non hanno importanza. La fedeltà al Partito è tutto – anche se richiede un umiliante sfoggio di ossequiosa deferenza.
Ecco perché non credo agli argomenti secondo i quali il licenziamento di Mueller supererebbe una linea rossa di qualche genere. Tutte le indicazioni dicono che non c’è nessuna linea.
L’unica cosa che potrebbe provocare i Repubblicani a rivoltarsi contro Trump sarebbe la prospettiva più o meno certa di un’ondata elettorale così massiccia da far perdere persino i seggi molto sicuri. E al ritmo al quale le cose stanno procedendo, potrebbe accadere. Ma se accadesse, non sarebbe niente di simile ad un normale processo politico; sarebbe più una rivoluzione all’interno del Partito Repubblicano, un cambiamento di regime che manderebbe in pezzi il gruppo dirigente.
È quello che stiamo sperando.
[1] Il grafico mostra la situazione elettorale dei due Partiti. Le diverse tonalità di celeste/blu e di rosa/rosso/marrone rispettivamente per i democratici e per i repubblicani, indicano i distretti con risultati schiaccianti (blu e marrone), quelli con forti prevalenze (celeste e rosso) e quelli con inclinazioni più modeste (celeste chiaro e rosa). Il color giallo indica invece le situazioni oscillanti (Swing districts). Nelle elezioni del 1992 e 1996 i distretti oscillanti erano assai più numerosi, mentre quelli a maggioranze schiaccianti erano assai minori per entrambi i partiti.
[2] Il Senatore BOMFOG significa un uomo politico che ripete frasi trite, dette e ridette. L’origine della espressione è questa: BOMFOG è l’acronimo della frase “the brotherhood of man, under the fatherhood of God” (che significa “spirito fraterno dell’uomo, avendo Dio come Padre”). Era un’espressione che il Governatore di New York Nelson Rockfeller usava infilare in tutti i suoi discorsi, al punto tale che i giornalisti avevano preso a riferirla con l’acronimo. Dopodiché è diventata sinonimo di un “Quaquaraquà”, come più o meno diremmo noi, ovvero di qualcuno che chiacchiera a vuoto.
giugno 17, 2017
JUN 12 3:53 PM
Paul Krugman
Noah Smith has a nice summation of his critique of macroeconomics, which mainly comes down, as I read it, as an appeal for researchers to stay close to the ground. That’s definitely good advice for young researchers.
But what about economists trying to provide useful advice, directly or indirectly, to policy makers, who need to make decisions based on educated guesses about the whole system? Smith says, “go slow, allow central bankers to use judgment and simple models in the meantime.” That would be better than a lot of what academic macroeconomists do in practice, which is to castigate central bankers and other policymakers for not using elaborate models that don’t work. But is there really no role for smart academics to help out in this process? And if so, what does this say about the utility of what the profession does?
The thing is, those simple models have done pretty darn well since 2008 — and central bankers who used them, like Bernanke, did a lot better than central bankers like Trichet who based their judgements on something else. So surely at least part of the training of macroeconomists should prepare them to be helpful in applying simple models, maybe even in making those simple models better.
Reading Smith, I found myself remembering an old line from Robert Solow in defense of “fancy” economic theorizing:
In economics I like a man to have mastered the fancy theory before I trust him with simple theory … because high-powered economics seems to be such an excellent school for the skillful use of low-powered economics.
OK, can anyone make that case about modern macroeconomics? With a straight face? In practice, it has often seemed that expertise in high-powered macroeconomics — mainly meaning DSGE — positively incapacitates its possessors from the use of low-powered macroeconomics, largely IS-LM and its derivatives.
I don’t want to make a crude functional argument here: research that advances knowledge doesn’t have to provide an immediate practical payoff. But the experience since 2008 has strongly suggested that the research program that dominated macro for the previous generation actually impaired the ability of economists to provide useful advice in the moment. Mastering the fancy stuff made economists useless at the simple stuff.
A more modest program would, in part, help diminish this harm. But it would also be really helpful if macroeconomists relearned the idea that simple aggregate models can, in fact, be useful.
La macroeconomia semplice e quella elaborata,
di Paul Krugman
Noah Smith ha scritto una bella sintesi delle sue critiche della macroeconomia, che principalmente si risolve, per come l’ho compresa, in un appello ai ricercatori a stare con i piedi per terra. Il che, per i giovani ricercatori, è certamente un buon consiglio.
Ma che dire degli economisti che cercano di fornire, direttamente o indirettamente, consigli utili agli operatori politici, che hanno bisogno di prendere decisioni basandosi su valutazioni ragionate sul sistema nel suo complesso? Smith dice, “andateci piano, consentite ai banchieri centrali allo stesso tempo di usare il giudizio e modelli semplici”. Ciò sarebbe meglio rispetto alla gran parte di quello che i macroeconomisti accademici fanno in pratica, che consiste nel rimproverare i banchieri centrali e le altre autorità politiche per non utilizzare modelli complessi che non funzionano. Ma non c’è davvero nessun ruolo perché gli accademici intelligenti siano di aiuto in questo processo? E se così fosse, cosa ci direbbe questo dell’utilità di ciò che fa questa disciplina?
Il punto è che quei semplici modelli hanno funzionato dannatamente bene dal 2008 – e i banchieri centrali che li utilizzavano, come Bernanke, si comportarono molto meglio dei banchieri centrali come Trichet, che basava i suoi giudizi su qualcos’altro. Dunque, certamente almeno una parte della formazione dei macroeconomisti dovrebbe prepararli ad essere utili nella applicazione di modelli semplici, forse persino rendendo migliori quei modelli semplici.
Leggendo Smith mi sono ritrovato a ricordare una vecchia frase di Robert Solow in difesa delle “elaborate” teorizzazioni economiche:
“In economia mi piacciono le persone che hanno padronanza delle teorie elaborate, prima che io mi fidi di loro con le teorie semplici … giacché le teorie economiche di elaborata potenza sembrano essere una scuola così eccellente per l’utilizzo sapiente delle teorie economiche di minore potenza applicativa”.
Ebbene, c’è qualcuno che possa portare avanti questa tesi a proposito della macroeconomia moderna? Seriamente? In pratica, è spesso sembrato che l’esperienza nella macroeconomia di elevata potenza – che principalmente consiste nel DSGE [1] – non renda assolutamente capaci chi la possiede ad usare una macroeconomia di più limitata potenza applicativa, ovvero in gran parte il modello IS-LM e i suoi derivati.
Non voglio avanzare in questo caso un rozzo argomento funzionale: la ricerca che promuove la conoscenza non deve fornire un immediato vantaggio pratico. Ma l’esperienza a partire dal 2008 ha mostrato con forza che il programma di ricerca che ha dominato la macroeconomia nelle precedenti generazioni ha sostanzialmente pregiudicato la capacità degli economisti di fornire consigli utili sul momento. La padronanza delle tecniche elaborate ha reso gli economisti incapaci ad operare con le tecniche semplici.
Un programma più modesto contribuirebbe, in parte, a ridurre questo danno. Ma sarebbe anche davvero utile se i macroeconomisti reimparassero l’idea che i semplici modelli aggregati possono, in sostanza, essere utili.
[1] Che significa “Equilibrio Generale dinamico stocastico”, ovvero un “settore della Teoria dell’equilibrio generale che tenta di spiegare i fenomeni economici aggregati, come la crescita economica, i cicli dell’economia e gli effetti delle politiche monetarie e della finanza pubblica, sulla base di modelli macroeconomici derivati da principi microeconomici” (Wikipedia).
giugno 16, 2017
JUNE 12, 2017 3:23 PM
Paul Krugman
Will the end of the Kansas tax-cut experiment — hey, that’s what Brownback himself called it, although he refused to accept the crystal-clear results of that experiment — mark a turning point in U.S. politics? Michael Tomasky thinks it might: not because it refuted supply-side fantasies, which have been refuted by experience and events again and again, but because Republicans themselves (sans Brownback) decided that enough was enough, and returned to fiscal sanity.
But I have my doubts. When I look at events in Washington, it seems to be that Republicans have moved on in ways that may eventually cause us to think about the Kansas experience almost fondly, as a relic of a better time when conservatives at least pretended to have intellectual justifications for their policies and proved, in practice, to care at least a bit about results.
For there was an idea, a theory, behind the Kansas tax cuts: the claim that cutting taxes on the wealthy would produce explosive economic growth. It was a foolish theory, belied by decades of experience: remember the economic collapse that was supposed to follow the Clinton tax hikes, or the boom that was supposed to follow the Bush tax cuts? And it was a theory that always survived mainly because of the Upton Sinclair principle that it’s difficult to get a man to understand something when his salary depends on his not understanding it.
But still, it was a theory, and eventually the theory’s failure was too much even for Republican legislators.
Now consider the AHCA, aka Trumpcare. What’s the theory of the case behind this legislation?
When Obamacare was enacted, Republicans had some claims, almost a theory, about why it was a terrible idea. It would, they claimed, fail to improve coverage. It would be a massive “job-killer”. It would cost far more than predicted, and blow up the budget deficit.
In reality, the percentage of Americans under 65 without insurance fell from 18 percent in 2010, the year Obamacare was enacted, to 10 percent in 2016 (and less than 8 percent in Medicaid expansion states). Unemployment was 9.9 percent when the ACA was passed, 6.6 when it went into full effect, 4.8 by January 2017. Costs have come in well below expectations.
There have been some disappointments: fewer people than expected signing up for the exchanges, although this has been offset by the surprising durability of employment-based coverage and stronger than expected Medicaid. But the point is that none of the things Republicans cited as their reason for opposing the bill have come true.
So what’s the theory behind their proposed replacement? Where’s their analysis showing that it will be better? There’s no hint of anything on either topic. You might have expected some kind of appeal to the magic of the market, some claim that radical deregulation will produce wonderful results. It would have been silly, but at least would have shown some respect for the basic idea of analyzing policies and evaluating them by results.
But what we’re getting instead is a raw exercise of political power: the GOP is trying to take away health care from millions and hand the savings to the wealthy simply because it can, without even a fig leaf of intellectual justification.
The point is that what we’re seeing now is so bad, so cynical, that it makes the Kansas experiment looks like a model of idealism and honesty by comparison.
I don’t think we’re in Kansas anymore. We’re now in someplace much, much worse.
Non siamo più nemmeno nel Kansas,
di Paul Krugman
La fine dell’esperimento degli sgravi fiscali del Kansas (si badi, questo è il termine con il quale fu definito dallo stesso Brownback [1], sebbene abbia rifiutato di accettare i risultati chiari come il cristallo di quell’esperimento) segna un punto di svolta nella politica degli Stati Uniti? Michael Tomasky lo giudica possibile: non perché esso confuti le fantasie dell’economia dal lato dell’offerta, che erano state confutate da prove e fatti più di una volta, ma perché i repubblicani stessi (ad eccezione di Brownback) hanno stabilito che il troppo è troppo, e sono tornati ad una politica della finanza pubblica non pazzesca.
Ma io ho i miei dubbi. Quando osservo gli eventi di Washington, sembra che i repubblicani siano andati oltre in modi che alla fine possono indurci a pensare all’esperimento del Kansas quasi con affetto, come un reperto storico di un tempo migliore, quando i conservatori almeno fingevano di avere giustificazioni intellettuali per le loro politiche e provavano, in pratica, a curarsi almeno un po’ dei risultati.
Perché dietro gli sgravi fiscali del Kansas c’era un’idea, una teoria: la tesi che tagliare le tasse sui ricchi avrebbe provocato una crescita economica esplosiva. Era una teoria sciocca, smentita da decine di esperienze: ci si ricorda del collasso economico che si riteneva avrebbe fatto seguito agli aumenti fiscali di Clinton, o del boom che si pensava seguisse gli sgravi di Bush? Ed era una teoria che restava sempre in vita principalmente per il principio di Upton Sinclair, secondo il quale è difficile che una persona capisca qualcosa quando il suo salario dipende dal fatto che non lo capisca.
Eppure era pur sempre una teoria, e alla fine il fallimento della teoria è stato troppo grave persino per i legislatori repubblicani.
Ora si consideri la Legge sulla Assistenza Sanitaria Americana, anche detta Trumpcare. Qual è la teoria che in quel caso sta dietro quella legislazione?
Quando la riforma di Obama venne approvata, i repubblicani avevano qualche argomento, quasi una teoria, sui motivi per i quali pensavano fosse un’idea terribile. Sostenevano che non sarebbe stata capace di migliorare la copertura assistenziale. Sarebbe stata una massiccia “ecatombe di posti di lavoro”. Sarebbe costata assai di più del previsto, ad avrebbe fatto esplodere il deficit del bilancio.
In realtà, la percentuale degli americani senza assicurazione al di sotto dei 65 anni è caduta dal 18 per cento nel 2010, l’anno in cui la riforma di Obama è stata approvata, al 10 per cento nel 2016 (e a meno dell’8 per cento negli Stati con Medicaid in espansione [2]). La disoccupazione era al 9,9 per cento quando la riforma di Obama è stata approvata, il 6,6 per cento quando è pienamente entrata in funzione, il 4,8 per cento a gennaio del 2017. I costi sono stati molto al di sotto delle aspettative.
Ci sono stati alcuni aspetti deludenti: un numero minore di persone di quello che ci si aspettava si sono iscritti alle “borse sanitarie” [3], sebbene questo sia stato compensato dalla sorprendente resistenza della copertura assicurativa basata sui luoghi di occupazione [4] e dal programma di Medicaid, più forte del previsto. Ma il punto è che nessuna delle circostanze che i repubblicani indicavano come le loro ragioni per opporsi alla proposta di legge si è avverata.
Qual è dunque la teoria che sta dietro la sostituzione che loro propongono? Dov’è la loro analisi che dimostra che si andrà ad una soluzione migliore? Non c’è alcun cenno su entrambi gli aspetti. Potevate aspettarvi che in qualche modo ci si appellasse alla magia del mercato, la pretesa secondo la quale una radicale deregolamentazione produrrà risultati meravigliosi. Sarebbe stato sciocco, ma almeno avrebbe mostrato una qualche considerazione dell’idea fondamentale di analizzare le politiche e di apprezzarle sulla base dei risultati.
Ma quello a cui stiamo invece assistendo è un brutale esercizio del potere politico: il Partito Repubblicano sta cercando di togliere l’assistenza sanitaria a milioni di persone e di consegnare i risparmi ai più ricchi semplicemente perché ha il potere di farlo, senza neppure una foglia di fico di giustificazione intellettuale.
Il punto è che adesso stiamo in presenza di qualcosa di così malvagio, di così cinico, che al confronto l’esperimento del Kansas appare come un modello di idealismo e di onestà.
Non credo che siamo più nel Kansas. Adesso siamo in un qualche luogo molto, molto peggiore.
[1] Il Governatore repubblicano del Kansas.
[2] L’espansione di Medicaid altro non è se non una conseguenza di regole che hanno elevato le condizioni di reddito per la applicazione del programma federale sanitario sui più poveri, aumentandone così l’area di applicazione. Sono stati protetti anche i poveri un po’ meno poveri. Ma, seppure quelle nuove regole venivano quasi per intero coperte dai finanziamenti federali, molti Stati a guida repubblicana non hanno incredibilmente accettato quel contributo del Governo. In questo modo, gli Stati che l’hanno accettato hanno conosciuto una riduzione del numero dei non-assicurati assai maggiore di quella degli Stati repubblicani che l’hanno respinto.
[3] Le “borse sanitarie” sono in sostanza dei siti informatici nei quali i cittadini hanno avuto accesso alle informazioni sui loro diritti, hanno potuto valutare le offerte da parte delle assicurazioni private e comprendere i sussidi ai quali avrebbero avuto diritto. Quei siti sono dunque anche i veicoli delle iscrizioni ai nuovi programmi sanitari.
[4] Ovvero, la quota di assistenza sanitaria che viene pagata dai datori di lavoro, in genere nelle aziende più grandi e sindacalizzate e per i posti di lavoro meglio retribuiti. Poiché tale quota dipende dalle decisioni di quegli imprenditori, o dagli accordi sindacali in quelle aziende, la percentuale complessiva di questi casi non era nota in anticipo. Nei fatti è stata superiore del previsto, ovvero è stata superiore del previsto la percentuale di spesa sanitaria a carico direttamente dei datori di lavoro, la qual cosa ha bilanciato l’andamento più deludente delle cosiddette “assicurazioni individuali”.
giugno 16, 2017
JUN 11 1:47 PM
Paul Krugman
I’m as riveted by Trump/Russia as everyone else. But meanwhile Trumpcare — which really has very little to do with Trump, except that he’ll sign it — appears to be marching on despite the terrible CBO score on the House version and the near-certainty that if the Senate passes anything it will be barely if at all better.
This tells you a lot about the values of the modern GOP, which will happily trade off health care for ~20 million people for tax cuts that deliver almost half their benefits to people with incomes over $1 million — fewer than 800,000 tax units.
But aside from the priorities, think about the process. The AHCA was deliberately rushed through before CBO could weigh in; the Senate GOP is working completely in secret, with no hearings, and anything it passes will surely also try to preempt the CBO.
You might think that this in part reflects conservative analyses that reach a different conclusion. But there aren’t any such analyses. Remember, OMB works for Trump; it has offered nothing. Even the Heritage Foundation, which used to be the go-to source for conservative creative accounting, hasn’t produced some implausible account of how the magic of markets will make it all work.
This is new. You might say that just as the GOP has decided to shrug off conventional concerns about ethics, it has also decided to shrug off conventional concerns about whether policies actually, you know, work.
To be sure, Republicans gave up evidence-based policymaking a long time ago. Back when Paul Ryan was pretending to be a serious policy wonk, he always started from the answer, then invented some assumptions and magic asterisks to justify that answer. Heritage has been a hack operation for many years.
But they used to at least pretend; people like Ryan weren’t actual policy experts, but they played them on TV, and gullible centrists were happy to help them maintain that pretense. Now they’re not even bothering to fake it.
And it’s hard to say with any assurance that they’ll pay a political price. After all, Obamacare was in fact the product of hard thinking — and it did a tremendous amount of good in places like, say, West Virginia, where Medicaid expansion (mainly) cut the number of uninsured by half. And in reward for this achievement, the good people of WV went Trump by 40 points.
Maybe massive losses in the midterms will convince Republicans that thinking about policy consequences is a good idea. Or maybe there will be more Kansas-type situations where even Republicans are so horrified by policy disaster that they change course. But even if these things happen eventually, what we’re seeing now is horrifying.
Loro non hanno bisogno di alcuna informazione
Paul Krugman
Sono inchiodato come tutti sulla faccenda Trump/Russia. Ma nel frattempo la proposta di Trump per la sanità – che in realtà ha molto poco a che fare con Trump, a parte il fatto che sarà lui a firmarla – sembra stia procedendo nonostante il terribile giudizio dell’Ufficio Congressuale del Bilancio sulla versione della Camera dei Rappresentanti e la quasi certezza che, se il Senato approverà qualcosa, sarà nel migliore dei casi poco migliore.
Questo ci dice molto sui valori dell’attuale Partito Repubblicano, che scambierà allegramente l’assistenza sanitaria per circa 20 milioni di persone con sgravi fiscali che consegneranno quasi la metà dei loro sussidi a persone con redditi superiori a 1 milione di dollari – meno di 800.000 situazioni fiscali.
Ma, a parte le priorità, si pensi alla procedura. La Legge sulla Assistenza sanitaria Americana è stata intenzionalmente accelerata prima che il CBO potesse intervenire; il Partito Repubblicano al Senato sta lavorando nella più totale segretezza, senza audizioni, e se approverà qualcosa certamente cercherà anche di precedere il giudizio dell’Ufficio del Bilancio.
Potreste pensare che questo in parte rifletta le analisi dei conservatori, che pervengono a conclusioni diverse. Ma non c’è alcuna analisi. Si ricordi, l’Ufficio del Management e del Bilancio (OMB) lavora per Trump, e non ha presentato niente. Persino la Fondazione Heritage, che è solita essere il punto di riferimento per i calcoli creativi dei conservatori, non ha prodotto nessuna stima plausibile di come la magia dei mercati farà funzionare il tutto.
Questa è una novità. Si potrebbe dire che dal momento in cui il Partito Repubblicano ha deciso di scrollarsi di dosso le preoccupazioni convenzionali di natura morale, ha anche deciso di scrollarsi di dosso le preoccupazioni convenzionali sul fatto che le politiche, effettivamente, diciamo così, funzionino.
Per la verità, i repubblicani avevano smesso molto tempo fa di prendere decisioni politiche sulla base di prove. Quando nel passato Paul Ryan fingeva di essere un serio esperto di politica, egli partiva sempre dalle risposte, poi inventava qualche assunto e magici asterischi in fondo pagina che giustificassero quelle risposte. L’Heritage è stata per molti anni al servizio di operazioni truffaldine di quel genere.
Ma erano abituati almeno a far finta; persone come Ryan non sono mai stati effettivi esperti di politica, ma giocavano ad apparire tali sulle televisioni, e i centristi creduloni erano felici di aiutarli a sostenere quella pretesa. Ora non si stanno nemmeno preoccupando di far finta.
Ed è difficile dire con qualche certezza che pagheranno un prezzo politico. Dopo tutto, la riforma di Obama era davvero il prodotto di un pensiero profondo – ed ha fatto un gran bene in luoghi come, ad esempio, il West Virginia, dove l’espansione di Medicaid (principalmente) ha tagliato della metà il numero dei non assicurati. E per ricompensa di questo risultato, la brava gente del West Virginia è passata a Trump per 40 punti.
Forse perdite massicce nelle elezioni di medio termine convinceranno i repubblicani che riflettere sulle conseguenze di una politica è una buona idea. O forse ci saranno ancora situazioni del genere del Kansas, dove persino i repubblicani sono così sgomenti dal disastro delle loro politiche che cambiano indirizzo. Ma persino se alla fine accadranno cose del genere, ciò che adesso stiamo constatando è terrificante.
giugno 1, 2017
MAY 31, 2017 1:27
Paul Krugman
Trump’s tweet on German-US trade was, it goes without saying, deeply stupid and destructive. He obviously doesn’t get how the EU works – it’s a customs union, so there is no such thing as bilateral trade policy. He also thinks that bilateral trade balances are the test of fairness, which is all wrong. Somewhat annoyingly, there is a real issue lurking behind all of this: Germany’s excessive overall surplus, the consequence of inadequate spending and reflation in the aftermath of the euro crisis. But insulting a key ally on obviously fallacious grounds is no way to help with that issue.
But never mind all that. I found myself wondering about the causes of the underlying fact: Germany does indeed have a huge bilateral surplus with the US, exporting about 2.5 times as much to us as we sell in return. Why?
Somewhat surprisingly, there’s not a lot of economic literature on the causes of bilateral trade imbalances. Davis and Weinstein (DW) had a nice empirical examination, which concluded that the standard explanations didn’t explain much, that overall there was a lot more imbalance in the world than there “should” be. Still, I think it’s interesting (although maybe not important) to ask what we can say about the reasons for this particular imbalance.
As DW say, one theory of imbalances is macroeconomic: countries that save more than they invest will run surpluses, countries that invest more than they save will run deficits, so when a big saver trades with a big spender, big imbalances are to be expected. And that’s certainly part of the story.
But not all. Overall, Germany exports about 25 percent more than it imports, America imports about 50 percent more than it exports. The bilateral imbalance is a lot bigger than either of these.
The other story DW tell is about “triangular trade.” Here’s my version: think of a world containing three countries, Spendthriftia, Austeria, and Petrostan. The first two mainly sell manufactured goods, which are differentiated products so there’s a lot of two-way trade. The third sells raw materials, which it trades for manufactures. However, Spendthriftia also produces a lot of raw materials, e.g. by fracking, which makes it relatively less reliant on imports.
What we would expect to see here, even if each country’s overall trade was balanced, would be a pattern of bilateral imbalances: Austeria running a deficit with Petrostan, Spendthriftia a surplus with Petrostan, but Austeria running a surplus with Spendthriftia. Now think of this effect overlaid on the macroeconomic imbalances, and you get something that looks more like the actual US-German bilateral story.
But wait, there’s more. I suspect that part of the US-Germany bilateral imbalance is an optical illusion, brought on by transshipment. If you look a bit more at US trade data, you find that we do an awful lot of trade with the Netherlands, and we run a huge surplus in that trade. A big surplus with Belgium, too. Surely this represents US exports unloaded at Rotterdam or Antwerp and then shipped on to other EU destinations, including Germany. I’m not sure why German exports to the US don’t go the same route; insights from people who know are welcome.
[A correspondent notes two factors: a technical issue involving the timing of VAT collection, and the advantage of shipping some US containers to a single European destination, typically Rotterdam, then breaking up for different Euro locations; a corresponding shipment to the US wouldn’t raise the same statistical issues.]
Again, the policy relevance is basically nil. But it might be a good idea to have more research on bilateral trade imbalances, if only to make dissing Trump tweets even easier.
Sugli squilibri tra Stati Uniti e Germania,
di Paul Krugman
Il tweet di Trump sul commercio tra Germania e Stati Uniti, non è il caso di dirlo, è stato profondamente stupido e dannoso. Naturalmente lui non capisce come funziona l’eurozona – è un’unione doganale, dunque non ci sono cose come la politica bilaterale del commercio. Lui pensa anche che gli equilibri commerciali bilaterali siano una questione di giustizia, il che è completamente fuori luogo. In modo alquanto irritante, dietro tutto questo si annida un tema reale: l’eccessivo surplus complessivo della Germania, conseguenza di una spesa inadeguata e della reflazione all’indomani della crisi dell’euro. Ma insultare un alleato fondamentale su basi evidentemente infondate non è un modo per contribuire a sviluppare tale tema.
Ma tutto questo non è importante. Mi sono ritrovato a riflettere sulle cause del fatto che sta dietro tale situazione: la Germania ha in effetti un ampio surplus bilaterale con gli Stati Uniti, esportando da noi circa due volte e mezzo quello che noi vendiamo in cambio. Perché?
In modo piuttosto sorprendente, non c’è molta letteratura economica sulle cause degli squilibri commerciali bilaterali. Davis e Weinstein (DW) hanno sviluppato una bella analisi empirica, che è giunta alla conclusione che le spiegazioni normali non hanno chiarito granché e che nel complesso c’è stato molto più squilibrio nel mondo di quello che ‘avrebbe dovuto’ esserci. Eppure, penso sia interessante (sebbene forse non importante) chiederci le ragioni di questo particolare squilibrio.
Come dicono DW, una teoria degli squilibri è macroeconomica: i paesi che risparmiano di più di quello che investono gestiranno surplus, i paesi che investono di più di quello che risparmiano gestiranno deficit, dunque quando un grande risparmiatore commercia con un grande spenditore, ci si devono aspettare grandi squilibri. E questa è certamente buona parte della storia.
Ma non tutta la storia. Nel complesso, la Germania esporta circa il 25 per cento di più di quello che importa, l’America importa circa il 50 per cento di più di quello che esporta. Lo squilibrio bilaterale è molto più grande di entrambe queste cose.
L’altra storia che DW ci raccontano riguarda il “commercio triangolare”. Si pensi ad un mondo con tre paesi, uno lo chiameremo Spendilrisparmio, l’altro Tiralacorda, il terzo Regimedelpetrolio. I primi due principalmente vendono prodotti manifatturieri, che sono prodotti differenziati in modo tale che ci sia molto commercio in entrambe le direzioni. Tuttavia, Spendilrisparmio produce anche una grande quantità di materie prime, ad esempio prodotti energetici attraverso la fratturazione degli scisti, il che lo rende relativamente meno dipendente dalle importazioni.
Quello che in questo caso ci aspetteremmo di vedere, anche se il commercio complessivo di ogni paese fosse equilibrato, sarebbe uno schema di squilibri bilaterali: Tiralacorda gestirebbe un deficit con Regimedelpetrolio, Spendilrisparmio gestirebbe un surplus con Regimedelpetrolio, ma Tiralacorda gestirebbe un surplus con Spendilrisparmio. Ora si pensi di sovrapporre questo effetto agli squilibri macroeconomici, e si otterrà qualcosa che assomiglia maggiormente al racconto attuale del rapporto bilaterale tra Stati Uniti e Germania.
Ma aspettate, c’è di più. Io sospetto che una parte dello squilibrio bilaterale tra Stati Uniti e Germania sia una illusione ottica, provocata dal trasbordo. Se osserviamo un po’ meglio i dati commerciali degli Stati Uniti, si scopre che noi abbiamo una impressionante quantità di commercio con l’Olanda, e che in quel commercio realizziamo un grande surplus. Un grande surplus l’abbiamo anche con il Belgio. Certamente questo rappresenta esportazioni statunitensi scaricate a Rotterdam o a Antwerp, e poi spedite vie nave ad altre destinazioni dell’Unione Europea, inclusa la Germania. Non sono sicuro della ragione per la quale le esportazioni tedesche non seguano la stessa rotta; sarebbero benvenute le intuizioni da parte di coloro che lo sanno.
[Un corrispondente osserva due fattori: un aspetto tecnico che riguarda la tempistica della raccolta dell’IVA, e il vantaggio dello spedire via nave alcuni container statunitensi verso un’unica destinazione europea, tipicamente Rotterdam, per poi suddividerle in diverse localizzazioni euro; un corrispondente invio via nave verso gli Stati Uniti non raccoglierebbe la stessa distribuzione statistica].
Lo ripeto, la rilevanza politica è fondamentalmente nulla. Ma potrebbe essere una buona idea avere più ricerche sugli squilibri bilaterali del commercio, se non altro per rendere il parlar male dei tweet di Trump persino più facile.
maggio 28, 2017
MAY 27 10:52 AM
Paul Krugman
As many people have pointed out, Trump picked the worst possible example when he decided to describe Germany as “bad, very bad”. Yes, they sell a lot of cars in America; but (a) many of those cars are produced here and (b) Germany has a reputation for producing good cars. Why shouldn’t a country export goods in which it has a comparative advantage?
So this was the stupidest possible critique, and plays right into German self-righteousness. Yet Germany’s huge trade surpluses are a problem — which has nothing to do with trade policy. It’s the macroeconomics, stupid.
The basic story is illustrated by the following chart, of unit labor costs since the creation of the euro:
OECD
Here’s what happened: during the era of europhoria, when capital rushed into supposedly safe southern European economies, those economies experienced moderate inflation, allowing Germany to gain a big competitive advantage without actually having to deflate. Then confidence and capital flows collapsed, and what was needed was strong German reflation that would in effect return the favor — let southern Europe regain competitiveness without grinding deflation and the debt problems that go along with such a strategy.
But Germany hasn’t. It has practiced its own austerity, unforced — in the face of negative interest rates! — and harassed the ECB as it attempts to boost overall EZ inflation. The result is that the competitive gap that opened up after 1999 has barely closed, producing both huge German surpluses and a deadly drag on the rest of the euro area.
This has only minor spillovers to the United States — maybe Germany’s unhelpful role has contributed a bit to our trade deficit, but this is basically an intra-Europe issue. And it’s hard to think of a less helpful way for America to weigh in than what just happened.
27 maggio 2017
Il vero peccato della Germania,
di Paul Krugman
Come in molti hanno messo in evidenza, Trump ha scelto il peggiore esempio possibile quando ha deciso di definire la Germania come “cattiva, molto cattiva”. È vero, vende una gran quantità di automobili in America, ma (a) molte di quelle automobile sono prodotte qua e (b) la Germania ha la reputazione di produrre buone automobili. Perché un paese non dovrebbe esportare prodotti nei quali ha un vantaggio comparativo?
Dunque è stata la critica più stupida possibile, e gioca esattamente a favore della boria tedesca. Tuttavia, gli ampi surplus della Germania sono un problema – che non ha niente a che fare con la politica del commercio. È la macroeconomia, stupidi [1].
La storia fondamentale è illustrata dal seguente diagramma sui costi per unità lavorativa dal momento della creazione dell’euro:
OCSE
Ecco quello che accadde: durante il periodo dell’euforia per l’euro, quando i capitali accorrevano nelle presunte economie sicure dell’Europa meridionale, quelle economie conoscevano una moderata inflazione, consentendo alla Germania di guadagnare un grande vantaggio competitivo senza aver bisogno in verità di deflazionare. Poi la fiducia e i flussi dei capitali collassarono, e quello che divenne necessario sarebbe stato una forte reflazione tedesca che in effetti avrebbe ricambiato il favore – consentendo all’Europa meridionale di riguadagnare competitività senza una pesante deflazione e senza i problemi del debito che procedono con una strategia del genere.
Ma la Germania non ricambiò il favore. Essa mise in pratica una sua propria volontaria austerità – a fronte di tassi di interesse negativi! – e attaccò la BCE quando cercò di incoraggiare l’inflazione complessiva dell’eurozona. Il risultato è che il divario competitivo che si aprì dopo il 1999 è stato scarsamente richiuso, producendo sia ampi surplus tedeschi che un fatale trascinamento sulla restante area euro.
Questo ha ripercussioni solo secondarie sugli Stati Uniti – forse il ruolo non collaborativo della Germania ha contribuito un po’ al nostro deficit commerciale, ma fondamentalmente è una questione all’interno dell’Europa. Ed è difficile pensare ad un modo più inutile per l’America di intervenire rispetto a quello che si è appena manifestato.
[1] La frase (“È l’economia, stupido”) divenne negli USA famosa dopo essere stata usata una prima volta da Bill Clinton nel corso di un dibattito pubblico.
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